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carloalberto
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domenica 31 ottobre 2021
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una interpretazione psicoanalitica
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McDonagh fa un cinema concettuale, alla Bergman, prende in prestito per il plot gli stilemi filmici di Tarantino e per i dialoghi l’umorismo nero dei Cohen. Il risultato è un film stratificato, che si offre ad una duplice fruizione, introspettiva o estetica, per un pubblico superficiale e non.
Di primo acchito una divertente black comedy, genere scelto stilisticamente per una sceneggiatura che aspira ad essere una riflessione sul dolore della perdita, sul senso di colpa e sulla morte del SuperIo, intesa come estrema possibilità di riscatto dell’individuo.
Le storie dei tre protagonisti, interpretati da Farrell, Gleeson, Fiennes, si svolgono su un duplice piano; uno narrativo, superficiale, intervallato da siparietti comici ed articolato per dialoghi surreali tra i due improbabili killer, inviati a Bruges per compiere un omicidio, l’altro, sotterraneo, inconscio, espresso per metafore, allusioni, rimandi interni ed esterni, incastri ed associazioni di immagini.
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McDonagh fa un cinema concettuale, alla Bergman, prende in prestito per il plot gli stilemi filmici di Tarantino e per i dialoghi l’umorismo nero dei Cohen. Il risultato è un film stratificato, che si offre ad una duplice fruizione, introspettiva o estetica, per un pubblico superficiale e non.
Di primo acchito una divertente black comedy, genere scelto stilisticamente per una sceneggiatura che aspira ad essere una riflessione sul dolore della perdita, sul senso di colpa e sulla morte del SuperIo, intesa come estrema possibilità di riscatto dell’individuo.
Le storie dei tre protagonisti, interpretati da Farrell, Gleeson, Fiennes, si svolgono su un duplice piano; uno narrativo, superficiale, intervallato da siparietti comici ed articolato per dialoghi surreali tra i due improbabili killer, inviati a Bruges per compiere un omicidio, l’altro, sotterraneo, inconscio, espresso per metafore, allusioni, rimandi interni ed esterni, incastri ed associazioni di immagini.
Bruges, architettonicamente ideale ambientazione per una favola allegorica, da locandina turistica si trasforma in tetro scenario gotico per la lotta tra eros e thanatos. Elementi ancestrali si scontrano in un dramma interiore che coinvolge in modo parallelo entrambe i sicari fino a renderli aspetti di una sola persona, l’Io e l’Es, che, rispettivamente, attraverso la fruizione dell’arte, quale sublimazione della libido, o, più direttamente, mediante la tensione alla soddisfazione erotica, fuggono ai fantasmi del passato, la moglie assassinata di Gleeson, il bambino ucciso per errore da Farrell, mentre genuflesso in sagrestia si pente dei suoi peccati infantili scritti su un foglietto: essere capriccioso, non essere bravo in matematica, essere triste.
In una piazza di Bruges si gira un film. Nelle parole di una addetta al set, oggetto del desiderio di Farrell ed al contempo simbolo incarnato della sua parte femminile, l’Anima, che si dimostra da subito speculare al suo Animus, è contenuta per inciso la dichiarazione di intenti dell’autore di voler fare un film che tratti del dolore causato dalla perdita. Quel film è un pastiche, un omaggio o meglio una citazione di A Venezia... un dicembre rosso shocking di Roeg, incentrato sulla sofferenza psicologica di una madre che ha perso il figlio.
Nella visita al Groeningemuseum, i quadri fiamminghi, inquadrati in un ordine non casuale, La morte e l’avaro di Jan Provoost, Il Giudizio di Cambise di Gerard David ed Il Giudizio universale di Bosch,indicano il percorso spirituale dei due, dapprima condotti dall’avidità a dare la morte per denaro, poi a soffrire il senso di colpa, paragonato alla scarnificazione del condannato a morte per scuoiamento, infine, l’esito escatologico nella resa dei conti finale dell’anima al cospetto dell’Assoluto.
La crescita verso la consapevolezza è interrotta dal SuperIo, Fiennes, che condanna a morte entrambi per aver violato, l’uno il precetto del buon killer, non fare vittime collaterali, e l’altro per non aver ubbidito al comando, sacrificando, come novello Abramo l’ignaro Isacco.
