giulia70
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giovedì 24 marzo 2016
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la perfezione
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La prima volta che ho visto questo film,dopo che anni prima avevo letto il romanzo,ne rimasi estasiata,definendolo bellissimo,ero ancora giovanissima,oggi a distanza di anni e di centinaia e centinaia di film visti,posso dire che l'unico aggettivo giusto è "la perfezione" ad oggi,secondo me, nessun altro film ha raggiunto questo livello di sceneggiatura,regia e interpretazione
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moviesaddicted
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sabato 21 settembre 2013
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il pericoloso talento di close e malkovich
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Non vedevo l'ora di dire due parole su questo bellissimo film. Tutto è curato molto bene dalle musiche ai costumi e i dialoghi ottimamente redatti. Ma lasciatemi dire che, non so se sia merito del produttore o del regista, ma la Close e Malkovich sono talmente esatti nei ruoli e talmente bravi che dopo il film non riesci ad immaginarli mentre fanno la spesa o imbottigliati nel traffico. Ti strappa un'emozione questo film perchè, per quanto romanzato, i protagonisti vibrano talmente che non può lasciare indifferenti. Menzione speciale per Malkovich che in questo ruolo, ma abbonderei includendo anche "ritratto di signora", alla faccia dei belloni che non ballano, è di un fascino magnetico.
Ottimo film davvero.
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Non vedevo l'ora di dire due parole su questo bellissimo film. Tutto è curato molto bene dalle musiche ai costumi e i dialoghi ottimamente redatti. Ma lasciatemi dire che, non so se sia merito del produttore o del regista, ma la Close e Malkovich sono talmente esatti nei ruoli e talmente bravi che dopo il film non riesci ad immaginarli mentre fanno la spesa o imbottigliati nel traffico. Ti strappa un'emozione questo film perchè, per quanto romanzato, i protagonisti vibrano talmente che non può lasciare indifferenti. Menzione speciale per Malkovich che in questo ruolo, ma abbonderei includendo anche "ritratto di signora", alla faccia dei belloni che non ballano, è di un fascino magnetico.
Ottimo film davvero.
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mousseline
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lunedì 7 gennaio 2013
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capolavoro !
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Film assolutamente stupendo, coinvolgente, ben recitato e ben diretto.
Il libro da cui è tratto è un capolavoro di inconsueta bellezza; il film, contrariamente a quanto accade nella maggior parte delle trasposizioni cinematografiche di grandi libri, è decisamente all'altezza del testo.
Malkovich e Close: perfetti.
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davo93
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martedì 4 ottobre 2011
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tematica moderna per un film "settecentesco"
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Vincere o morire. La filosofia di Madame de Merteuil e del Visconte di Valmont non lascia spazio a indecisioni, non lascia spazio a pietà. Vendetta e passione, gli istinti che dominano. Spietati e cinici, il nobile e la ricca vedova si lanciano in un appassionante gioco di manipolazione che vede come vittime due ragazzini ingenui e innocenti. Il Visconte però non si accontenta di circuire la giovane Cecile, interpretata da un ottima seppur acerba e giovane Uma Thurman, ma punta a un traguardo più ambizioso, riuscire a raggirare Madame de Tourvel, che lo colpisce con il suo candore e la sua bellezza.
Il gioco di passione è spesso un’arma a doppio taglio che può ferire chiunque e in qualunque modo.
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Vincere o morire. La filosofia di Madame de Merteuil e del Visconte di Valmont non lascia spazio a indecisioni, non lascia spazio a pietà. Vendetta e passione, gli istinti che dominano. Spietati e cinici, il nobile e la ricca vedova si lanciano in un appassionante gioco di manipolazione che vede come vittime due ragazzini ingenui e innocenti. Il Visconte però non si accontenta di circuire la giovane Cecile, interpretata da un ottima seppur acerba e giovane Uma Thurman, ma punta a un traguardo più ambizioso, riuscire a raggirare Madame de Tourvel, che lo colpisce con il suo candore e la sua bellezza.
Il gioco di passione è spesso un’arma a doppio taglio che può ferire chiunque e in qualunque modo.
La voglia di vendetta e la perfetta conoscenza dell’animo umano di Madame de Merteuil rende il tutto ancor più complicato e “squisitamente” diabolico. I due scommettitori si renderanno conto però, al termine del film, di essersi innamorati dei loro stessi burattini lasciando spazio a un finale tragico e passionale.
L’interpretazione poco settecentesca di John Malkovich getta nell’impasto di un film quasi perfetto anche l’idea di una sensualità moderna. La battaglia dai sessi, dominata da potere e denaro, da puro piacere e cinica crudeltà, tema sempre in auge, rende il tutto molto più attuale.
