paolp78
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domenica 16 agosto 2020
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road movie con una fila di camion
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Peckinpah si conferma cantore della provincia americana, quella più profonda, selvaggia e genuina, nonché quella che in definitiva conserva ancora i più stretti legami e le maggiori similitudini con la vecchia America dei pionieri e del Far West. Non per niente molti film dell'autore americano sono dei western, mentre altri pur non essendolo vi si richiamano.
In questa pellicola i rimandi a tale genere cinematografico sono molteplici. Tanto per cominciare il convoglio di camion che uno in coda all'altro attraversano alcuni stati americani (Arizona e New Mexico) riporta alla memoria le lunghe file di carri che attraversavano il deserto americano, mirabilmente descritte in alcuni capolavori del passato tra cui, tanto per citare il primo che vine in mente, “La carovana dei Mormoni” di John Ford.
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Peckinpah si conferma cantore della provincia americana, quella più profonda, selvaggia e genuina, nonché quella che in definitiva conserva ancora i più stretti legami e le maggiori similitudini con la vecchia America dei pionieri e del Far West. Non per niente molti film dell'autore americano sono dei western, mentre altri pur non essendolo vi si richiamano.
In questa pellicola i rimandi a tale genere cinematografico sono molteplici. Tanto per cominciare il convoglio di camion che uno in coda all'altro attraversano alcuni stati americani (Arizona e New Mexico) riporta alla memoria le lunghe file di carri che attraversavano il deserto americano, mirabilmente descritte in alcuni capolavori del passato tra cui, tanto per citare il primo che vine in mente, “La carovana dei Mormoni” di John Ford. Le sequenze dei camion che attraversano i territori sabbiosi, assomigliano moltissimo a quelle dei carri trainati dai cavalli impegnati in altrettanto impervi percorsi.
L'atmosfera rude ed i personaggi di poche parole, sono anch'essi molto simili a quelli del cinema western: il protagonista è paragonabile al classico cowboy, anch'egli obbligato dal suo lavoro (il camionista anziché il mandriano) ad una vita dura e rude, spesso solitaria.
I rimandi alle atmosfere western diventano molto espliciti nella scena dell'assalto alla prigione, con i camionisti che ritrovandosi prima di sferrare l'attacco, dispongono i loro potenti mezzi meccanici uno a fianco dell'altro, come se fossero dei cavalli che si preparano prima di partire compatti alla carica.
Come sempre avviene nei western classici, anche Peckinpah dà spazio ad un personaggio femminile, di puro contorno, interpretato dalla sempre bella Ali MacGraw, qui con i capelli cortissimi.
Molto azzeccato Kris Kristofferson nella parte del protagonista, che incarna perfettamente il classico bello che non deve chiedere mai; mentre la parte dello sceriffo all'inseguimento del convoglio è affidata ad Ernest Borgnine.
Ottime le riprese, impreziositi da varie sequenze straordinariamente spettacolari con incidenti e manovre rocambolesche.
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giuseppetoro
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martedì 21 aprile 2020
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che bel film
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Film d'azione con lunghi inseguimenti mozzafiato tra camion ed auto polizia
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onufrio
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lunedì 13 aprile 2015
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la rivolta dei camionisti
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Peckinpah entra nel mondo dei camionisti; con un linguaggio scanzonato e scazzottato, il film narra la storia di un gruppo di camionisti che stanchi di essere "perseguitati" da un losco sceriffo della zona, decidono di farla grossa venendo alle mani in un locale; a quel punto non resta che fare una cosa sola: oltrepassare il confine per sfuggire alla vendetta delle forze dell'ordine. Fra inseguimenti che ricordano il telefilm Hazzard,nato peraltro in quel periodo, e scene comiche alternate a scene violente, il film è un impasto di tante cose, una macedonia che ben rientra nel genere avventura.
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contrammiraglio
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giovedì 29 gennaio 2015
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canzonato!
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Gran bel film, con tutto lo spirito di Peckinpah e devastato il giusto in fase di montaggio (strano) dai malefici produttori; assolutamente da vedere!
