eltanker
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domenica 16 agosto 2015
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non si vive di sola scenografia
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Ci troviamo di fronte ad un grande film di inizio anni '80 che probabilmente ha ridefinito il genere dei film "pseudo-post-apocalittici". L'essenza del film risiede nella costruzione magistrale di una New York tetra,sporca,desertica e futuristica che una volta di più evidenziano le abilità di Carpenter come regista. Una menzione d'onore va anche alla componente sonora che contribuisce all'immersione e soprattutto alla premessa narrativa,che ha fatto scuola. Da contrappeso a queste caratteristiche vi è però un eccessiva stereotipatizzazione dei personaggi che finiscono col risultare surreali, dialoghi che tal volta sono contraddittori e una recitazione poco convincente che strapperà più di un sorriso.
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Ci troviamo di fronte ad un grande film di inizio anni '80 che probabilmente ha ridefinito il genere dei film "pseudo-post-apocalittici". L'essenza del film risiede nella costruzione magistrale di una New York tetra,sporca,desertica e futuristica che una volta di più evidenziano le abilità di Carpenter come regista. Una menzione d'onore va anche alla componente sonora che contribuisce all'immersione e soprattutto alla premessa narrativa,che ha fatto scuola. Da contrappeso a queste caratteristiche vi è però un eccessiva stereotipatizzazione dei personaggi che finiscono col risultare surreali, dialoghi che tal volta sono contraddittori e una recitazione poco convincente che strapperà più di un sorriso. La pecca più grande però,o per meglio dire lo spreco, sta nella scarsissima evoluzione della trama che a tratti finisce con l'annoiare prima del tempo e a tratti con lo stupore per alcune scelte insensate relative ai destini di alcuni personaggi. Per essere "cult" serve ben altro.
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onufrio
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mercoledì 25 marzo 2015
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welcome to ny city
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La città di New York è diventata una specie di enorme ghetto in cui sono stati "rinchiusi" tutti i criminali e malfattori del paese; all'interno di questo micromondo ci sono rivalità e lotte al potere e soprattutto alla libertà, il tutto sotto il comando del Duca. Un gruppo di ribelli mette in atto un gesto di ribellione e rapisce il Presidente degli Stati Uniti d'America; toccherà a la "Iena" Snake il compito di recuperare il presidente con tanto di misteriosa valigietta. Un preludio interessante, una storia di fantascienza ben sceneggiata, ma lo sviluppo della trama non dà il giusto valore ad un soggetto molto stuzzicante.
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La città di New York è diventata una specie di enorme ghetto in cui sono stati "rinchiusi" tutti i criminali e malfattori del paese; all'interno di questo micromondo ci sono rivalità e lotte al potere e soprattutto alla libertà, il tutto sotto il comando del Duca. Un gruppo di ribelli mette in atto un gesto di ribellione e rapisce il Presidente degli Stati Uniti d'America; toccherà a la "Iena" Snake il compito di recuperare il presidente con tanto di misteriosa valigietta. Un preludio interessante, una storia di fantascienza ben sceneggiata, ma lo sviluppo della trama non dà il giusto valore ad un soggetto molto stuzzicante.
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noia1
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sabato 24 maggio 2014
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visionario in ogni dettaglio
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New York è diventata una gigantesca prigione, l’aereo del presidente degli Stati Uniti precipita proprio sulla città a causa di alcuni ribelli che ne deviano il percorso, toccherà ad un detenuto salvarlo.
Il genio visionario di John Carpenter sorprende sempre anche ad anni di distanza dimostrandosi, non esattamente all’avanguardia, ma sempre e comunque deviato e particolare rispetto a qualsiasi altro prodotto presente e futuro. Non un dettaglio tralasciato per mettere in scena la realtà deviante, l’inferno che si è proposto di descrivere, quasi un film dell’orrore dove la follia fa da padrona e nel quale il protagonista si avventura tra personaggi sempre più strani in un ambiente degradato e senza speranza.
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New York è diventata una gigantesca prigione, l’aereo del presidente degli Stati Uniti precipita proprio sulla città a causa di alcuni ribelli che ne deviano il percorso, toccherà ad un detenuto salvarlo.
