Senza Lasciare Traccia

   
   
   

Storia universale in linguaggio semplice Valutazione 3 stelle su cinque

di Felicity


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giovedì 27 febbraio 2020

C’è un nuovo filone, nel cinema americano, incentrato su stili di vita alternativi, fra utopia e contestazione.
"Senza lasciare traccia" si trasforma pian piano dall’essere una riflessione sulle comunità escluse dal sogno americano, al racconto di un puro e semplice rito di passaggio, in cui una ragazza che ha sempre avuto il padre come unico punto di riferimento e fonte di ogni conoscenza e la natura a scandire il ritmo della propria vita, si ritrova a scoprire che in effetti esiste anche dell’altro, esistono altri stimoli, idee e possibili modelli di mondo e vita.
La regista ha il dono della sobrietà, ogni blocco narrativo vive di per se stesso, senza necessità di agganciarsi alle direttive di un apologo morale sovrastante: nel primo blocco ci sono l’idillio della vita a contatto con la natura e segnali di disturbi post-traumatici bellici, soverchiati da un forte legame padre/figlia di cui sono persuase anche le autorità.
Segue una sorta di trattato sociopolitico che mostra, con i fatti, la longa manus della società per il reinserimento, fra moduli, patenti, cellulari, lavoro stabile, Chiesa Scuola e Comunità.
Il paradosso: per mantenere l’indipendenza, bisogna adattarsi. La controcultura inizia a perdere appeal, sempre senza forzature, quando l’assistente sociale rimarca l’altra funzione principale della scuola, la socializzazione, che Tom esperimenta con piacere e abbandona per seguire la fuga paterna in un on-the-road anni settanta.
La fiducia crolla nel terzo blocco narrativo, non per il freddo sofferto ma quando Tom realizza la vulnerabilità del padre, cui solo gli altri sanno porre rimedio.
La “morale” viene da sé e rispetta le scelte individuali: della comunità Tom ha bisogno, le paure paterne non sono generalizzabili (l’allegoria delle api), c’è l’opzione raminga del fantasma dei boschi.
Anche se letta come romanzo di formazione al distacco dalle figure genitoriali, la quadratura dell’apologo è meno sorprendente delle inedite tipologie di comunità rappresentate: la fattoria di alberi di natale, gli homeless nel parco e il camping nel bosco.
Senza lasciare traccia è una bellissima storia universale raccontata con linguaggio semplice e toccante allo stesso tempo e reso ancor più bello da un’interpretazione da applausi di Thomasin McKenzie, che regala al suo personaggio un’incredibile intensità. 

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