Hairspray - Grasso è bello

Come il titolo originale recita, Hairspray è un inno all’emancipazione dei brutti, ma specialmente grassi, e dei diversi, non a caso ambientato nell’America degli anni ’60, durante i quali lo schermo televisivo offriva l’opportunità a giovani e aspiranti promesse di salire alla ribalta, e i media davano la possibilità di diffondere movimenti culturali rimasti fino a quel momento relegati. Tracy è una ragazza di Baltimora, grassoccia, innamorata della musica, del canto e del ballo. Tra i giovani della città è in voga il Corny Collins Show. Tracy ha un solo desiderio: diventare una delle ballerine del programma, farsi notare dal ballerino Link Larkin e soprattutto far si che anche i ragazzi di colore possano partecipare insieme ai coetanei bianchi al programma. Insomma, un inno alla solidarietà, al rispetto e alla comprensione; eppure, la pecca del film risiede nel non essere abbastanza “diverso”. Rispetto alla pellicola originale del 1988, firmata da John Waters, Hairspray mostra infatti una differenza sostanziale: John Travolta non può essere paragonato alla mitica Divine, travestito icona degli anni 80 a cui venne affidato il ruolo della mamma di Tracy. Travolta deve sembrare una donna di 135 kg, dunque deve mascherare se stesso, deve camuffarsi, mentre Divine, nel film di Waters, non occultava, anzi esibiva ed era come sempre eccessivo, provocando così un fondamentale effetto di straniamento. Uno spirito dunque ben lontano da quello oltraggioso del mitico John Waters, ma anche conseguenza naturale di un film nato per far ballare e cantare. Il messaggio del film in buona sostanza ruota intorno al fatto che chi è grasso non è adatto alla tv, chi è nero lo è, ma a patto di non invadere la sfera di potere dei bianchi. Il tema razziale, insieme a quello della diversità, è trattato però in modo molto leggero e senza grande incisività, con una dialettica dei buoni sentimenti tutta all’insegna del tradizionale politically correct americano. Un segno di coraggio ma anche di passività, perché siamo ancora una volta di fronte al “già visto”, come se Hollywood avesse perso il gusto della novità. Una trama dunque decisamente lineare, ma essendo Hairspray un musical vanta fortunatamente un impianto coreografico, dai balli al Corny Collins Show a quelli tra le vie dei sobborghi della Baltimora anni Sessanta, che insieme alle musiche e ai testi delle canzoni colpisce lo spettatore. In più di un'occasione ci si ritrova a battere il tempo con i piedi, in un mix che va dal rock’n’roll puro al soul, passando per lo swing e il pop.