Re o buffone? Orson Welles non si può semplificare
di Emiliano Morreale La Repubblica
L'irlandese Mark Cousins, con la sua Fortunata The story of film: an Odyssey in quindici episodi, aveva sperimentato una Forma sorprendente di alta divulgazione, raccontando nel documentario la settima arte come una fiaba attraverso i decenni e i continenti. Poi ha applicato il metodo ad alcuni temi specifici, come i bambini e le donne, e ora è alle prese con la figura di Orson Welles. Man mano, però, il metodo di Cousins ha cominciato a mostrare i suoi difetti e a farsi ripetitivo. In questo racconto del grande attore e regista, nei cinema da domani al 19 dicembre, Io storytelling sembra mangiarsi tutto, in un'esibizione del piacere di narrare che finisce col semplificare troppo e col non rendere lo spessore del personaggio. Fiducioso nelle proprie qualità di affabulatore, Cousins imposta tutto il film come una lunga lettera a Welles, organizzata in cinque capitoli: Cosa c'è nella scatola?, Pedone, Cavaliere, Re, Buffone. (A un certo punto, poi, è Welles stesso a prendere la parola rispondendo all'autore, e il gioco si fa veramente forzato) La produzione è evidentemente ricca: ampi sono gli stralci dei film, e ci si sposta per tutta l'America, in Europa e in Africa, sulle tracce dei luoghi wellesiani. La politica, l'amore, l'istrionismo e l'essere "Bigger Than Life" sono i fuochi attorno a cui il documentario si sviluppa. Gli anni della Formazione, il teatro, la radio e infine il cinema vengono ripercorsi, senza un ordine rigorosamente cronologico, tentando collegamenti che illuminino l'opera complessiva. Non che un documentario del genere debba avere un'impostazione accademica, ma davvero qui spesso si rimane sul piano delle suggestioni impressionistiche (come nel caso di legami troppo diretti fra la vita e l'opera). Vengono poi sacrificati aspetti importanti, anzi eclatanti, come il donchisciottesco rincorrere progetti sempre incompiuti da parte del regista, negli ultimi decenni della sua vita. Ma bastano pochi frammenti di intervista o di film e comunque la forza del personaggio si impone, quasi a dispetto dell'operazione. Rimane da capire se un giovane, ad esempio, possa farsi un'idea della grandezza di Welles, innamorarsi del suo cinema, a partire da questa introduzione.
Da La Repubblica, 15 dicembre 2018
di Emiliano Morreale, 15 dicembre 2018