salvo
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martedì 11 novembre 2014
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l'ora che va dalla notte profonda all'alba.
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L'ora del lupo è l'ora che va dalla notte profonda all'alba.
E' l'ora di cui parla anche Nanni Moretti nel suo film Caro diario. I figli unici, per paura, si rifugiano nei letti dei genitori.
Si tratterebbe di qualcosa di riconducibile all'ancestrale paura del buio.
La genesi e' nel manoscritto Gli antropofagi. Dal quale aveva tratto una sceneggiatura che si chiamava I mangiatori di uomini. La storia di un uomo perseguitato da incubi animati da demoni.
I. Bergman l'aveva farcita di iniezioni di autobiografismo, condite con le immagini di Stregonerie attraverso i secoli, di Benjamin Christensen e del carretto fantasma di Viktor Sjostrom.
Ma la genesi, va ricercata... “In una incisione di Axel Fridell, dove si vede un gruppo di grotteschi antropofagi in procinto di lanciarsi su una ragazzina.
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L'ora del lupo è l'ora che va dalla notte profonda all'alba.
E' l'ora di cui parla anche Nanni Moretti nel suo film Caro diario. I figli unici, per paura, si rifugiano nei letti dei genitori.
Si tratterebbe di qualcosa di riconducibile all'ancestrale paura del buio.
La genesi e' nel manoscritto Gli antropofagi. Dal quale aveva tratto una sceneggiatura che si chiamava I mangiatori di uomini. La storia di un uomo perseguitato da incubi animati da demoni.
I. Bergman l'aveva farcita di iniezioni di autobiografismo, condite con le immagini di Stregonerie attraverso i secoli, di Benjamin Christensen e del carretto fantasma di Viktor Sjostrom.
Ma la genesi, va ricercata... “In una incisione di Axel Fridell, dove si vede un gruppo di grotteschi antropofagi in procinto di lanciarsi su una ragazzina. Tutti aspettano che la candela della stanza, che si va oscurando, si spenga. Un debole vecchio la protegge. Un autentico Antropofago in costume da clown attende nell'ombra che la candela si consumi. Ovunque nel buio s'intravedono figure terrificanti.”
A tutto si aggiunga il cote' autobiografico, rappresentato dal forte esaurimento nervoso derivante dal carico di superlavoro di Persona. Ma anche effetto della morte della madre; dei problematici rapporti della madre col padre; dei suoi problematici rapporti col padre; della paura della morte e della relativa angoscia del vivere.
I primi contatti con la morte risalgono alle sue frequentazioni con il parco dell'ospedale di Sophiahemmet, dove accompagnava il padre chiamato a celebrare la messa nella cappella.
Lì si imbatté un giorno nella cappella mortuaria nel cuore del parco.
Un'altra esperienza traumatica fu la profonda crisi matrimoniale dei suoi genitori.L'esperienza che lasciò un segno indelebile nella psiche del bambino I. Bergman fu quando rimase chiuso per qualche ora nell'obitorio. Come devono aver influito i racconti della nonna.
L'ora del lupo è uno dei film di Ingmar Bergman più ricco di citazioni autobiografiche ma è anche ricchissimo di citazioni tratte dalla sua ricca filmografia: il protagonista Johan si chiama Borg, come Isak Borg.
L'amante di Johan, Veronica si chiama di cognome, Vogler, come la Elisabeth Vogler di Persona, e come l'ipnotizzatore de Il volto.
Jonathan Vogler era un virtuoso del violino che frequentava l'Accademia, marito di un'amica di Kabi Laretei, musicista, che Ingmar Bergman sposò nel
settembre del 1959. C'è un ragno anche in questo film, anche se con funzione diversa, ma come quello citato da Karin nell'altro film Come in uno specchio.
La moglie del pittore Johan si chiama Alma, come l'infermiera di Persona e la moglie del clown bianco Frost di Una vampata d'amore.
Infine, Johan, truccato da Lindhorst per l'incontro con la sua vecchia amante, evoca il personaggio di Frost, il clown bianco, marito di Alma, di Una vampata d'amore.
