evak.
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lunedì 16 ottobre 2017
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il cinema autoriale
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Di Costanzo rappresenta senza dubbio quella fetta ancora sana del cinema autoriale italiano.
Nel suo "far cinema", nulla è surrogato nè banalmente estraniante. Neppure il titolo. Chi è "L'Intrusa"?
È il terzo estraneo (una donna con due bambini in questo caso), che si introduce in un ambiente circoscritto, chiuso.
L'ambiente è un piccolo spazio dove bambini e adulti prendono respiro dal degrado e dalla violenza. Raccolgono felicità che non conoscono e distrazioni che fanno crescere speranze e insinuano sogni. L'Intrusa è lei, Maria, una donna con due figli. La colpa: essere moglie ed essere figli di un malavitoso.
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Di Costanzo rappresenta senza dubbio quella fetta ancora sana del cinema autoriale italiano.
Nel suo "far cinema", nulla è surrogato nè banalmente estraniante. Neppure il titolo. Chi è "L'Intrusa"?
È il terzo estraneo (una donna con due bambini in questo caso), che si introduce in un ambiente circoscritto, chiuso.
L'ambiente è un piccolo spazio dove bambini e adulti prendono respiro dal degrado e dalla violenza. Raccolgono felicità che non conoscono e distrazioni che fanno crescere speranze e insinuano sogni. L'Intrusa è lei, Maria, una donna con due figli. La colpa: essere moglie ed essere figli di un malavitoso. Da qui il pregiudizio e l'ostilità che la rendono intrusa. Come nella tragedia di Euripide la voce narrativa coinvolge più personaggi, comuni, veri, irrisolti nelle paure, poco generosi nell'accoglienza, forti nelle loro speranze. Giovanna, che accoglie "l'intrusa", parrebbe il deus ex machina che prova a risolvere.
La narrazione scevra da giudizi, da eroismi mancati e da condanne, posa lo sguardo su ogni singolo personaggio mostrando i limiti dell'inclusione e della paura.
La regia si muove su un piano trasversale, univoco nella sua semplicità. Affianca i personaggi. Il regista mette a fuoco, con una profondità a volte crudele nei sentimenti, lo spaccato di una società che rappresenta tutti. Lascia in sala molte domande. Chi difende chi? Esiste un modo giusto e un modo sbagliato per guardare la storia degli altri? Si possono negare i sogni a qualcuno? Non è un film che vuole insegnarci qualcosa. È un film che mostra dove ci dimentichiamo di guardare.
Grande prova delle attrici. Buona la fotografia. Da vedere
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flyanto
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lunedì 2 ottobre 2017
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tre intensi personaggi femminili
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Dopo "L'Intervallo" ritorna felicemente nelle sale cinematografiche il regista Leonardo Di Costanzo con "L'Intrusa, un altro film profondamente drammatico trattante un tema sociale.
La vicenda è ambientata nella periferia di Napoli e, più precisamente, in un fatiscente centro di accoglienza dove alcuni volontari ospitano dei bambini del quartiere dopo la scuola.
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Dopo "L'Intervallo" ritorna felicemente nelle sale cinematografiche il regista Leonardo Di Costanzo con "L'Intrusa, un altro film profondamente drammatico trattante un tema sociale.
La vicenda è ambientata nella periferia di Napoli e, più precisamente, in un fatiscente centro di accoglienza dove alcuni volontari ospitano dei bambini del quartiere dopo la scuola. La loro "missione" consiste nel cercare di far loro trascorrere i pomeriggi dopo la mattinata scolastica, tenendoli occupati con lavori manuali e giochi vari al fine di toglierli dalla strada e finire nei traffici illegali della Camorra anzitempo. Un giorno, poichè la responsabile del centro ha dato ospitalità ad una giovane donna, madre di una bambina e di un neonato, non sapendo che quest'ultima è la moglie di un temibile e ricercato dalla Polizia boss della Camorra, da questo momento in poi per lei nasceranno svariati problemi che metterranno seriamente a rischio l'esistenza del centro stesso.
Leoanardo Di Costanzo riesce, ripeto, nuovamente a presentare una tematica sociale affrontandola con precisione, sensibilità unita a crudo realismo ed ottimale concentrazione tempistica. Egli descrive una parte di società a molti sconosciuta o, più precisamente, fortunatamente non conosciuta direttamente di persona così come tutte le svariate problematiche, nonchè pregiudizi, ad essa legati. In aree così degradate dal punto di vista economico e culturale si intuisce quanto mai sia difficile interagire e cercare di porvi rimedio in una qualche maniera, seppure modesta, e Di Costanzo, inducendolo anche a riflettere, mostra allo spettatore quanto tutto ciò risulti a volte persino vano e quanto mai deleterio per le giovani generazioni che sono le più innocenti e che costituiranno la futura popolazione,.
