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domenica 2 gennaio 2011
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che il pensiero si "accenda "
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lettura definitiva.La tragedia greca Antigone di Sofocle che fu rappresenta ad Atene nel 442 a.C. che, sinteticamente, rappresenta li dramma conseguente ad un negato diritto alla sepoltura del potere costituito, diviene lo spunto ed ispirazione per il progetto artistico di Liliana Cavani “i cannibali”del 1969.
Con i toni un poco demodé, fine anni sessanta , e tutto va “contestualizzato”, “I cannibali “sono una sentita rappresentazione di critica netta contro il potere che nega all’uomo il diritto alla libertà di essere , nel caso di specie la negazione riguarda l'ultimo diritto fondamentale .
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lettura definitiva.La tragedia greca Antigone di Sofocle che fu rappresenta ad Atene nel 442 a.C. che, sinteticamente, rappresenta li dramma conseguente ad un negato diritto alla sepoltura del potere costituito, diviene lo spunto ed ispirazione per il progetto artistico di Liliana Cavani “i cannibali”del 1969.
Con i toni un poco demodé, fine anni sessanta , e tutto va “contestualizzato”, “I cannibali “sono una sentita rappresentazione di critica netta contro il potere che nega all’uomo il diritto alla libertà di essere , nel caso di specie la negazione riguarda l'ultimo diritto fondamentale . la dignità di una sepoltura .
Il potere “prigione” è tema rappresentato con intensa partecipazione da molti registi ; mi sovvengono filmografie come “V per vendetta“di James Mc Teige ma anche due trasposizioni del romanzo di "Orewll" rispettivamente "Orwell 1984 "e "Brazil" del 1985: queste filmografie sono collegate tutte nel tema della denuncia contro il potere costituito che sottomette e controlla l'uomo piegando ai propri biechi interessi .
Gilliam, regista del film Brazil del 1985,trae ispirazione per il suo lavoro del romanzo di George Orwell del 1949 come il coinvolgente lungometraggio inglese "Orwell 1984".
Due film completamente diversi;In Brazil l'impostazione immaginaria e scenica prende il sopravvento sul messaggio critico verso una società dittatoriale prossima ventura ; questo è un caso di forma che supera la sostanza divenendo lei stessa sostanza (è tipica caratteristica della cinematografia di Terry Gilliam).
"Orwell 1984" non gioca con il fuoco e con senso introspettivo, comprende il dramma del rischio dittatura dando vita ad un film affascinate per profondità, durezza , fermezza ed umanità ma pecca per una cera staticità e lentezza espositiva..
"V per vendetta" di James Mc Teige è la terza lettura del tema di denuncia contro una società di controllo presente o imminente, ed appare sicuramente la più equilibrata,(trasposizione cinematografica di unfumetto)raggiungendo vette di comunicazione superlative,brillanti, dinamiche , profonde , cinematografiche.
Nel nostro film “I cannibali” l’Antigone “contestualizzato” assurge a simbolo del valore universale di chi ha la forza morale di sfidare i regimi totalitari , che, aggiungo io, sono in molti , anche perché infinite sono le forme di dittature sostanziali ma non apparenti,
Il mito rappresentata della tragedia greca de l’Antigone di Sofocle nel film è solo libero spunto e Liliana Cavani si propone ,con sentita partecipazione ,di inviarci un messaggio forte di protesta contro tutto quello che può essere lesivo della libertà e dignità; è una protesta non “contestualizzabile” che trascende lo spazio ed il tempo e che attinge da valori ideali che farebbero parte del patrimoni assoluto della cultura umana e del sentire nella” pietas“.
La Cavani , mai banale , anche in questo suo lavoro, ci aiuta a “riaccendere" il motore del nostro cervello ipnotizzato e sopito!!!