In una delle sequenze finali, rinvio suggestivo a La donna che visse due volte di Hitchcock, la duplice ascesa alla vetta del campanile, rappresenta le due fasi successive dell’individuazione junghiana dell’Io, il confronto dialettico col SuperIo, con il riconoscimento della sua funzione ed il contestuale distacco, e la catarsi, mediante sacrificio, che liberando le potenzialità represse dell’Es, giunge alla consapevolezza del Sé. Farrell, dopo aver rivissuto, nella parte della vittima, la scena traumatica della violenza che ha originato il senso di colpa che lo affligge, rinuncia agli impulsi suicidi immaginando per sè una nuova vita guidata dalla sua Anima.
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guglielmo cioni
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lunedì 3 settembre 2012
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nè così nè cosà
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Molto difficile da giudicare, questo film insolito, ma anche un po' ovvio. La storia ti prende e ti molla, ti intriga e ti annoia. La normalità del crimine e dell'omicidio si cala perfettamente nell'assurdità del quotidiano, proprio come in molti film di Tarantino o in Fargo dei fratelli Cohen. Gli attori sono tutti molto bravi e intensi, fra l'altro la maggior parte vengono dal cast di Harry Potter, chissà perchè. Forse il meno credibile è proprio Colin Farrel in questa interpretazione da killer scapigliato e piagnucoloso, che infrange un tabù, involontariamente d'altronde, e uccide un bambino per sbaglio, durante un "lavoro".
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Molto difficile da giudicare, questo film insolito, ma anche un po' ovvio. La storia ti prende e ti molla, ti intriga e ti annoia. La normalità del crimine e dell'omicidio si cala perfettamente nell'assurdità del quotidiano, proprio come in molti film di Tarantino o in Fargo dei fratelli Cohen. Gli attori sono tutti molto bravi e intensi, fra l'altro la maggior parte vengono dal cast di Harry Potter, chissà perchè. Forse il meno credibile è proprio Colin Farrel in questa interpretazione da killer scapigliato e piagnucoloso, che infrange un tabù, involontariamente d'altronde, e uccide un bambino per sbaglio, durante un "lavoro".
Forse è proprio questo pretesto un po' forzato, che indebolisce la trama fin nei suoi presupposti, e ci lascia a sonnecchiare fra le braccia di una storia che vorrebbe colpirci con forza, ma poi sembra non abbia proprio il coraggio di decollare. Come se l'autore temesse di trasgredire, di eccedere nel pulp o di turbare lo spettatore.
Occorreva piu coraggio a questo film, che alla fine sembra essere uno spot dell'ente turismo di Bruges. Bella città per carità, ma in fondo, proprio come il film, è una bomboniera ben infiocchettata, che non è Venezia e non è Calcutta. Comunque va bene cosi'. Mangiamoci pure i confetti e mettiamo la bomboniera su qualche libreria a prendere polvere... e vediamoci pure questo film, ma non chiedeteci di rivederlo, perchè non ce n'è proprio bisogno.
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angela cinicolo
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sabato 17 maggio 2008
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in bruges
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Ingannare ingenuamente il suo pubblico non è stato facile per Martin McDonagh: la cittadina belga del titolo è una delle più incantevoli e affabulanti d'Europa ed era quindi lecito, se non addirittura naturale, aspettarsi di vedere ambientato in un luogo tanto innocuo una piacevole commedia che rivisitasse i ricordi di una vacanza, magari di giovani teenager. Non è una commedia da tè e pasticcini del primo pomeriggio questa che ha scritto e diretto il notorio marpione dei teatri anglofoni. Le vecchiette dovrebbero essere avvisate che perfino a Bruges si può essere spettatori di terribili crimini e orrendi misfatti. Certo veniamo immersi in uno spettacolo della natura, una terra che a poca distanza dalla sede del Parlamento europeo sembra essere stata baciata da un turismo apparentemente onesto e sostenibile, lontano dalle macchinazioni politiche di statisti multinazionali.
