Viviamo in un mondo spesso sciatto e ancor più spesso pensoso solo e soltanto di una ordinaria quotidianità, colma di vuote occupazioni, labili pensieri e superficiali socialità. Proof, al contrario, vuole risvegliare emozioni che non riescono più a farsi largo in noi: genio e follia, forse non sempre presenti in tutti noi, allora, altro non sono che il pretesto per iniziare a riavvolgere il filo sottile delle inconfessate aspirazioni, delle cocenti delusioni, delle più tormentate paure. E così, lo stupore di fronte ad una sensazionale scoperta di un argomento matematico, sveste gli abiti febbrili e forse ridicoli di Russell Crowe per assumere quelli enigmatici e -solo per l'occasione- blaseè di Gwyneth Paltrow, in un ideale passaggio di testimone artistico. Potremmo soffermarci su talune scelte del regista John Madden, di cui conosciamo l'indubbio talento, che fanno rassomigliare riprese ambienti a più fascinose quinte di palcoscenico, ovvero spenderci per la brillantezza dell'interpretazione di Antony Hopkins, seppur a tratti misurata, ma la vera "prova" che ci offre questo film è senza dubbio il raggiungimento della sospirata maturità artistica di Gwyneth Paltrow, che ormai non smette di sorprenderci. Abbiamo seguito con attenzione le alterne vicende delle sue performance fra testi non sempre all'altezza delle sue istintive capacità di misurare i personaggi con la sua meditata fisicità, ed oggi ci sorprende ancora con una superba prova di equilibrio e di eleganza. Ci siamo commossi dinanzi a Catherine ed alle sue tante scoperte: la follia del padre ed il proprio genio (quando le premesse erano inverse) il tentennante incontro con l'amore ed il suo fatale tradimento, la paura di sondare gli angoli bui della sua mente per non ritrovarsi toppo simile al padre ed, infine, la voglia di provarsi, di accettare la sfida con se stessa, con l'amore, la matematica, quasi come la sua algida bellezza che si scioglie e diviene sexy nella trasandatezza domestica.
Un film certamente non facile, per la durezza dei topoi, per la scelta di linguaggi scenici forse non accessibili a tutti, ma la cui visione desidero consigliare a molti:a coloro che credono che le circostanze della vita hanno più spesso sottratto che offerto, a coloro che credono che la follia sia solo quella che si ricorda nei manicomi, a coloro che ancora sanno commuoversi di fronte al sacrificio dell'uomo per i suoi cari e anche a coloro (che non credo pochi) che in fondo si sentono un po' geni incompresi
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