Weach illuminati
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giovedì 10 settembre 2020
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antigone oggi
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Il terzo lungometraggio della Cavani inizia in modo dirompente e feroce con la scena di alcuni bambini che trovano un uomo disteso sulla spiaggia che sembra morto, lo scuotono, l’uomo (il Tiresia della tragedia di Sofocle) si sveglia e li rincorre per gioco. I bambini vengono barbaramente uccisi da dei militari nascosti dietro le dune. L’orizzonte mitico della cinematografia nostrana di fine anni Sessanta, in particolare dopo il cinema della contestazione è tipico dei nostri lidi, basti pensare al Pasolini di Medea dello stesso anno, il 1969, lo stesso de I Cannibali, come se la realtà non fosse che rappresentabile in modo mitopoietico. Nel film della cineasta di Carpi il mito di Antigone viene rivisitato, anzi meglio dire utilizzato in chiave moderna, apocalittica e distopica diremmo secondo i nostri canoni più attuali, ai fini di una political fiction, referente di una mitologia che diventa opposizione a una società repressiva, presente, passata e futura.
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Il terzo lungometraggio della Cavani inizia in modo dirompente e feroce con la scena di alcuni bambini che trovano un uomo disteso sulla spiaggia che sembra morto, lo scuotono, l’uomo (il Tiresia della tragedia di Sofocle) si sveglia e li rincorre per gioco. I bambini vengono barbaramente uccisi da dei militari nascosti dietro le dune. L’orizzonte mitico della cinematografia nostrana di fine anni Sessanta, in particolare dopo il cinema della contestazione è tipico dei nostri lidi, basti pensare al Pasolini di Medea dello stesso anno, il 1969, lo stesso de I Cannibali, come se la realtà non fosse che rappresentabile in modo mitopoietico. Nel film della cineasta di Carpi il mito di Antigone viene rivisitato, anzi meglio dire utilizzato in chiave moderna, apocalittica e distopica diremmo secondo i nostri canoni più attuali, ai fini di una political fiction, referente di una mitologia che diventa opposizione a una società repressiva, presente, passata e futura. In una indefinita e livida metropoli del nord che è facile riconoscere in una Milano icona di un capitalismo aggressivo e che fa leva sulle strutture di controllo a esso collegate, caserme, prigioni, manicomi, palazzi governativi, i cadaveri riempiono le strade e non è permesso a nessuno rimuoverli, pena la stessa punizione inflitta a coloro che ora giacciono sui marciapiedi e nelle strade, per opera di un potere implacabile che tramite i suoi bracci armati si serve di questo lugubre metodo come monito a qualsiasi velleità di ribellione, trasformazione della società, da non dimenticare che siamo alla viglia del decennio dei settanta che con le fiammate rivoluzionarie dei gruppi terroristici cercherà una via breve a quelle istanze tradite che a partire dai miti della resistenza avevano promesso un mondo lontano dalla barbarie e un regno di giustizia in terra.
Questo monito delle strutture repressive capitalistiche amplifica a dismisura il mito sofocleo inquadrandolo in una chiave distopica e irrazionale, quanto mai attuale, alla modernità. Laddove come nell’Antigone del tragico greco l’eroina figlia di Edipo si batte per dare sepoltura al fratello Polinice rivoltandosi al re di Tebe in nome delle “eterne legge dei numi” contro le inumane leggi degli uomini, l’Antigone della Cavani, una in alcuni casi fin troppo compassata Britt Ekland, riadatta il mito greco declinandolo alla rivolta contro una legge ingiusta che mira alla sopravvivenza di un sistema di potere e di un ordine costituito grottesco e crudele che si fa scudo delle cosiddette leggi del vivere civile e di una democrazia solo di facciata, che non è che quella del più forte, quella del potere costituito, in spregio alle leggi della pietas cristiana e della fraternità umana.