Di grandissimo rilievo la scena della morte di Valmont, ma ancor più denso e teso è l’ultimo primo piano di Glenn Close in cui Stephen Frears con tocco magistrale mette tutta la disperazione di una donna che pur avendo vinto un gioco, una guerra fatta di vendette e raggiri, ha perso l’amore, anzi ha perso tutto e un’unica lacrima è il segno della rottura di quel mantello che con estrema cura aveva tessuto tutt’intorno.
A rendere la pellicola ancor più sublime è la ricostruzione della Francia del XVIII secolo, in cui costumi e scenografie esplicano e rendono al meglio lo sfarzo decadente della nobiltà francesce poco prima della rivoluzione.
L’interpretazione degli attori è magistrale e altissima caratura, a partire dalla crudele e machiavellica Madame de Merteuil, che Glenn Close interpreta con tutta se stessa, dando al personaggio spessore e raffinata crudeltà, per finire con uno strepitoso John Malkovich che riesce con le sue singolari espressioni a rendere quasi tangibile l’amore che pian piano, “trascendendo ogni suo controllo” si innalza tra il suo personaggio e quello di Michelle Pfeiffer.
Un film che va ben oltre il semplice erotismo, ben oltre la classica seduzione, un film che, privo di parti morte, non annoia mai e riesce con esemplare virtuosismo psicologico a tracciare profili da thriller. La cellulosa ha anche il merito di cominciare a dare risalto internazionale a un giovanissimo Keanu Reeves e un’altrettanto giovane Uma Thurman che si trovano affiancati a senatori della “pizza” come Malkovich, Close e Pfeiffer.
Ottimo esordio internazionale di Stephen Frears che presenta ai cinema di tutto il mondo un film da lode che non pecca sotto nessun aspetto.
“Quando una donna mira al cuore di un'altra raramente lo manca, e la ferita è invariabilmente fatale.”
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thomàs
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lunedì 8 agosto 2011
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viaggio al centro della psiche umana
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E' un fiume in piena, che trascina e spazza via qulunque forma di resistenza. Malkovich, la Pfeiffer e Glenn Close non sbagliano un colpo, interpeti perfetti di per stati d'animo e personalità incredibilmente delineati. i volti sono l'esatta faccia per l'esatto sentimento. La gelosia, la rabbia, l'innocenza, l'amore, l'imponderabile sono gestiti con maestria, nel loro processo di nascita, sviluppo, ingigantimento fino alla perdita di controllo degli stessi.
E' lapoteosi di cosa può fare la mancanza di controllo umana sul libero arbitrio, nucleo poratane della libertà.
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lamazoniana
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domenica 31 luglio 2011
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bellissimo
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Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino.
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Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
Cosa dire di questo straordinario film, vincitore di tre Premi Oscar, interpretato da attori superbi, tra i quali fanno capolino due giovanissimi Uma Thurman e Keanu Reaves, al loro primo ruolo di rilievo?
Come l’opera da cui è tratto (considerato il miglior romanzo epistolare mai scritto) credo che “Le relazioni pericolose” possa essere, in qualche modo, forse, riassunto in una sola frase, emblema dell’intera opera, ovvero la frase che la Marchesa de Merteuil dice al Visconte di Valmont: “La vanità è nemica della felicità”.
Perché è proprio per colpa dell’orgoglio, di un’insopprimibile vanità che Valmont sacrifica la donna che ama, la Presidentessa de Tourvel, per evitare che egli venga schernito dalla Marchesa, la quale giudica l’innamoramento, in un uomo come lui, una prova di codardia, un infrangere del codice del libertino. Ma forse Valmont non si rende conto neanche lui di quanto fosse innamorato: difatti, ha sempre cura di sostenere il contrario, ogni qual volta la Marchesa gli rinfaccia che ne è pazzo, anche dopo la consegna della famosa lettera di rottura (che nel film diventa un tragico colloquio tra lui e la Presidentessa, di cui è emblema la significativa frase “Trascende ogni mio controllo”).
Forse, nel film possiamo notare una Marchesa più “umana” rispetto al romanzo, una donna che, oltre ad essere capace di ordire intrighi infami solo per il gusto di nuocere alle sue vittime, è anche capace di debolezze e di sentimenti umani; più di una volta appare chiaro quanto ella sia attratta da Valmont, anzi, in una frase lo esprime chiaramente: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi. Lo esigeva la mia presunzione. Poi quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire. La sola volta che mi sono sentita dominata dal mio desiderio... in una singolar tenzone.”; come dimenticare, poi, la scena di costernante disperazione che ci offre una magistrale Glenn Close (la quale ammiriamo per tutto il tempo in una delle sue interpretazioni cinematografiche meglio riuscite), quando la machiavellica Marchesa viene a sapere della morte del Visconte.