Il genio visionario di John Carpenter sorprende sempre anche ad anni di distanza dimostrandosi, non esattamente all’avanguardia, ma sempre e comunque deviato e particolare rispetto a qualsiasi altro prodotto presente e futuro. Non un dettaglio tralasciato per mettere in scena la realtà deviante, l’inferno che si è proposto di descrivere, quasi un film dell’orrore dove la follia fa da padrona e nel quale il protagonista si avventura tra personaggi sempre più strani in un ambiente degradato e senza speranza. Un viaggio inquietante e claustrofobico trascinante dall’inizio alla fine, dove si parte con la presentazione della vicenda in maniera magistralmente coinvolgente sfruttando una tensione sempre presente e si prosegue con un ritmo che cresce sempre più fino ad esplosioni di azione e violenza. Merito della celebrità del film è anche del protagonista, l’antieroe perfetto e trasformato con successo dal bravissimo Kurt Russel.
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michele4333
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venerdì 20 dicembre 2013
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kurt e john mix bomba
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Un avventura nelle strade della più buia new york di sempre, il film si presenta bene scorre, sorprende e ti tiene incollato allo schermo, questi valori sono fondamentali e il titolo a mio avviso li ha tutti, la storia non è proprio da 10 ma nasconde una riflessione molto importante fatta da carpenter in visione futuristica del genere umano, lascio comunque a voi trovarla. Da vedere.
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nick simon
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venerdì 12 luglio 2013
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il cupo e distopico sguardo al futuro di carpenter
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Nel 1988 la criminalità negli Stati Uniti ha raggiunto livelli insostenibili, al punto che l'intera isola di Manhattan è stata trasformata in un penitenziario di massima sicurezza: tutt'intorno solo guardie armate e ponti minati, all'interno i detenuti, in un caotico e anarchico mondo a sé stante. Più tardi, nel 1997, il veterano pluridecorato Jena (Snake) Plissken è condannato per rapina e sta per essere imprigionato, ma ha un'occasione di riscatto: è chiamato a salvare il presidente degli Stati Uniti, tenuto in ostaggio da terroristi i quali hanno dirottato l'aereo su cui viaggiava. Queste sconcertanti premesse costituiscono l'incipit della tetra e visionaria pellicola diretta da John Carpenter, il quale ci offre una distopica e pessimistica riflessione su dinamiche che si rivelano essere sorprendentemente moderne.
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Nel 1988 la criminalità negli Stati Uniti ha raggiunto livelli insostenibili, al punto che l'intera isola di Manhattan è stata trasformata in un penitenziario di massima sicurezza: tutt'intorno solo guardie armate e ponti minati, all'interno i detenuti, in un caotico e anarchico mondo a sé stante. Più tardi, nel 1997, il veterano pluridecorato Jena (Snake) Plissken è condannato per rapina e sta per essere imprigionato, ma ha un'occasione di riscatto: è chiamato a salvare il presidente degli Stati Uniti, tenuto in ostaggio da terroristi i quali hanno dirottato l'aereo su cui viaggiava. Queste sconcertanti premesse costituiscono l'incipit della tetra e visionaria pellicola diretta da John Carpenter, il quale ci offre una distopica e pessimistica riflessione su dinamiche che si rivelano essere sorprendentemente moderne. Il film è un sapiente miscuglio di generi: fantascienza, fantapolitica, azione, avventura, thriller e horror convivono con equilibrio, e il loro collante è una non troppo sottile, a tratti beffarda ironia. Uno degli intenti principali della pellicola è sicuramente quello di fornire una lucida critica alla società attuale, in particolare quella americana: il regista sembra infatti chiederci di prestare attenzione alla lievissima differenza tra criminalità e Stato, suggerendo l'idea di un impercettibile confine tra i ruoli di carceriere e detenuto. L'analisi è condotta attraverso gli elementi del grottesco e del futurismo apocalittico, accentuati dalla bellissima creazione scenografica di una New York fumosa, sporca, a tratti cyber-punk. Kurt Russell, nei panni dell'antieroe Jena, dà vita ad una personalità ribelle e sprezzante verso l'autorità, vera e propria icona cult oggetto di citazioni a raffica (avete presente Solid Snake nella saga di Metal Gear Solid?). Coloro che hanno potuto ammirare il cristallino talento di Lee Van Cleef in celebri pellicole western saranno qui stupiti e divertiti nel vederlo interpretare il commissario di polizia Bob Hauk; Ernest Borgnine e Harry Dean Stanton prestano volto e fattezze alle bizzarre figure del tassista e di "Mente". Il ritmo è costante ed il registro è vario: la crudezza delle scene di violenza ed i pungenti tocchi di cinico sarcasmo si contrappongo a simpatici siparietti tra Russell e Van Cleef; i due attori sono infatti abili nell'evidenziare momenti di squisita complicità (a volte involontaria da parte di Hauk) tra personaggi provenienti da mondi distanti anni luce. Il film raggiunge i suoi picchi tecnico/artistici nei settori visivo e sonoro: la fotografia è sapientemente cupa e contrastata e rende perfettamente percettibile il senso di decadenza e surrealità generale; la colonna sonora electro-techno è avvincente e tipicamente anni '80. Pellicola di culto, che dice molto su quella che poteva essere all'epoca la paura di un futuro dominato dal nichilismo e totalmente votato all'autodistruzione.