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ilnidodoca
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venerdì 31 luglio 2009
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convoy: un western su diciotto ruote
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Avventura, romanticismo, on the road; questi i tre “tag” che uno spettatore superficiale accosterebbe alla pellicola “Convoy” di Sam Peckinpah.
Ad un’analisi più attenta si è di fronte all’ennesimo western del regista, seppure camuffato nelle atmosfere: niente pistoleri o indiani, ma autisti di autotreni; niente cavalli o carri, ma bisonti su 18 ruote; niente saloon e ballerine, ma autogrill, cameriere e donne dalla “aperta” mentalità. La stella di latta, invece, risponde “presente” all’appello, nei tratti a volte troppo marcati di un grande del cinema come Ernest Borgnine; c’è anche un classico acerrimo nemico, fuorilegge per caso, tuttavia Kris Kristofferson nel ruolo di “rubber duck” è fuori ruolo: di gomma sembra avere solo la faccia.
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Avventura, romanticismo, on the road; questi i tre “tag” che uno spettatore superficiale accosterebbe alla pellicola “Convoy” di Sam Peckinpah.
Ad un’analisi più attenta si è di fronte all’ennesimo western del regista, seppure camuffato nelle atmosfere: niente pistoleri o indiani, ma autisti di autotreni; niente cavalli o carri, ma bisonti su 18 ruote; niente saloon e ballerine, ma autogrill, cameriere e donne dalla “aperta” mentalità. La stella di latta, invece, risponde “presente” all’appello, nei tratti a volte troppo marcati di un grande del cinema come Ernest Borgnine; c’è anche un classico acerrimo nemico, fuorilegge per caso, tuttavia Kris Kristofferson nel ruolo di “rubber duck” è fuori ruolo: di gomma sembra avere solo la faccia. Sulla scarsa sufficienza Burt Young, nei panni del controverso e fedele vice capo spedizione: interpretato con insicurezza dall’attore, tratteggiato con superficialità dal regista, legato male alla storia e doppiato, nella versione italiana, con una voce inappropriata. Ali MacGraw è semplicemente raggiante nella sua bellezza: aggiunge qualche pennellata di romanticismo, comunque risulta poco incisiva nel giustificare la propria presenza nei confini della sceneggiatura e di un montaggio spesso distratto.
La colonna sonora è davvero povera di spunti interessanti; qualche perla dei Lynyrd Skynyrd o dei ZZTop d’annata, magari all’ingresso del territorio texano, avrebbero dato un giusto contributo alla causa.
Il film, con una storia alla lunga stucchevole ed un finale a metà strada tra il debole ed il banale, è solo in apparenza mediocre; “Bloody Sam” alla regia lo salva ripetutamente in corner; lascia un senso, il retrogusto amarognolo di temi anarchici che affiorano timidi: caos, sfida ai potenti, lotta contro le ingiustizie, reazione ai soprusi istituzionali, ma anche razzismo nella Grande America, politica del tornaconto elettorale, finto giornalismo asservito, protesta, aggregazione di massa (casuale, per un ideale, per uno scopo, per un’idea di facciata, per inerzia, per miseri interessi personali). Peccato perché sono affogati assieme al vino e ai tarallucci del finale: la beffa, la risata cult dello sceriffo battuto, il “tutti vissero felici e contenti” con l’ipocrita speranza che quel convoglio riparta vittorioso e continui la sua corsa, pronto a nuove battaglie?
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demien.
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sabato 13 dicembre 2008
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camionisti ribelli.
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Un film ribelle, con dentro lo spirito degli anni settanta. La folle e libera corsa di camionisti per le strade di un America ancora troppo bacchettona e razzista. La protesta dei camionisti che si ribellano ai soprusi di chi, difeso dalla sua bella divisa, sfrutta pistola e distintivo per estorcere denaro ed incarcerare a proprio piacimento.
Una frase che racchiude il senso del film è quella in cui Anatra di gomma risponde allo sceriffo-aguzzino "Io ci piscio sopra, sulla tua legge e sul tuo ordine".
Una pellicola "rivoluzionaria" per chi sa leggere tra le righe.
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