cheyenne
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mercoledì 23 marzo 2005
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pellicola introspettiva...
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Fantastica interpretazione di Audrey Hepburn,nella parte della monaca in eterno conflitto con le regole dell'ordine.
Abilissima nella ricerca scientifica,chiede di essere mandata in Africa in qualità di missionaria,ma non troverà la pace nemmeno lì.Sono continue le tentazioni a disobbedire agli ordini della superiora,specie,dopo essere stata rispedita a casa,in seguito alla malaria.
Interessante il rapporto col medico/chirurgo col quale lavora nel Continente Nero.
Alla fine lascerà i voti e se ne andrà dal convento senza nemmeno voltarsi indietro.
Pellicola molto introspettiva,nella quale si mette in risalto il conflitto tra ragione e religione!
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samanta
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martedì 26 ottobre 2021
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il grande silenzio. recensione
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Il film del 1959 è tratto da un romanzo basato su una storia vera: l'itinerario esistenziale e spirituale di una giovane nel Belgio del 1927.E' l'epoca d'oro di Hollywood che era in grado ogni anno nell'enorme quantità di film prodotti girati, di produrre pellicole di alta qualità come questa che ebbe 9 nomination all'Oscar, ma nessuna statuetta. Unica protagonista (con bravi comprimari) è Audrey Hepburn, nella parte di Gabrielle, una delle più grandi attrici del cinema, talento naturale anche se non coltivato in scuole di recitazione ma nella pratica di attrice e supportato da una vivida intelligenza. Regista è Fred Zinnemann uno dei più notevoli registi del cinema (2 Oscar: Da qui all'eternità, Un uomo per tutte le stagioni).
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Il film del 1959 è tratto da un romanzo basato su una storia vera: l'itinerario esistenziale e spirituale di una giovane nel Belgio del 1927.E' l'epoca d'oro di Hollywood che era in grado ogni anno nell'enorme quantità di film prodotti girati, di produrre pellicole di alta qualità come questa che ebbe 9 nomination all'Oscar, ma nessuna statuetta. Unica protagonista (con bravi comprimari) è Audrey Hepburn, nella parte di Gabrielle, una delle più grandi attrici del cinema, talento naturale anche se non coltivato in scuole di recitazione ma nella pratica di attrice e supportato da una vivida intelligenza. Regista è Fred Zinnemann uno dei più notevoli registi del cinema (2 Oscar: Da qui all'eternità, Un uomo per tutte le stagioni).
Gabrielle è una giovane belga figlia di un noto chirurgo il dr. Van der Mal, il padre accompagna la figlia che entra in un monastero di suore per cominciare l'iter vocazionale, il desiderio è di diventare monaca in un odine che ha come finalità di assistere i malati e poi diplomarsi infermiera e andare missionaria in Congo (allora colonia belga). L'ordine è di stretta osservanza e il padre l'aveva avvertita della rigida regola, di qui cominciano le difficoltà della giovane e specialmente l'osservanza del silenzio interiore e del grande silenzio che vieta in determinati periodi della giornata ogni tipo di comunicazione verbale. La ragazza affronta le difficoltà con grande coraggio, dopo le varie tappe (postulato, voti temporanei e voti perpetui diventando suor Lucia ) riesce a diplomarsi e ad andare in Congo, con sua delusione non viene destinata ad un ospedale per africani ma a quello destinato agli europei. Lì diventa collaboratrice del dr. Fortunati (Peter Finch) e sebbene ateo con lui instaura un buon rapporto non sentimentale, ma di rispetto della reciproca professionalità. Gabrielle deve ritornare in Belgio occupato dai tedeschi, assistendo i feriti decide di aiutare la Resistenza e di fare solo l'infermiera lasciando la vita monastica (con l'autorizzazione del vescovo e del Vaticano).
