paola di giuseppe
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mercoledì 28 aprile 2010
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shigeru, una tavola e il mare
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Una massa liquida blu notte,vellutata, dà l’incipit, pochi secondi.Segue lo sferragliare disturbante del camion che raccoglie i rifiuti e in primo piano il viso assorto di Shigeru.
Al muretto di cemento grigio fra il mare e il resto del mondo, diaframma straniante e consueto lungo le coste del mondo post-industriale,sono appoggiati una vecchia tavola da surf,una bici scassata,rifiuti.
Shigeru,il sordomuto,sta guardando il mare.Quella tavola tornerà a prenderla,dopo un po’,non la prende subito,
“Quando lavori devi impegnarti, sembri un pesce fuor d’acqua!”blatera l’altro,partendo.
Venti metri e si fermano,scende di corsa e recupera la tavola.
Inizia il restauro al polistirolo,parte la colonna sonora di Hisaishi,sembra azzurra anche lei,carrellata veloce su facciate di una periferia di cemento e la ragazzina di Shigeru entra in scena,in un equilibrio chiastico di gialli e blu.
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Una massa liquida blu notte,vellutata, dà l’incipit, pochi secondi.Segue lo sferragliare disturbante del camion che raccoglie i rifiuti e in primo piano il viso assorto di Shigeru.
Al muretto di cemento grigio fra il mare e il resto del mondo, diaframma straniante e consueto lungo le coste del mondo post-industriale,sono appoggiati una vecchia tavola da surf,una bici scassata,rifiuti.
Shigeru,il sordomuto,sta guardando il mare.Quella tavola tornerà a prenderla,dopo un po’,non la prende subito,
“Quando lavori devi impegnarti, sembri un pesce fuor d’acqua!”blatera l’altro,partendo.
Venti metri e si fermano,scende di corsa e recupera la tavola.
Inizia il restauro al polistirolo,parte la colonna sonora di Hisaishi,sembra azzurra anche lei,carrellata veloce su facciate di una periferia di cemento e la ragazzina di Shigeru entra in scena,in un equilibrio chiastico di gialli e blu.
Blue Bunny (la tavola) Shigeru e Takako dal sorriso di bambina vanno in spiaggia,allineati, ritmici,lungo quel muretto,e lo faranno tante volte,e il loro passaggio sullo sfondo sarà scandito dalle risate beffarde degli sbruffoncelli di quartiere.
Mentre Shigeru entra in acqua per la prima volta,così com’è, braghe e maglietta,un sorriso appena accennato, non pensa che ad entrare e accarezzare il suo mare,c’è qualcosa nella figura ripresa di spalle,in controluce,che ricorda Charlot che trotterella allontanandosi lungo la strada.
La musica continua,sembra fatta di gocce d’acqua,la piccola donna aspetta,mite,lo guarda e sorride;Shigeru prova,riprova,cade,ricade,annaspa,il mare lo avvolge,le onde lo sovrastano,rotolando piene di schiuma.
Dalla spiaggia lo guardano,ridono,commentano e poi la tavola si spacca,il polistirolo del restauro non regge al mare.
I sottotesti che Kitano inserisce danno movimento e distanza insieme,Shigeru sembra astratto dal mondo intorno, lui e la sua tavola sotto braccio e l’oceano,fisso e mutevole insieme.
L’occhio del regista segue lento,scarnifica la storia mentre cresce,tesse la rete delle emozioni regolando sulla misura minima tutti i codici della rappresentazione,la camera fissa prevale,piani medi e lunghi segnano la distanza tra il protagonista e i luoghi della rappresentazione,il montaggio alla Bresson è dichiarato.
Si respira l’aria del muto nelle atmosfere rarefatte e negli spazi bianchi che scandiscono il tempo della narrazione attraverso la sintassi paratattica delle scene,e Shigeru diventa così l’uomo che si allontana dalla città e conquista il mare fino a confondersi con esso.
Lo scarto della storia è dato dalla nuova tavola,la meno cara,e dalla muta che il bottegaio generoso gli regala con l’iscrizione alla gara di surf.
Il percorso di formazione prende quota,Shigeru diventa un surfista esperto,partecipa e vince.La foto di gruppo è d’obbligo,mentre il violoncello segue le note del piano in un adagio che dilata tempo e spazio.
Shigeru è ora pronto per il completamento dell’esperienza iniziatica,come Sugata Sanshiro di Kurosawa troverà il “suo” fiore di loto nel mare che lo assorbirà completamente.
La tavola che galleggia solitaria sotto il cielo plumbeo nella scena finale,mentre Takako guarda dalla riva,è ciò che il mare restituisce perché il rituale si compia.
Quella foto della vittoria è l’ultimo tributo al mare ed è affidata alla tavola.
