andrea alesci
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martedì 14 giugno 2016
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la sorprendente rincorsa all'inaspettato
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Ci sono momenti che fissano indelebilmente le storie. Storie inventate oppure storie vere. Vere come quella di McFarland, USA: piccolo paese Californiano dove non servono hamburger ma tacos, burritos, quesadilla; e nome dell’omonima scuola dove coach Jim White (Kevin Costner) viene mandato dopo una grave intemperanza con la squadra di football che allenava in Idaho.
Dal confine col Canada a quello col Messico per fare l’insegnante, muovendosi insieme alla moglie Cheryl (Maria Bello) e alle figlie Julie (Morgan Saylor) e Jamie (Elsie Fisher). Calato in una realtà latina che contrasta col quel suo cognome White.
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Ci sono momenti che fissano indelebilmente le storie. Storie inventate oppure storie vere. Vere come quella di McFarland, USA: piccolo paese Californiano dove non servono hamburger ma tacos, burritos, quesadilla; e nome dell’omonima scuola dove coach Jim White (Kevin Costner) viene mandato dopo una grave intemperanza con la squadra di football che allenava in Idaho.
Dal confine col Canada a quello col Messico per fare l’insegnante, muovendosi insieme alla moglie Cheryl (Maria Bello) e alle figlie Julie (Morgan Saylor) e Jamie (Elsie Fisher). Calato in una realtà latina che contrasta col quel suo cognome White. Un Blanco fuori posto nella morsura estenuante della Baja California, eppure capace di trovare l’ombra che può dare sollievo al tempo e cambiare il normale ordine delle cose.
L’imprevedibile che scardina l’abitudine: un team di cross country. Sette ragazzi che nel proprio futuro hanno soltanto un orizzonte di raccoglitori nei campi, ma che nella corsa possono trovare il riscatto a un destino segnato. In quella corsa che uno di loro rende immortale con i versi della poesia: eccolo, il momento che nel film ben diretto dalla neozelandese Niki Caro resta scolpito nella nostra mente. Il momento in cui l’insegnante di Lettere rende grazie a Jim White per il suo lavoro, leggendogli i versi scritti dal giovane Jose Cardenas (Jonny Ortiz): Voliamo come merli tra i frutteti / fluttuanti nel vento caldo. / Quando corriamo, la terra è nostra. / Il terreno è nostro. / Parliamo la lingua degli uccelli. / Non siamo più stranieri. / Non più stupidi messicani. / Quando corriamo, le nostre anime volano. / Parliamo con gli dèi. / Quando corriamo, noi siamo gli dèi.
Nella polvere delle colline, sotto le chiome degli aranci, su e giù dai montoni di mandorle che stanno tutti attorno a McFarland si realizza qualcosa che nessuno aveva mai immaginato, che nessuno si sarebbe mai figurato: sette raccoglitori che diventano corridori e un uomo bianco che diventa parte di quel mondo di raccoglitori.
Ma in ogni storia anche il sogno più bello può incorrere in un insospettabile urto che rischia d’incrinarlo irrimediabilmente. Quella crepa che si manifesta quando tutto sembra perfetto. Quella crepa che piomba nella vita della famiglia White dopo che – con l’aiuto di Sammy Rosaldo (Danny Mora) e dei parenti dei ragazzi – Jim allestisce una festa da sogno per i 15 anni della figlia Julie. Sarà un incidente che le capita mentre sfila per le vie di McFarland a far vacillare Jim White. A farlo andare a Palo Alto per un colloquio e sapere che lo assumerebbero a tempo pieno come coach di atletica. A rendergli ostile il migliore della sua squadra, Thomas Valles (Carlos Pratts), proprio prima della storica finale di stato conquistata.
Ma anche la crepa più infida può essere ricomposta. Ed è McFarland che riesce a farlo: il paese che nulla sembra avere dell’American Dream e la scuola a budget ridotto dov’è andato a insegnare Jim White. McFarland non soltanto partecipa ma vince il primo di nove titoli statali (dal 1987 al 2001) nel cross country, sempre allenati da quel Blanco che accese il sogno di sette ragazzi, semplicemente lustrando il luccichio di un talento intravisto.
Il film di Niki Caro è un balsamo per le speranze di chi vuole credere nell’inaspettato. E vive di momenti che i ralenti, le musiche di Antonio Pinto e le parole inglesi e spagnole impastate in una creta indissolubile rendono speciali. Come la grazia della corsa.
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mario nitti
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domenica 6 settembre 2015
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buoni spunti, ma la disney non ci crede
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Il film inizia con il classico: “Basato su una storia vera”. Un allenatore di footbal di una scuola superiore, dopo l’ennesima lite con i giocatori, perde il lavoro e deve trasferirsi, con la famiglia, a McFarland, una cittadina abitata esclusivamente da ispanici impiegati nella raccolta di frutta e verdura. I ragazzi vanno a scuola dopo essersi alzati all’alba per lavorare.
Un luogo di confine e un uomo spinto ai margini della vita servono alla Walt Disney per confezionare un film molto molto americano sulla seconda possibilità che a ciascuno è offerta e sul fatto che il grande sogno continua, oggi come un tempo, ad essere accessibile a chi è disposto a soffrire per conquistarlo.
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Il film inizia con il classico: “Basato su una storia vera”. Un allenatore di footbal di una scuola superiore, dopo l’ennesima lite con i giocatori, perde il lavoro e deve trasferirsi, con la famiglia, a McFarland, una cittadina abitata esclusivamente da ispanici impiegati nella raccolta di frutta e verdura. I ragazzi vanno a scuola dopo essersi alzati all’alba per lavorare.
Un luogo di confine e un uomo spinto ai margini della vita servono alla Walt Disney per confezionare un film molto molto americano sulla seconda possibilità che a ciascuno è offerta e sul fatto che il grande sogno continua, oggi come un tempo, ad essere accessibile a chi è disposto a soffrire per conquistarlo.
Peccato che la Walt Disney non creda fino in fondo nella sceneggiatura di cui dispone e la affidi ad un regista fiacco come Niki Caro. Gli spunti interessanti, sia narrativi, sia estetici, di un racconto che aveva delle potenzialità sono puntualmente sotto utilizzati e il risultato finale è più un film per la TV che un film per il grande schermo. Peccato. Le idee c’erano.
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