E' un ottimo film, che non descrive una banale storia di una crisi della fede dovuta magari a problemi sentimentali, anzi la fede viene rafforzata dal desiderio di occuparsi dei malati. Audrey aveva le idee chiare quando leggendo la sceneggiatura ottenne delle modifiche spiegando per iscritto al regista "temo che abbiamo un opinione ... diversa del modo di concepire suor Lucia. Mi infastidisce il fatto che alla fine della nostra storia suor Lucia dice di essere una "fallita". E' troppo intelligente per ostentare quella che ha me sembra falsa modestia. Vorrei che lei esprimesse che la sua fede e le sue speranze sono rinate, quando si è resa conto di operare da libero essere umano, ... voglio che né la suora e l'ordine sembrino fare la parte del cattivo." Queste parole da sole spiegano il contenuto del film diretto da Zinnemann con maestria coniugando asciuttezza descrittiva e spettacolo, avendo ebbe in Audrey un'eccezionale protagonista che realizzò una delle sue più memorabili interpretazioni, recitando con il saio che lasciava scoperti solo la faccia e le mani. Bravi i comprimari tra cui Peter Finch e Dean Jagger (dr. Van der Mal), in un cameo appare vestita da suora Ave Ninchi. Rigorosa ed accurata l'ambientazione della vita monastica e pregevole la fotografia degli esterni in Africa.
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elgatoloco
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venerdì 11 maggio 2018
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the nun's story notevole
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Film di qualità(peccato non abbia preso alcun"Oscar", nonostante tante candidature ottenute), questo"The Nun's Story"(1959), del solido regista austriaco naturalizzato USA, che mostra il dramma di una donna, in particolare, che lascia il laicato e il fidanzato ma anche gli agi borghesi(alto-borghesi)per diventare una suora missionaria, ma poi entra in crisi, a seguito della guerra, dei nazisti, di varie vicende umane e personali. Film delicato, intelligente, straordinariamente ben interpretato da Peter Finch e più ancora(per l'ovvio motivo del ruolo da protagonista assoluta)da Audrey Hepburn. Film "religioso", se intendiamo soprattutto l'afflato umano ad aiutare, a fare qualcosa per gli altri attivamente(quella che teologicamente si chiama"dimensione orizzontale", amore per il prossimo, mentre l'amore per Dio è definito"dimensione verticale), ma anche profondamente "laico" nel cogliere l'esistenza umana nelle sue problematicità, nei suoi dubbi, nella sua non-assolutezza, nella condizione di quell'"homo viator"che deve rimettersi sempre in discussione.
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Film di qualità(peccato non abbia preso alcun"Oscar", nonostante tante candidature ottenute), questo"The Nun's Story"(1959), del solido regista austriaco naturalizzato USA, che mostra il dramma di una donna, in particolare, che lascia il laicato e il fidanzato ma anche gli agi borghesi(alto-borghesi)per diventare una suora missionaria, ma poi entra in crisi, a seguito della guerra, dei nazisti, di varie vicende umane e personali. Film delicato, intelligente, straordinariamente ben interpretato da Peter Finch e più ancora(per l'ovvio motivo del ruolo da protagonista assoluta)da Audrey Hepburn. Film "religioso", se intendiamo soprattutto l'afflato umano ad aiutare, a fare qualcosa per gli altri attivamente(quella che teologicamente si chiama"dimensione orizzontale", amore per il prossimo, mentre l'amore per Dio è definito"dimensione verticale), ma anche profondamente "laico" nel cogliere l'esistenza umana nelle sue problematicità, nei suoi dubbi, nella sua non-assolutezza, nella condizione di quell'"homo viator"che deve rimettersi sempre in discussione. Anche la rappresentazione dell'Africa(Congo)e delle sue povertà materiali non ha nulla di folkloristico o di banalmente"documentaristico", anche se Zinnemann regista nasce anche come documentarista. Autore di western, di thriller, di film drammatici, l'autore, senza forse mai attingere la dimensione dei grandi, è però sempre rimasto a livello eccelso, come dimostrano film come"High Noon"(1952)e"Julia"(1977), oltre a questo, naturalmente. El Gato
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