L'ora del lupo e' una favola gotica. L'immagine del marchen è evocata nel film dalle scene al buio; dal castello; dai demoni che si materializzano; dal demone stesso che assume le sembianze del corvo; dagli stormi di corvi e di altri uccelli che svolazzano sul castello del barone; dal barone von Merckens che levita disinvolto nell'aria mentre Johan incontra la sua Veronica Vogler; dal demone che cammina sui muri come un geco, sfidando anch'egli la legge di gravità; dall'altro episodio surreale di una vecchia che quando si toglie il cappello si stacca anche la faccia e depone un suo bulbo oculare nel bicchiere dello sherry.
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noia1
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giovedì 10 aprile 2014
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un'opera irraggiungibile nella sua originalità
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Un artista e sua moglie vanno a vivere su un'isola deserta, fin da subito è possibile percepire una certa instabilità nell'uomo. Sull'isola poi i due fanno la conoscenza di un'ambigua famiglia, questa famiglia scatenerà completamente gli incubi e le paure dell'artista. In un'angoscia sempre crescente realtà e finzione si confonderanno divorando il marito mentre sua moglie non potrà far altro che un disperato tentativo di fuga da quel mondo perverso. Un film angosciante e dalle atmosfere claustrofobiche, regnano la desolazione e la pace, una pace dietro cui però si nasconde un'ambiguità disturbante e che lascerà il segno su entrambi i protagonisti (forse anche sullo spettatore). Un dramma con venature perverse e orrorifiche che fa del paradosso e del traumatico la sua arma vincente, il tutto è reso ancora meglio dalle atmosfere di abbandono e dalle musiche terrorizzanti.
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cinefilo
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martedì 23 settembre 2008
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non un capolavoro, ma un ottimo film
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film inquietantissimo, ti trascina in un incubo ad occhi aperti, bellissima fotografia, straordinaria Liv Ullman come sempre. Da vedere da soli al buio in una notte invernale.
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breberto
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sabato 16 agosto 2008
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quando anche un bergman sonnecchia o dorme
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Mai visto un film di Bergman più noioso e manieristico di questo che è apparso ora in DVD e non era disponibile in VHS. Potevano lasciarlo dov'era. I temi di Bergman ci sono (le ossessioni, le visioni, la morte, il deserto del sesso, l'impossibilità di comunicare) ma stavolta siamo al 'bergmanismo', non c'è lucidità e ironia. Il volto perennemente cupo e scavato di Max von Sidow, i suoi persistenti silenzi, irritano soltanto e ci fanno rimpiangere i suoi silenzi ben più significativi di IL SETTIMO SIGILLO, ma anche di IL VOLTO che, al confronto di questo, è un miracolo di perspicuità.
Ci sono molti volti abituali di Bergman, fra cui un ancor giovane Josephson e la vecchia che, in IL POSTO DELLE FRAGOLE interpreta la madre del protagonista.
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Mai visto un film di Bergman più noioso e manieristico di questo che è apparso ora in DVD e non era disponibile in VHS. Potevano lasciarlo dov'era. I temi di Bergman ci sono (le ossessioni, le visioni, la morte, il deserto del sesso, l'impossibilità di comunicare) ma stavolta siamo al 'bergmanismo', non c'è lucidità e ironia. Il volto perennemente cupo e scavato di Max von Sidow, i suoi persistenti silenzi, irritano soltanto e ci fanno rimpiangere i suoi silenzi ben più significativi di IL SETTIMO SIGILLO, ma anche di IL VOLTO che, al confronto di questo, è un miracolo di perspicuità.
Ci sono molti volti abituali di Bergman, fra cui un ancor giovane Josephson e la vecchia che, in IL POSTO DELLE FRAGOLE interpreta la madre del protagonista.
A proposito, pensando al POSTO DELLE FRAGOLE - indiscusso capolavoro - e questo film che è di dieci anni dopo, uno potrebbe essere indotto a dire: "Caro Bergman, che involuzione!". Non è vero: basterebbe pensare a SUSSURRI E GRIDA del 1973 e a FANNY E ALEXANDER del 1982 che sono fra gli esiti più alti del regista svedese.
Allora verrebbe voglia di dire a Bergman (come si dice da qualche tempo a Woody Allen): 'Maestro, ma perchè non ha fatto qualche film in meno?". Un film come questo serve solo a dare ragione ai detrattori di Bergman.
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