Ne I cannibali dramma e pamphlet si mescolano in una dimensione da incubo. I due eroi del dramma, Antigone e Tiresia, l’immagine di un Pierre Clementi iconicamente rappresentato a metà strada fra un Cristo e un guerrigliero, cercano di scardinare la brutalità del sistema che li vorrebbe cooptare, ricercando una purezza primitiva, anche con la forza di un amore del tutto particolare (il film della Cavani è anche una storia d’amore) e con la loro decisa rivolta e presa di posizione contro la società dei padri, Emone, il promesso sposo di Antigone della tragedia interpretato da un superbo Tomas Milian, è il figlio del primo ministro, qui lo stesso Francesco Leonetti già interprete di molti film di Pasolini. Il 68 è da poco trascorso e la contestazione è stata anche e soprattutto una rivolta contro la legge dei padri, un conflitto generazionale che nelle tragiche vicende degli anni successivi deflagrerà con esiti sanguinosi, la storia del terrorismo del decennio successivo è anche questa. Lo stesso Pierre Clementi è già stato interprete nel Porcile pasoliniano, nella figura del figlio che mangia la carne del padre. Anche il film della Cavani è ricco di allegorie: Antigone e Tiresia che corrono nudi in strada inseguiti da un branco di cani che ricordano le persecuzioni dei lager nazisti; Tiresia rappresentato negli studi televisivi come un animale allo zoo in quanto esemplare atipico di animale sociale; la scena della sauna nella quale gli uomini si sottomettono a un bambino in alta uniforme; l’autobotte che percorrendo le strade della città disseminate di cadaveri gli spruzza acqua addosso mentre un prete fa il gesto della benedizione degli intoccabili.
I cannibali ci parla delle atrocità della storia, della crudeltà di ogni potere, della sua intangibilità, della sua brutalità, la crudezza dell’esecuzione finale di Tiresia e Antigone lo sta a dimostrare. Nonostante questo i due eroi, i due “estranei” di questa tragedia moderna si fanno testimoni del Grande Altro (per dirla con Lacan), il perturbante che mette in scacco i meccanismi delle convenzioni sociali spesso acriticamente accettate e difese con crudeltà dalle varie forme di potere che le incarnano.
“I cannibali - dice la regista - sono i giovani o tutti coloro che, a qualsiasi età, aspirano a riconquistare la propria vera natura di uomini, il senso religioso della vita, rifiutando certi condizionamenti della cosiddetta società civile. Ricercano una purezza primitiva, una sincerità dimenticata, ma la società li rifiuta come “cannibali”, perché disturbano l’ordine tutto esteriore delle sue leggi spesso disumane”.
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Il terzo lungometraggio della Cavani inizia in modo dirompente e feroce con la scena di alcuni bambini che trovano un uomo disteso sulla spiaggia che sembra morto, lo scuotono, l’uomo (il Tiresia della tragedia di Sofocle) si sveglia e li rincorre per gioco. I bambini vengono barbaramente uccisi da dei militari nascosti dietro le dune. L’orizzonte mitico della cinematografia nostrana di fine anni Sessanta, in particolare dopo il cinema della contestazione è tipico dei nostri lidi, basti pensare al Pasolini di Medea dello stesso anno, il 1969, lo stesso de I Cannibali, come se la realtà non fosse che rappresentabile in modo mitopoietico. Nel film della cineasta di Carpi il mito di Antigone viene rivisitato, anzi meglio dire utilizzato in chiave moderna, apocalittica e distopica diremmo secondo i nostri canoni più attuali, ai fini di una political fiction, referente di una mitologia che diventa opposizione a una società repressiva, presente, passata e futura. In una indefinita e livida metropoli del nord che è facile riconoscere in una Milano icona di un capitalismo aggressivo e che fa leva sulle strutture di controllo a esso collegate, caserme, prigioni, manicomi, palazzi governativi, i cadaveri riempiono le strade e non è permesso a nessuno rimuoverli, pena la stessa punizione inflitta a coloro che ora giacciono sui marciapiedi e nelle strade, per