Cronaca familiare

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Un film di Valerio Zurlini. Con Marcello Mastroianni, Jacques Perrin, Salvo Randone, Marco Guglielmi, Miranda Campa.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 88 min. - Italia 1962. MYMONETRO Cronaca familiare * * * * - valutazione media: 4,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Flusso di coscienza tra i meandri dei ricordi Valutazione 4 stelle su cinque

di Eugenio


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giovedì 17 gennaio 2013

Quando si pensa a Pratolini, nel nostro immaginario collettivo si palesa la figura di Metello, eroe “bifronte” simbolo della lotta proletaria di fine ottocento (vedi i tumulti del pane) contro le iniquità e i soprusi della società borghese novecentesca. Lo stile, vivace e realista ha contribuito a rendere celebre lo scrittore fiorentino, distintosi sempre per la vena antifascista, lo spirito ribelle e anticonformista e la coralità di un ambiente quasi avulso dalla realtà come poteva essere la famosa Via del Corno teatro della Cronaca di poveri amanti. Sempre di “Cronaca” si tratta ma le tematiche e soprattutto il tono tendente all’elegia, rendono Cronaca familiare il breve romanzo “giovanile” una produzione pratoliniana assolutamente anomala ripresa qualche anno dopo nell’eccellente film di Zurlini, coadiuvato dallo stesso autore alla sceneggiatura.
Il contesto è quello della Firenze fascista degli anni adolescenziali di Pratolini segnati dal profondo distacco col fratello Lorenzo (nel film interpretato da Jacques Perrin), suo alter-ego, adottato da un ricco barone (in quella isolata Villa Rosa) che gli ha permesso di vivere agiatamente, in un “acquario senza gioia né dolore o scoperte” al contrario del giovane Vasco (nel film, Enrico interpretato da Marcello Mastroianni) che dalla vita ha appreso la capacità di sopportazione e di condivisione del dolore. Una differenza, quella tra i fratelli, che supera il semplice status sociale e su cui il cineasta, riprendendo pedissequamente (forse un po’ troppo: maggiore “rielaborazione personale” sarebbe stata gradita) molte delle descrizioni del romanzo, contribuisce a “sottolineare” attraverso il diverso atteggiamento, la differente connotazione fisica e la capacità di concepire la vita dei due: combattivo, ai limiti dell’indigenza il primo, ben pulito,incravattato ma spaurito il secondo con un’aura di capello biondiccio che lo rendeva simile a un “santo”.  Tra i due si interpone lo spettro della madre, della cui morte Lorenzo incolpa il fratello accusandolo con la sua nascita di averla uccisa, palliativo pretesto per sottolineare l’ambivalente sentimento contrastato di amore-odio e la figura della nonna, relegata in un ospizio ma più viva che mai, unico rappresentante di quell’unione familiare andata perduta. Gli anni della guerra incombono ma sembrano comunque distanti, lontani (fatta eccezione di qualche rarefatto dialogo sul 1935 della spedizione in Etiopia e sulla scelta del giovane Lorenzo di parteciparvi come avanguardista): l’attenzione della macchina da presa è incentrata sugli sguardi, sui giochi di luce e ombra del difficile contesto familiare entro cui la rivoluzione in atto costituisce solo il semplice contorno di una vicenda a tratti confusa commista di dolore e dolcezza.
Lo spettatore non può fare altro che prendere atto della bellezza del film assaporandone “visivamente” le parole poetiche del romanzo, descritte dalla voce narrante di Lorenzo/Vasco che rievoca, alla stregua di un triste Proust, gli eventi della sua giovinezza, i colori freddi di un periodo doloroso vissuto prima nell’invidia e successivamente nello spassionato e vano tentativo di restituire al fratello amato una vita da cui è stato strappato troppo presto senza goderne dei frutti. Citando Pratolini: “Per gli spiriti più immacolati e più corrotti la morte è sempre un’assuefazione di vita, è il compimento di una conoscenza poiché dei poveri di spirito sarà il regno dei cieli”. Meritato Leone d’oro a Venezia nel 1962 e Nastro Argento nel 1963 alla fotografia di Rotunno.

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