La scena più struggente è senz’altro quella del duello e della conseguente morte di Valmont: qui notiamo un’ulteriore differenza, rispetto all’opera di De Laclos: in quest’ultima non sono riportati i particolari del duello, ma nel lungometraggio notiamo chiaramente come Valmont, sopraffatto dai rimorsi per aver lasciato Madame de Tourvel (la quale, nel frattempo, sta morendo per lui) si lascia letteralmente uccidere da Danceny, al quale consegna prima di spirare la corrispondenza che in quei mesi aveva avuto luogo tra lui e la Merteuil, corrispondenza che condanna definitivamente la Marchesa, smascherando i suoi perfidi intrighi dei quali ne erano divenuti vittima Cècile, Danceny, M.me de Tourvel, e lo stesso Valmont.
Altra differenza: alla fine del film Valmont dice a Danceny di riferire alla Signora de Tourvel quanto egli l’abbia amata e di come egli non sappia spiegarsi perché abbia dovuto interrompere la loro relazione ma che, dall’istante in cui si è separato da lei, la sua vita non ha avuto più alcun senso; nel romanzo, invece, ella viene a sapere della morte dell’uomo amato in una conversazione tra il medico e Madame de Volanges, la quale si trova al suo capezzale, subendo così il colpo finale che la porterà alla morte.
La tragica fine della Marchesa, che nel film è “limitata” alla distruzione totale della sua reputazione in società, nel romanzo assume toni più drammatici: si ammala di vaiolo, riesce a guarire, ma ne esce sfigurata, cosicché “la sua anima è ora dipinta sul suo volto” (particolare che mi fa balzare alla mente un altro grande capolavoro, “Il ritratto di Dorian Grey”), perde tutti i suoi beni nel processo cui ella fa riferimento in alcune lettere, e fugge in Olanda.
Ma, per tutto il resto, il film è fedelissimo al romanzo, ed alla fedeltà della riproduzione cinematografica hanno contribuito senz’altro l’abilità di un grande regista (Stephen Frears), la bravura di tre attori eccezionali, ed una ricostruzione dell’epoca in cui vengono narrati i fatti (XVIII secolo) praticamente perfetta.
Credo che “Le Relazioni pericolose” sia ormai divenuto il mio film preferito; così come il romanzo è uno dei miei favoriti in assoluto; i suoi personaggi difficilmente si riescono a dimenticare e, personalmente, mai dimenticherò soprattutto la figura del Visconte de Valmont, libertino sarcastico ed egocentrico, ma ben più umano della Marchesa, vittima forse quanto gli altri delle spietate macchinazioni di quest’ultima, consapevole di non poter vivere senza l’unica donna che egli abbia mai amato in tutta la sua vita.
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lost876
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martedì 4 maggio 2010
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stupendo!!!
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Non ho parole per descrivere la bellezza infinita di questo film, per non parlare delle magnifiche interpretazioni di tutti gli attori anche se quella più stupenda è quella di Glenn Close che è veramente straordinaria, se solo le attrici di oggi sapessero recitare come fa lei allora il cinema si che sarebbe grandioso...Glenn sei un mito!!!!!
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hal 9000
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lunedì 31 agosto 2009
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ricostruzione accurata, recitazione moderna
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L'esordio hollywoodiano di Frears è l'adattamento della versione teatrale che Hampton (sceneggiatore) aveva tratto dal capolavoro di Pierre Chodelors. Frears ricostruisce in modo accurato l'epoca senza mai sfiorare la maniera tanto "I puristi si scandalizzarono per l'atmosfera poco settecentesca (salvo ricredersi dopo il flop del "Valmont" di Forman)" [Paolo Mereghetti] ed affronta in modo magistrale la lotta fra amore e seduzione "la crudele battaglia fra sessi dove dominano denaro e potere" [Paolo Mereghetti], regalando alcune scene da antologia come la morte di Valmont e il primo piano finale della Close.
Un grandissimo cast tra cui spicca uno straordinario John Malkovich, indubbiamente poco settecentesco, ma strepitoso nel suo gesticolare e nell'uso degli occhi (strabici) con cui riesce a far cogliere allo spettatore il cambiamento del suo sentimento nei confronti di Madame de Tourvel (una bravissima Michelle Pfeiffer, candidata all'oscar).