opera di un potere implacabile che tramite i suoi bracci armati si serve di questo lugubre metodo come monito a qualsiasi velleità di ribellione, trasformazione della società, da non dimenticare che siamo alla viglia del decennio dei settanta che con le fiammate rivoluzionarie dei gruppi terroristici cercherà una via breve a quelle istanze tradite che a partire dai miti della resistenza avevano promesso un mondo lontano dalla barbarie e un regno di giustizia in terra. Questo monito delle strutture repressive capitalistiche amplifica a dismisura il mito sofocleo inquadrandolo in una chiave distopica e irrazionale, quanto mai attuale, alla modernità. Laddove come nell’Antigone del tragico greco l’eroina figlia di Edipo si batte per dare sepoltura al fratello Polinice rivoltandosi al re di Tebe in nome delle “eterne legge dei numi” contro le inumane leggi degli uomini, l’Antigone della Cavani, una in alcuni casi fin troppo compassata Britt Ekland, riadatta il mito greco declinandolo alla rivolta contro una legge ingiusta che mira alla sopravvivenza di un sistema di potere e di un ordine costituito grottesco e crudele che si fa scudo delle cosiddette leggi del vivere civile e di una democrazia solo di facciata, che non è che quella del più forte, quella del potere costituito, in spregio alle leggi della pietas cristiana e della fraternità umana. Ne I cannibali dramma e pamphlet si mescolano in una dimensione da incubo. I due eroi del dramma, Antigone e Tiresia, l’immagine di un Pierre Clementi iconicamente rappresentato a metà strada fra un Cristo e un guerrigliero, cercano di scardinare la brutalità del sistema che li vorrebbe cooptare, ricercando una purezza primitiva, anche con la forza di un amore del tutto particolare (il film della Cavani è anche una storia d’amore) e con la loro decisa rivolta e presa di posizione contro la società dei padri, Emone, il promesso sposo di Antigone della tragedia interpretato da un superbo Tomas Milian, è il figlio del primo ministro, qui lo stesso Francesco Leonetti già interprete di molti film di Pasolini. Il 68 è da poco trascorso e la contestazione è stata anche e soprattutto una rivolta contro la legge dei padri, un conflitto generazionale che nelle tragiche vicende degli anni successivi deflagrerà con esiti sanguinosi, la storia del terrorismo del decennio successivo è anche questa. Lo stesso Pierre Clementi è già stato interprete nel Porcile pasoliniano, nella figura del figlio che mangia la carne del padre. Anche il film della Cavani è ricco di allegorie: Antigone e Tiresia che corrono nudi in strada inseguiti da un branco di cani che ricordano le persecuzioni dei lager nazisti; Tiresia rappresentato negli studi televisivi come un animale allo zoo in quanto esemplare atipico di animale sociale; la scena della sauna nella quale gli uomini si sottomettono a un bambino in alta uniforme; l’autobotte che percorrendo le strade della città disseminate di cadaveri gli spruzza acqua addosso mentre un prete fa il gesto della benedizione degli intoccabili. I cannibali ci parla delle atrocità della storia, della crudeltà di ogni potere, della sua intangibilità, della sua brutalità, la crudezza dell’esecuzione finale di Tiresia e Antigone lo sta a dimostrare. Nonostante questo i due eroi, i due “estranei” di questa tragedia moderna si fanno testimoni del Grande Altro (per dirla con Lacan), il perturbante che mette in scacco i meccanismi delle convenzioni sociali spesso acriticamente accettate e difese con crudeltà dalle varie forme di potere che le incarnano. “I cannibali - dice la regista - sono i giovani o tutti coloro che, a qualsiasi età, aspirano a riconquistare la propria vera natura di uomini, il senso religioso della vita, rifiutando certi condizionamenti della cosiddetta società civile. Ricercano una purezza primitiva, una sincerità dimenticata, ma la società li rifiuta come “cannibali”, perché disturbano l’ordine tutto esteriore delle sue leggi spesso disumane”.
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