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alessandro rega
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mercoledì 3 aprile 2013
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chiamatelo jena
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Un film bellissimo: esplosivo e dinamico!
Kurt Russell è riuscito a creare un personaggio (Jena “Snake” Plissken) dandogli una psicologia che è diventata leggendaria nel mondo del cinema.
Soprattutto, però, è importante sottolineare la recitazione “fisica” di Russell, Jena Plissken è diventato un personaggio iconico per il cinema grazie anche alla sua ormai conosciutissima corporatura. Quindi Russell ha fatto un grande lavoro riuscendo a imprimere una grande personalità e fisicità, grazie a quest’ultima in ogni singolo fotogramma è sempre il personaggio di Jena a dominare la scena.
È stata la prima volta che la coppia Carpenter (regista del film) – Russell (attore protagonista) ha lavorato insieme e come sappiamo non è stata l’ultima.
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Un film bellissimo: esplosivo e dinamico!
Kurt Russell è riuscito a creare un personaggio (Jena “Snake” Plissken) dandogli una psicologia che è diventata leggendaria nel mondo del cinema.
Soprattutto, però, è importante sottolineare la recitazione “fisica” di Russell, Jena Plissken è diventato un personaggio iconico per il cinema grazie anche alla sua ormai conosciutissima corporatura. Quindi Russell ha fatto un grande lavoro riuscendo a imprimere una grande personalità e fisicità, grazie a quest’ultima in ogni singolo fotogramma è sempre il personaggio di Jena a dominare la scena.
È stata la prima volta che la coppia Carpenter (regista del film) – Russell (attore protagonista) ha lavorato insieme e come sappiamo non è stata l’ultima.
La storia del film è molto scorrevole e gasante, tanto che è diventata un cult e ci sono stati molti film che in seguito hanno preso spunto con trame simili. La storia parla di un carcerato di nome Jena Plissken che viene ingaggiato dal commissario Bob Hauk (interpretato da Lee Van Cleef ) per trovare il presidente degli Stati Uniti che deve partecipare ad una conferenza sulla guerra ma è stato rapito da qualche parte nella New York degradata e in preda alla criminalità. Per assicurarsi la sua partecipazione, Hauk fa iniettare a Jena, spacciandolo per un vaccino contro i molteplici virus presenti nella città, due microcapsule che esploderanno allo scadere di ventiquattro ore.
Il film è ricco di colpi di scena ed azione, è uno dei film più importanti del cinema anche grazie a battute come “chiamami Jena” e “mi chiamo Plissken” ma soprattutto sono il contesto in cui queste sono inserite che le rendono battute veramente straordinarie.
Esiste un sequel intitolato “Fuga da Los Angeles” il cui regista è sempre John Carpenter e Kurt Russell è di nuovo Jena.
La recensione l’ho fatta soprattutto perché si vocifera che faranno una trilogia di remake e il primo film sarà il remake di questo, quando ho sentito la notizia che Jena potrebbe essere interpretato da Jason Statham o Tom Hardy ho storto il naso.
Io penso che il film è ancora molto amato e il personaggio di Jena è ancora “fresco” nella mente degli spettatori quindi fare un remake il cui unico scopo è quello di incassare è assolutamente un insulto al cinema.
Sarebbe bello che dopo la realizzazione del remake chiedessero a Jena Plissken:- cosa ne pensa del nuovo film Jena?
E lui risponderebbe:- Mi chiamo Plissken. Poi mi immagino che magari al posto della pellicola del film viene proiettato qualcos’altro e lui se la ride e brucia la pellicola originale quasi come nel finale di “1997: Fuga da New York !
Però purtroppo o per fortuna Jena “Snake” Plissken non esiste.
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michaelmyers98
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martedì 18 settembre 2012
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chiamami iena!