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Ingannare ingenuamente il suo pubblico non è stato facile per Martin McDonagh: la cittadina belga del titolo è una delle più incantevoli e affabulanti d'Europa ed era quindi lecito, se non addirittura naturale, aspettarsi di vedere ambientato in un luogo tanto innocuo una piacevole commedia che rivisitasse i ricordi di una vacanza, magari di giovani teenager. Non è una commedia da tè e pasticcini del primo pomeriggio questa che ha scritto e diretto il notorio marpione dei teatri anglofoni. Le vecchiette dovrebbero essere avvisate che perfino a Bruges si può essere spettatori di terribili crimini e orrendi misfatti. Certo veniamo immersi in uno spettacolo della natura, una terra che a poca distanza dalla sede del Parlamento europeo sembra essere stata baciata da un turismo apparentemente onesto e sostenibile, lontano dalle macchinazioni politiche di statisti multinazionali. Veniamo catturati da una quiete desueta che ci rilassa tra i canali e le piazzette del Belgio, ma non occorre essere delle volpi per intuire che qualcosa si nasconde dietro l'angolo di una torre alta più di 80 metri. Dopo il fallimento dell'ultima missione a Londra, i due killer di professione, Ken (l'eccellente Brendan Gleeson) e Ray (Colin Farrell), vengono costretti dal loro boss a trascorrere alcuni giorni in una città che se il primo freme di conoscere e visitare, l'altro disprezza e trova maledettamente noiosa. Ken è il grillo parlante che copre le spalle al più piccolo: ha più esperienza, più sensibilità, più maturità e anche più mestizia nello sguardo. Ray è il lucignolo che ha commesso un errore che non da tregua alla sua coscienza, è leggero, è ostinato, è irlandese, è un accumulatore di clichè. Le due simpatiche canaglie imparano a convivere nell'allegra ma non troppo provincia, quando qualcosa turba le loro vite: Harry (Ralph-Voldemort-Fiennes), il capo, ordina al saggio Ken di uccidere Ray perché ha violato le regole. La struttura narrativa diventa imprevedibile su un finale degno di Dovstoeskij o, per restare in terre cinematografiche, dell'ultimo (cupo) Woody Allen. Il gangster movie vira però immediatamente alla commedia irriverente alla Coen e la commistione di generi risulta ingorda e perfino debordante. Se da un lato i dialoghi sono esilaranti e decantano le doti dello sceneggiatore inventivo e intelligente che aveva vinto l'Oscar per il miglior corto live-action nel 2006 (con Six Shooter), dall'altro la suspense dell'azione viene continuamente stroncata sul nascere da questo vezzo di sdrammatizzazione. L'operazione di svestizione della iperviolenza, qui normalizzata da un rigoroso codice etico, con i freni dell'umorismo ammiccherebbe ai fan tarantinati, ma il suo nonsense sembra un escamotage che, anziché unire i plausi di spettatori differenti, li divide tra perplessità e disapprovazione che si fa fatica a reprimere, specie per la velina della love story romantica e lo sberleffo del nanetto che sembra uscito dal favoloso mondo di Amélie. Sorprendente la performance di Colin Farrell, l'unico che sembra equilibrare perversamente lo sviluppo di una storia drammatica quanto grottesca. Angela Cinicolo, da ZaBrisKIe pOInt
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antonello villani
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domenica 18 maggio 2008
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spot per guide turistiche in scenari da favola
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Due killer dal cuore tenero trovano rifugio a Bruges dopo l’omicidio di un prete. Il regista Martin McDonagh resta sospeso tra dramma e commedia propinandoci la storia del ragazzotto irlandese soffocato dai sensi di colpa e del suo socio in affari attratto dall’arte medievale. La citta’ belga presentata in tutte le salse, quasi a ricordare che il film è uscito per far conoscere al mondo l’esistenza di un borgo proclamato patrimonio dell’umanità. Così ci ha pensato la Comunità Europea a finanziare un progetto senza capo né coda, in odore di spot con tutti quei monumenti spiegati come una perfetta guida turistica. Dialoghi non sense tra killer che non farebbero male ad una mosca, l’epilogo tragico tra vicoli e canali addobbati per Natale in uno scenario da fiaba, ma soprattutto la coscienza di due assassini che lottano per lasciarsi il passato alle spalle.
