dandy
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martedì 8 maggio 2012
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the steel helmet
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Al suo terzo film,Fuller racconta la guerra di Corea in modo diretto ed energico.Lunghe attese alternate a scene parossistiche e combattimenti sanguinosi.Amicizie viril e conflitti di interessi con superiori e compagni.E naturalmente la morte sempre in agguato.Sapiente utilizzo del montaggio,e intelligente gioco di contrasti tra il vitalismo americano e il misticismo orientale.Notevole l'immagine della flebo appesa alla mano della statua di Buddha.Budget esiguo ma ben sfruttato.Polemiche all'epoca non solo per il realismo schietto della guerra e l'antieroismo sfacciato del protagonista(già allora Fuller aveva le idee chiare in merito),ma anche per la scena in cui Zack,ucciso un prigioniero per stizza,afferma di non credere alla convenzione di Ginevra,che l'uomo in guerra è una macchina,un animale.
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Al suo terzo film,Fuller racconta la guerra di Corea in modo diretto ed energico.Lunghe attese alternate a scene parossistiche e combattimenti sanguinosi.Amicizie viril e conflitti di interessi con superiori e compagni.E naturalmente la morte sempre in agguato.Sapiente utilizzo del montaggio,e intelligente gioco di contrasti tra il vitalismo americano e il misticismo orientale.Notevole l'immagine della flebo appesa alla mano della statua di Buddha.Budget esiguo ma ben sfruttato.Polemiche all'epoca non solo per il realismo schietto della guerra e l'antieroismo sfacciato del protagonista(già allora Fuller aveva le idee chiare in merito),ma anche per la scena in cui Zack,ucciso un prigioniero per stizza,afferma di non credere alla convenzione di Ginevra,che l'uomo in guerra è una macchina,un animale.Questa frase nell'edizione italiana non si sente.Sceneggiatura del regista.
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paolp78
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domenica 8 ottobre 2023
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innovativo e di rottura
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Film sulla Guerra di Corea di Samuel Fuller, girato nel pieno del conflitto bellico (il film uscì nel 1951 – la Guerra di Corea venne combattuta tra il 25 giugno 1950 e il 27 luglio 1953).
Fuller che fu un regista atipico nel panorama statunitense e sicuramente anticonvenzionale, girò un film molto innovativo e di rottura rispetto alla prevalente filmografia di guerra americana di quegli anni e dei decenni precedenti.
In modo molto intelligente Fuller, senza scadere nell’antimilitarismo militante e più disturbante, veicola messaggi riflessivi e critici, distinguendosi chiaramente dal cinema di propaganda bellica. L’opera non propone un’esaltazione dei valori degli Stati Uniti, anzi ne mette in risalto alcune gravi contraddizioni, quali le ingiustizie che ancora esistevano nella società americana del tempo in tema di diritti civili (le discriminazioni verso i neri e i campi di concentramento in cui furono rinchiuse le popolazioni di origine nipponica che si trovavano in America ai tempi della Seconda Guerra Mondiale).
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Film sulla Guerra di Corea di Samuel Fuller, girato nel pieno del conflitto bellico (il film uscì nel 1951 – la Guerra di Corea venne combattuta tra il 25 giugno 1950 e il 27 luglio 1953).
Fuller che fu un regista atipico nel panorama statunitense e sicuramente anticonvenzionale, girò un film molto innovativo e di rottura rispetto alla prevalente filmografia di guerra americana di quegli anni e dei decenni precedenti.
In modo molto intelligente Fuller, senza scadere nell’antimilitarismo militante e più disturbante, veicola messaggi riflessivi e critici, distinguendosi chiaramente dal cinema di propaganda bellica. L’opera non propone un’esaltazione dei valori degli Stati Uniti, anzi ne mette in risalto alcune gravi contraddizioni, quali le ingiustizie che ancora esistevano nella società americana del tempo in tema di diritti civili (le discriminazioni verso i neri e i campi di concentramento in cui furono rinchiuse le popolazioni di origine nipponica che si trovavano in America ai tempi della Seconda Guerra Mondiale).
Si tratta di un film di guerra robusto che mostra la guerra senza fare sconti e senza nasconderne le atrocità, differenziandosi anche in questo rispetto alle pellicole classiche. Lo spirito di corpo tra le truppe dei militari, viene raccontato, ma viene risaltato anche il cinismo e la rudezza di quegli ambienti.
Altro elemento di rottura rispetto alla filmografia precedente è senza dubbio costituito dalla figura del protagonista, che non è più il soldato modello spinto da nobili e sacrosanti ideali, bensì un antieroe che conquista il pubblico proprio per le sue contraddizioni, ambiguità ed imperfezioni.
Ottima la sceneggiatura, scritta anch’essa da Fuller che è ideatore anche del soggetto; apprezzabili i bei dialoghi. Molto stuzzicante, la contrapposizione tra il sergente protagonista, interpretato da Gene Evans, attore molto utilizzato da Fuller, e il tenente a capo del drappello di soldati a cui lo stesso protagonista si aggrega, questo interpretato da Steve Brodie; questo elemento della storia in realtà poteva essere sfruttato ancora maggiormente e meglio approfondito. Molto commovente e reso in modo ancora migliore, è l’altro rapporto umano messo in primo piano, quello che il protagonista ha con il ragazzino sud-coreano chiamato “mezza palla” (“short round” nella versione originale).
Nel cast si ricordano anche i caratteristi Robert Hutton, James Edwards e Richard Loo.
Altro punto di forza del film sono le ottime riprese di Fuller, davvero bravissimo nelle scene dei combattimenti che sono rese in modo molto avvincente, credibile e tecnicamente impeccabile.
Il titolo originale del film “The Steel Helmet”, letteralmente l’elmetto d’acciaio, è riferito all’elmetto del personaggio interpretato da Evans che assume un ruolo simbolico, pienamente esplicitato nell’ottimo e toccante finale.
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