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Con queste parole Iena Plissken diventa l'antieroe più grande del cinema, in grado di competere addirittura con L'Uomo Senza Nome di Eastwood. Ma restano nella memoria anche un Lee Van Cleef ormai anziano ed un Donald Pleasence cattivissimo nel ruolo del Presidente USA. Dietro alla macchina da presa c'è Carpenter, che crea una città ormai distrutta dove regnano l'anarchia e l'egoismo. Il miglior film fantascientifico del regista ed uno dei più grandi nel suo genere. Un capolavoro.
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michaelmyers98
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martedì 18 settembre 2012
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chiamami iena!
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Con queste parole entra nell'immaginario collettivo uno degli antieroi più estremi che il mondo abbia mai conosciuto. E lo fa attraverso un film geniale. Visionario nella rappresentazione di New York quanto adrenalinico negli scontri, Fuga Da New York si colloca come un capolavoro della fantascienza e il miglior film di Carpenter in questo genere. Kurt Russell rappresenta in modo unico il suo personaggio, sicuramente l'unico a poter competere con L'Uomo Senza Nome di Eastwood. Anche i vari Donald Pleasence ed Isaac Heyes fanno bene il loro mestiere. Ovviamente la colonna sonora è incredibile, grandiosa ed imponente. Cinque stelle meritatissime.
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molinari marco
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mercoledì 3 agosto 2011
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il mito di snake plissken
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“Nel mondo non ci sono più eroi, ma solo gente che prende degli ordini”. In questa sentenza di John Carpenter è già racchiusa tutta l’essenza cinica di Snake Plissken (che nella versione italiana diventerà inspiegabilmente Jena), personaggio partorito dalla penna del regista e da quella di Debra Hill. E a cui Kurt Russell in seguito darà un volto, e una prestanza, tale da confinarlo nell’universo dei personaggi più affascinanti della storia del cinema, facendone immediatamente un’icona intramontabile degli anni Ottanta. E basta intravederlo in scena per la prima volta, con quella benda che segna così causticamente il suo volto, per rimanerne quasi ipnotizzati, al punto da non vedere l’ora che entri in azione per capire meglio con chi abbiamo a che fare, ansiosi di scoprire quale evento abbia lasciato una traccia così dura sul suo viso.
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“Nel mondo non ci sono più eroi, ma solo gente che prende degli ordini”. In questa sentenza di John Carpenter è già racchiusa tutta l’essenza cinica di Snake Plissken (che nella versione italiana diventerà inspiegabilmente Jena), personaggio partorito dalla penna del regista e da quella di Debra Hill. E a cui Kurt Russell in seguito darà un volto, e una prestanza, tale da confinarlo nell’universo dei personaggi più affascinanti della storia del cinema, facendone immediatamente un’icona intramontabile degli anni Ottanta. E basta intravederlo in scena per la prima volta, con quella benda che segna così causticamente il suo volto, per rimanerne quasi ipnotizzati, al punto da non vedere l’ora che entri in azione per capire meglio con chi abbiamo a che fare, ansiosi di scoprire quale evento abbia lasciato una traccia così dura sul suo viso. Quella benda, tuttavia, rimarrà un enigma: scopriremo solo che siamo in presenza di un eroe di guerra con la fedina penale sporca, convocato per una missione che potrebbe fornirgli la tanto agognata libertà. Il compito che gli viene affidato, inoltre, è uno tra i più eroici che possono essere assegnati ad un cittadino americano: salvare il presidente degli Stati Uniti dalle grinfie dei terroristi. Peccato che gli States ormai sono un organismo decadente, le cui istituzioni hanno fallito già da tempo, arrivando al punto di fare di Manhattan (la zona più glamour di New York) una prigione di massima sicurezza in cui vengono messi in quarantena i criminali più pericolosi. Ma si intuisce che, all’occorrenza, vi è posto anche per i rifiuti sociali del mondo. Una prigione senza sbarre, ma in cui è possibile solo entrare e, una volta lì, assoggettarsi alla dura legge della giungla secondo cui ad aggiudicarsi il diritto di continuare a vivere è esclusivamente il più forte. Ed è proprio lì che Snake viene mandato in missione, costretto a mettere a repentaglio la sua pelle per una causa che non gli appartiene e solo perché gli sono state iniettate (a tradimento) alcune capsule letali nelle arterie. Ne consegue una