Nel post-finale le emozioni defluiscono,brevi flash si susseguono come in un trailer dello stesso film,Kitano guarda i suoi due eroi,un po’ si commuove e un po’ sorride,a denti stretti.
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stefano capasso
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domenica 24 gennaio 2021
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il suono che ci fa ascoltare il non suono
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Shigeru lavora come netturbino: è un giovane ragazzo sempre con la testa altrove ed è sordomuto. Un giorno trova tra la immondizia un vecchio surf malandato. Dopo averlo sistemato comincia ad allenarsi ogni giorno, accompagnato dalla fidanzata Takako, anche lei sordomuta. Per Shigeru il surf diventa una vera ossessione, tanto che lascia il lavoro e le sue giornate silenziose sulla spiaggia poco a poco cominciano a portare dei risultati, tanto che entra nel gruppo dei surfisti locali e partecipa alle prime gare. Le soddisfazioni cominciano ad arrivare ma non dureranno a lungo.
Taakeshi Kitano mette in scena una storia dove l’amore è ciò che emerge su ogni cosa.
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Shigeru lavora come netturbino: è un giovane ragazzo sempre con la testa altrove ed è sordomuto. Un giorno trova tra la immondizia un vecchio surf malandato. Dopo averlo sistemato comincia ad allenarsi ogni giorno, accompagnato dalla fidanzata Takako, anche lei sordomuta. Per Shigeru il surf diventa una vera ossessione, tanto che lascia il lavoro e le sue giornate silenziose sulla spiaggia poco a poco cominciano a portare dei risultati, tanto che entra nel gruppo dei surfisti locali e partecipa alle prime gare. Le soddisfazioni cominciano ad arrivare ma non dureranno a lungo.
Taakeshi Kitano mette in scena una storia dove l’amore è ciò che emerge su ogni cosa. L’amore tra le persone, l’amore per un’attività appassionante, il tutto caratterizzato dalla costanza, dalla durata nel tempo. Kitano riesce a ritrarre con grande profondità diversi personaggi, ognuno dei quali caratterizzato dalle proprie manie, senza particolari virtuosismi, se non quello del tempo. Il tempo che lascia allo spettatore per entrare in contatto con la storia e i suoi protagonisti, fino ad empatizzare con le loro necessità. Seppure i dialoghi quasi assenti, il film è tutt’altro che silenzioso, almeno in superficie. I suoni ambientali, in special modo il mare, e la colonna sonora quasi onnipresente costituiscono quel tappeto sonoro denso che aiuta lo spettatore ad immergersi nel mondo dei due protagonisti; è un tappeto sonoro che isola da tutto il resto e che quasi ci porta a sperimentare la condizione di Shigeru e Takako: loro non possono ascoltare altro che il suono della loro vita interiore e, al contrario, è proprio grazie ai suoni che lo spettatore può sintonizzarsi su quella stessa vita interiore.
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ennio
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giovedì 27 settembre 2018
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un pò di noia e un pò di delicati sentimenti
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Film che ti lascia un gran senso di tristezza e quindi non resta anonimo nella memoria.
Se dovesse esserci una trama, posto che ci sia, sarebbe ridicola, così come ridicole sono le musichette anni '80 che accompagnano tutto il film: un ragazzo sordomuto trova un surf abbandonato, comincia a surfare, si appassiona, incoraggiato silentemente dalla sua fidanzata anch'essa sordomuta. Poi partecipa a un torneo di surf ma non vince e si intristisce, con finale tragico e sentimentale. Attorno ai due ragazzi ruota un gruppo di altri ragazzi giovani e colleghi, impegnati a fare cose molto banali e molto banalmente giapponesi.
Si guarda spesso l'orologio per vedere quanto manca alla fine, ma quantomeno il film ha il pregio di avere una prima parte più noiosa della seconda.
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Film che ti lascia un gran senso di tristezza e quindi non resta anonimo nella memoria.
Se dovesse esserci una trama, posto che ci sia, sarebbe ridicola, così come ridicole sono le musichette anni '80 che accompagnano tutto il film: un ragazzo sordomuto trova un surf abbandonato, comincia a surfare, si appassiona, incoraggiato silentemente dalla sua fidanzata anch'essa sordomuta. Poi partecipa a un torneo di surf ma non vince e si intristisce, con finale tragico e sentimentale. Attorno ai due ragazzi ruota un gruppo di altri ragazzi giovani e colleghi, impegnati a fare cose molto banali e molto banalmente giapponesi.
Si guarda spesso l'orologio per vedere quanto manca alla fine, ma quantomeno il film ha il pregio di avere una prima parte più noiosa della seconda.
Più che un film è un documentario sui sentimenti, non solo quelli dei protagonisti ma anche quelli dello spettatore.
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