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L'esordio hollywoodiano di Frears è l'adattamento della versione teatrale che Hampton (sceneggiatore) aveva tratto dal capolavoro di Pierre Chodelors. Frears ricostruisce in modo accurato l'epoca senza mai sfiorare la maniera tanto "I puristi si scandalizzarono per l'atmosfera poco settecentesca (salvo ricredersi dopo il flop del "Valmont" di Forman)" [Paolo Mereghetti] ed affronta in modo magistrale la lotta fra amore e seduzione "la crudele battaglia fra sessi dove dominano denaro e potere" [Paolo Mereghetti], regalando alcune scene da antologia come la morte di Valmont e il primo piano finale della Close.
Un grandissimo cast tra cui spicca uno straordinario John Malkovich, indubbiamente poco settecentesco, ma strepitoso nel suo gesticolare e nell'uso degli occhi (strabici) con cui riesce a far cogliere allo spettatore il cambiamento del suo sentimento nei confronti di Madame de Tourvel (una bravissima Michelle Pfeiffer, candidata all'oscar). Di innarivabile crudeltà la Close anch'essa candidata all'Oscar.
Ottime scenogtrafie, costumi, trucco e muscihe.
Mise insieme sette nominations agli Oscar, ne vinse 3: sceneggiatura, scenografia e costumi. Scandalosamente Malkovich non ricevette nemmeno una nomination.
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rose
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mercoledì 18 marzo 2009
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come si può dire a parole?
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Come posso spiegarlo a parole? Come posso trovare i termini adatti per tessere le sue lodi? "Capolavoro", "perfetto"... è veramente un film incredibile: attori fantastici, meravigliosi, infatti lo hanno scritto tutti; scenografie e costumi mai visti così accurati, ma anche questo è assodato; e una sceneggiatura... Dunque questa pellicola è una "creazione divina", da vedere e rivedere e rivedere! E poi John Malkovich è bellissimo, affascinante, straordinario! Ho messo cinque stelle, posso metterne dieci?
[+] uno dei miei film del cuore
(di himawari)
[ - ] uno dei miei film del cuore
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jeminy
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martedì 27 gennaio 2009
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dannazione qualcuno di voi ha letto il libro?
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Bene, io sì e per quanto i romanzi storici siano bellissimi se si sa apprezzare il genere e si conosce bene il contesto storico vi dico che il libro di Laclos, tralasciando l'ovvia noia della narrazione epistolare, è qualcosa di veramente profondo che rispecchia una società corrotta, ma non dimentichiamo che Lui è lo stesso autore che ha scritto lettere di raccomandazione alle autorità repubblicane a favore di quel verme del Duca d'Orleans! E quindi ha sicuramente esasperato una realtà che comunque il film rispecchia in modo molto analogo, non tralasciando errori di titoli come "Milady" e qualche abito un poco sbagliato, ma non dimentichiamoci che è un film storico e non un documentario! Il regista e tutta il suo entourage hanno fatto del loro meglio per creare un film adatto e gli è venuto dannatamente bene rispetto al libro e con l'ausilio di attori bravissimi.
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Bene, io sì e per quanto i romanzi storici siano bellissimi se si sa apprezzare il genere e si conosce bene il contesto storico vi dico che il libro di Laclos, tralasciando l'ovvia noia della narrazione epistolare, è qualcosa di veramente profondo che rispecchia una società corrotta, ma non dimentichiamo che Lui è lo stesso autore che ha scritto lettere di raccomandazione alle autorità repubblicane a favore di quel verme del Duca d'Orleans! E quindi ha sicuramente esasperato una realtà che comunque il film rispecchia in modo molto analogo, non tralasciando errori di titoli come "Milady" e qualche abito un poco sbagliato, ma non dimentichiamoci che è un film storico e non un documentario! Il regista e tutta il suo entourage hanno fatto del loro meglio per creare un film adatto e gli è venuto dannatamente bene rispetto al libro e con l'ausilio di attori bravissimi. Ognuno di loro ha saputo apportare qualcosa di vero e reale ad un personaggio creato alla fine del 1700. Io vi dico solo che prima di criticare un film storico conoscetene il contesto. Ma avete presente la scena stupenda della marchesa de merteuil che dichiara guerra al visconte? L'espressione della Close che fa intendere che ci sta e poi gli dice Guerra? Oppure la scena finale dove lei si strucca? per quanto storico è sempre un film e come tale va criticato. Secondo me è un capolavoro. Non ho altro da dire.
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