cristiana vettori
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martedì 24 febbraio 2009
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tanti episodi criminali collegati da un filo rosso
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Nel pomeriggio Fulvio Wetzl ha presentato presso l'Arsenale il film-documento "Libera nos a malo" per un pubblico di studenti e insegnanti. Il film sfata la leggenda di una "Lucania felix", una regione libera da infiltrazioni e da presenze della malavita organizzata: in realtà una serie di casi irrisolti, di sparizioni misteriose, di omicidi palesemente camuffati rivela quanto le mafie delle regioni limitrofe abbiano qui operato al servizio dei potenti locali, permettendo loro un completo controllo del territorio e una vera e propria impunità. Il film si avvale della collaborazione di don Marcello Cozzi, referente di Libera per la regione Basilicata, che ha fatto conoscere questa drammatica realtà con il libro "Quando la mafia non esiste.
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Nel pomeriggio Fulvio Wetzl ha presentato presso l'Arsenale il film-documento "Libera nos a malo" per un pubblico di studenti e insegnanti. Il film sfata la leggenda di una "Lucania felix", una regione libera da infiltrazioni e da presenze della malavita organizzata: in realtà una serie di casi irrisolti, di sparizioni misteriose, di omicidi palesemente camuffati rivela quanto le mafie delle regioni limitrofe abbiano qui operato al servizio dei potenti locali, permettendo loro un completo controllo del territorio e una vera e propria impunità. Il film si avvale della collaborazione di don Marcello Cozzi, referente di Libera per la regione Basilicata, che ha fatto conoscere questa drammatica realtà con il libro "Quando la mafia non esiste. Malaffare e affari della mala in Basilicata"- Edizioni Gruppo Abele, arrivato alla sesta edizione in pochi mesi.
Marcello Cozzi ci accompagna, nel documentario, mostrando i luoghi dove sono avvenuti gli omicidi e le sparizioni, e svelando situazioni e nomi ben conosciuti al pubblico locale e nazionale: dal 1993 al 2008 sei persone scomparse e una decina di omicidi, tutti casi irrisolti con esecutori e mandanti ignoti. Rivelazioni in seguito alle quali Cozzi è stato oggetto di intimidazioni e minacce cosicché ora è costretto a vivere sotto scorta, a conferma purtroppo della estrema precarietà del sistema democratico del nostro paese.
Il film approfondisce in particolare i casi di Elisa Claps, una giovane donna scomparsa da Potenza nel 1993, di cui si è ripetutamente occupata anche la trasmissione Chi l'ha visto, e dei due fidanzati di Policoro, Luca e Marirosa, morti nel 1988 ufficialmente per un incidente domestico, ma con segni assai sospetti: le madri di Elisa e di Luca, che Silvana Silvestri sul Manifesto paragona alle madri di Plaza de Mayo, non si rassegnano e cercano da tempo verità e giustizia. Il cuore del film è costituito dal lungo, toccante monologo di Olimpia Orioli, madre di Luca, nel quale la donna rivendica il diritto di mostrare pubblicamente il proprio dolore senza chiudersi nel silenzio e nella rassegnazione come invece vorrebbero gli assassini del figlio e la rete di complicità che li protegge.
Nella replica serale il film è stato presentato da don Armando Zappolini, di Libera Toscana, il quale ha riconosciuto a don Cozzi e a Wetzl il merito di aver saputo collegare tanti singoli episodi e circostanze in un filo rosso che purtroppo disegna una realtà poco conosciuta e preoccupante del nostro paese.
Il film è in realtà solo parte di un lavoro più ampio contenuto in un DVD che si trova in commercio, prodotto da Libera - grazie anche ai proventi del libro di don Cozzi - e dalla Vawe di Wetzl. Il regista ha risposto alle numerose domande del pubblico in sala, invitandolo a proseguire la discussione con commenti e osservazioni nel forum dedicato in My Movies.
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davidebellanti cineocchio
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martedì 24 febbraio 2009
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da vedere per l’importanza dell’argomento
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La Basilicata è spesso stata soprannominata la Regione “felice” del meridione italiano, sia per la sua scarsa disoccupazione e alta produzione industriale (Fiat e Barilla tra tutte) che per la quasi totale assenza di una propria organizzazione criminale indigena. Questo documentario costruito quasi come una sorta di servizio di “Chi l’ha visto” cerca di portare alla conoscenza una serie di casi non risolti, occultati e inspiegabili accaduti negli ultimi venti anni. Partendo dalla testimonianza, che fa quasi da voce narrante del documentario, di don Marcello Cozzi, responsabile dell’Associazione Libera contro le Mafie, il documentario di Wetzl cerca di farci entrare nel vivo di quelli che forse sono stati i due casi più misteriosi e irrisolti delle due province lucane, Potenza e Matera.
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La Basilicata è spesso stata soprannominata la Regione “felice” del meridione italiano, sia per la sua scarsa disoccupazione e alta produzione industriale (Fiat e Barilla tra tutte) che per la quasi totale assenza di una propria organizzazione criminale indigena. Questo documentario costruito quasi come una sorta di servizio di “Chi l’ha visto” cerca di portare alla conoscenza una serie di casi non risolti, occultati e inspiegabili accaduti negli ultimi venti anni. Partendo dalla testimonianza, che fa quasi da voce narrante del documentario, di don Marcello Cozzi, responsabile dell’Associazione Libera contro le Mafie, il documentario di Wetzl cerca di farci entrare nel vivo di quelli che forse sono stati i due casi più misteriosi e irrisolti delle due province lucane, Potenza e Matera. La scomparsa di Elisa Claps ci è raccontata dalla madre e dal fratello facendocela vivere quasi in prima persona, ripercorrendo con le immagini il tragitto tortuoso tipico del Potentino, che la stessa ragazza ha fatto il 12 Settembre del 1993 prima di sparire. In seguito, Olimpia Orioli, con un sentito dolore materno ci racconta i tragici avvenimenti che nel 1988 a Policoro hanno portato alla morte di suo figlio Luca e della sua fidanzata in circostanze ancora oggi non “illuminate”. E quello che decisamente risalta all’occhio è l’assenza di indagini e l’occultamento di prove che hanno coinvolto questi casi. In maniera innegabile quindi il tema di questo documentario è interessante e sotto molti punti di vista originale nella sua verità, ma dal punto di vista di post-produzione ha non poche lacune e mancanze. Il montaggio spesso è grossolano e fastidioso e la fotografia del tutto inesistente, frequenti sono le immagini sovraesposte. E in conclusione, dopo che il documentario per quasi tutta la sua durata ci aveva quasi abituato a riconoscere in don Marcello Cozzi la figura di narratore, dà un notevole fastidio sentire la voce del regista fuoricampo che si fa all’occasione giornalista e pone le ultime domande a Olimpia Orioli. Una nota di apprezzamento va alle musiche di Giovanni Fusco che però sono “rubate” a L’Avventura e L’eclisse di Antonioni. Da vedere per l’importanza dell’argomento.
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