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Supernova racconta la lentezza del dolore. Ci fa sentire come cambia la percezione del tempo e la nostra coscienza quando realizziamo che qualcosa di bello, che ci ha accompagnato per un lunghissimo tempo, presto ci abbandonerà per sempre. Qualcosa di così radicato nella nostra vita che staccandosi da noi strapperà con forza e trascinerà con sé una parte del nostro esistere quotidiano.
Narra l’attesa delle inesorabili conseguenze di una malattia che giorno dopo giorno svuoterà il corpo della persona amata della sua anima, lasciandolo come un involucro vuoto o peggio ancora, sostituendone lo spirito con un demone capriccioso che si divertirà a irridere, tormentare i ricordi di un’intera vita, logorandone con implacabile persistenza la bellezza, il senso (vediThe Father – Nulla è come sembra).
È davvero difficile trovare una ragione per cui il periodo conclusivo, l’uscita di scena debbano essere segnati da così tanto cieco e irrazionale dolore.
È una storia che contrappone al peso dell’essere nel mondo la straordinaria levità che i sentimenti possono assumere, specie quando si dispiegano in uno spirito generoso dove la sofferenza ha già scavato in profondità.
Il vero protagonista è il coraggio.
Il coraggio di Sam che è disposto a sacrificare tutto pur di stare accanto a Tusker fino alla fine.
Il coraggio di Tusker che si congeda dal genere umano prima che la malattia, privandolo di ogni capacità di giudizio, lo trasformi in un ostacolo alla vita di Sam.
Il coraggio di regista e interpreti che hanno rinunciato ad entusiasmare il pubblico per nutrirne la coscienza.
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