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Due killer dal cuore tenero trovano rifugio a Bruges dopo l’omicidio di un prete. Il regista Martin McDonagh resta sospeso tra dramma e commedia propinandoci la storia del ragazzotto irlandese soffocato dai sensi di colpa e del suo socio in affari attratto dall’arte medievale. La citta’ belga presentata in tutte le salse, quasi a ricordare che il film è uscito per far conoscere al mondo l’esistenza di un borgo proclamato patrimonio dell’umanità. Così ci ha pensato la Comunità Europea a finanziare un progetto senza capo né coda, in odore di spot con tutti quei monumenti spiegati come una perfetta guida turistica. Dialoghi non sense tra killer che non farebbero male ad una mosca, l’epilogo tragico tra vicoli e canali addobbati per Natale in uno scenario da fiaba, ma soprattutto la coscienza di due assassini che lottano per lasciarsi il passato alle spalle. Collin Farrel e Brendan Gleeson sono turisti per forza, mentre Ralph Fiennes arriva dall’Inghilterra per regolare i conti con i suoi scagnozzi. Sceneggiatura colabrodo per questa storia intrisa di colpa e redenzione, il bambino è morto per sbaglio ma la coscienza reclama il suo tributo. Gli attori sono un optional, eppure le bellezze di una cittadina medievale fanno chiudere un occhio sulla trama sconclusionata. Un film senza baricentro che ha il merito di suscitare curiosita’ artistica negli spettatori. Con buona pace dei tour operator.
Antonello Villani
(Salerno)
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antonello villani
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mercoledì 18 giugno 2008
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guida turistica per una citta' dimenticata
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Due killer dal cuore tenero trovano rifugio a Bruges dopo l’omicidio di un prete. Il regista Martin McDonagh resta sospeso tra dramma e commedia propinandoci la storia del ragazzotto irlandese soffocato dai sensi di colpa e del suo socio in affari attratto dall’arte medievale. La citta’ belga presentata in tutte le salse, quasi a ricordare che il film è uscito per far conoscere al mondo l’esistenza di un borgo proclamato patrimonio dell’umanità. Così ci ha pensato la Comunità Europea a finanziare un progetto senza capo né coda, in odore di spot con tutti quei monumenti spiegati come una perfetta guida turistica. Dialoghi non sense tra killer che non farebbero male ad una mosca, l’epilogo tragico tra vicoli e canali addobbati per Natale in uno scenario da fiaba, ma soprattutto la coscienza di due assassini che lottano per lasciarsi il passato alle spalle.
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Due killer dal cuore tenero trovano rifugio a Bruges dopo l’omicidio di un prete. Il regista Martin McDonagh resta sospeso tra dramma e commedia propinandoci la storia del ragazzotto irlandese soffocato dai sensi di colpa e del suo socio in affari attratto dall’arte medievale. La citta’ belga presentata in tutte le salse, quasi a ricordare che il film è uscito per far conoscere al mondo l’esistenza di un borgo proclamato patrimonio dell’umanità. Così ci ha pensato la Comunità Europea a finanziare un progetto senza capo né coda, in odore di spot con tutti quei monumenti spiegati come una perfetta guida turistica. Dialoghi non sense tra killer che non farebbero male ad una mosca, l’epilogo tragico tra vicoli e canali addobbati per Natale in uno scenario da fiaba, ma soprattutto la coscienza di due assassini che lottano per lasciarsi il passato alle spalle. Collin Farrel e Brendan Gleeson sono turisti per forza, mentre Ralph Fiennes arriva dall’Inghilterra per regolare i conti con i suoi scagnozzi. Sceneggiatura colabrodo per questa storia intrisa di colpa e redenzione, il bambino è morto per sbaglio ma la coscienza reclama il suo tributo. Gli attori sono un optional, eppure le bellezze di una cittadina medievale fanno chiudere un occhio sulla trama sconclusionata. Un film senza baricentro che ha il merito di suscitare curiosita’ artistica negli spettatori. Con buona pace dei tour operator.
Antonello Villani
(Salerno)
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[+] impossibile dimenticare bruges
(di mrs hide)
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