lotta contro il tempo (meno di ventiquattr’ore, con una unità di tempo di aristotelica memoria) in un’operazione in cui anche il più piccolo errore non può far parte del copione. C’è da rimare con i nervi ben saldi se si tiene alla propria sopravvivenza e non è facile quando ci si sente dire in continuazione, ad ogni nuovo incontro, “avevo sentito dire che eri morto”. Per farla breve Snake è l’ombra di sé stesso, una sorta di fantasma che è stato scaraventato all’inferno. Un destino questo comune a tutti gli eroi più valorosi, ma dal quale Plissken non tornerà rinvigorito o con un messaggio di speranza per l’umanità, bensì più antieroe di prima. Se non lo si è capito, abbiamo a che fare con una pellicola con un potenziale evocativo tipico delle grandi narrazioni mitologiche e cinematografiche. Impossibile, in effetti, non cogliere in questo film numerose analogie con i western di Leone, a partire dalla presenza di Lee Van Cleef che interpreta Hauck, il nemico numero uno di Snake. Una pellicola talmente spietata da non concedere allo spettatore neanche un raggio di sole e che risulta utile per capire come, se lo si vuole, anche le cosiddette “americanate” possono elevarsi alle vette dell’arte se solo a dirigerle vi sia un Autore che non dimentica che, per fare grande cinema, prima di tutto bisogna saper intrattenere lo spettatore. Un film da vedere almeno dieci volte nella vita.
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danilodac
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giovedì 25 marzo 2010
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1997- apocalisse a new york
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L’isola di Manhattan è diventata un carcere di massima sicurezza. Non vi sono guardie al suo interno, ma l’intero territorio è controllato dagli elicotteri della polizia. Nonostante i controlli, un aereo, con a bordo il presidente degli Stati Uniti e alcuni membri del governo, viene dirottato verso un grattacielo. Il presidente riesce a salvarsi ma viene rapito dai carcerati. Non hanno alcuna intenzione di dialogare, di conseguenza l’unico sistema per salvare il presidente è infiltrare, all’interno dell’isola, un reduce di guerra (condannato a una pena da scontare nel carcere). Ha esattamente 24 ore di tempo per farlo, se no morirà. In caso contrario sarà libero.
Carpenter attinge dall’estetica dei fumetti; riesce così, attraverso la costruzione di un ingegnoso apparato scenografico, a dirigere un thriller fantascientifico d’azione al di sopra della media per ricchezza di idee, invenzioni visive, tematiche trattate.
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L’isola di Manhattan è diventata un carcere di massima sicurezza. Non vi sono guardie al suo interno, ma l’intero territorio è controllato dagli elicotteri della polizia. Nonostante i controlli, un aereo, con a bordo il presidente degli Stati Uniti e alcuni membri del governo, viene dirottato verso un grattacielo. Il presidente riesce a salvarsi ma viene rapito dai carcerati. Non hanno alcuna intenzione di dialogare, di conseguenza l’unico sistema per salvare il presidente è infiltrare, all’interno dell’isola, un reduce di guerra (condannato a una pena da scontare nel carcere). Ha esattamente 24 ore di tempo per farlo, se no morirà. In caso contrario sarà libero.
Carpenter attinge dall’estetica dei fumetti; riesce così, attraverso la costruzione di un ingegnoso apparato scenografico, a dirigere un thriller fantascientifico d’azione al di sopra della media per ricchezza di idee, invenzioni visive, tematiche trattate.
L’invenzione di una New York in via di “estinzione” è geniale; solo Carpenter poteva modellare così la “grande mela”, iniettandovi, con stravagante spavalderia, quel suo radicale pessimismo che lo rende unico.
Il film camuffa abilmente il suo contenuto attraverso l’originale fantasia visiva e sonora che, sotto la direzione del regista, raggiunge un’energia insolitamente inquietante e rara nei film del genere a cui appartiene.
A tratti ingolfato dagli stereotipi dell’action movie, ha il suo punto di forza nell’apocalittica sottotraccia; smontando ironicamente l’intero sistema socio-politico americano, riesce ad essere attendibile e incredibilmente moderno, a tratti addirittura profetico (l’attacco terroristico per mezzo di un aereo che si schianta su un grattacielo). Si avvale di una secca energia narrativa, surrogata egregiamente dai notevoli contributi tecnici (fotografia di Dean Cundey; scenografia di Joe Alves).
Il fascino notturno delle scene coniuga sguardo visionario e lucida percezione della realtà. Permeato da quell’anomalo fascino degli ’80.
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