La figura della direttrice del centro, ottimamente interpretata da Raffaela Giordano, non può che non rimanere impressa allo spettatore per sensibilità e determinazione, così come le due figure della giovane madre e della bambina (anch'esse ben impersonate da Valentina Vannino e dalla piccola Martina Abbate) le quali, con l'espressione del volto sempre corrucciata ed i loro comportamenti duri, quando non anche un poco aggressivi, costituiscono l'evidente dimostrazione di tutta la violenza ed asprezza degli ambienti in cui sono state abituate a vivere.
Un piccolo gioiello di film.
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angeloumana
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domenica 1 ottobre 2017
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le caste degli ultimi
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Sembrerebbe avviarsi come una storia a lieto fine questo film, dove tutti finiscano per capirsi e accettarsi: c'è l'assennata e riflessiva Giovanna (Raffaella Giordano, vago accento franscese? Ma forse è solo torinese, andatura elegante da danzatrice quale è) che può garantire perché tutto vada bene, “vede” gli altri e li riconosce. Gestisce assumendosene le responsabilità la così chiamata Masseria insieme a umili altri collaboratori volontari, ci vanno i bambini come a un doposcuola, la scuola stessa glieli manda. Figli di famiglie per tanti versi problematiche, gente di una qualsiasi periferia (tutti gli attori sono cittadini napoletani qualunque, la parlata è del luogo e con sottotitoli), bambini che giocano e si formano, litigano ma si abituano a una socialità forse migliore di quella dell'ambiente in cui vivono, non stanno più “per strada”.
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Sembrerebbe avviarsi come una storia a lieto fine questo film, dove tutti finiscano per capirsi e accettarsi: c'è l'assennata e riflessiva Giovanna (Raffaella Giordano, vago accento franscese? Ma forse è solo torinese, andatura elegante da danzatrice quale è) che può garantire perché tutto vada bene, “vede” gli altri e li riconosce. Gestisce assumendosene le responsabilità la così chiamata Masseria insieme a umili altri collaboratori volontari, ci vanno i bambini come a un doposcuola, la scuola stessa glieli manda. Figli di famiglie per tanti versi problematiche, gente di una qualsiasi periferia (tutti gli attori sono cittadini napoletani qualunque, la parlata è del luogo e con sottotitoli), bambini che giocano e si formano, litigano ma si abituano a una socialità forse migliore di quella dell'ambiente in cui vivono, non stanno più “per strada”. Ma c'è sempre una mina vagante, in questo caso è Maria (Valentina Vannino), dallo sguardo duro come di chi ha sofferto e soffre di una situazione non sua, di cui non vorrebbe far parte, L'Intrusa. E' stata accolta in un monolocale povero accanto alla masseria, lei e i suoi due bambini, un neonato e Rita, che accetterà, dapprima a fatica, di giocare con gli altri. E' additata da altri genitori come in una guerra tra poveri, altri che si considerano più rispettabili o onorati: lei è moglie di un giovane malavitoso, Amitrano, che si è rifugiato di nascosto in quella catapecchia e che lì verrà catturato dalla polizia. Farebbero parte di gente che capisce solo le maniere forti, dirà il poliziotto che conosce Giovanna. Lei, la quale vuole che quel posto sia per tutti i bambini, l'unica che comprende che per Maria fuori di qui c'è solo un mondo da cui sta cercando di scappare. I “malamente” avvelenano il posto in cui vivono ma coloro che si considerano migliori o perbene hanno addosso il veleno della diffidenza e del sospetto, la non accettazione.
Un magnifico film, scuote lo spettatore e le coscienze: il regista Leonardo Di Costanzo dimostra sempre di saper osservare bambini e ragazzi e gli ambienti in cui vivono, e dove lui ha vissuto. Davvero un film che non lascia tranquilli nel nostro quieto vivere (o nel L'ordine delle cose che ci tranquillizza, ma è un altro film). Un lieto fine lo avrebbe addolcito, tutti i salmi avrebbe fatto finire in gloria, ma la realtà non è mai molto dolce. Memorabile uno sguardo a metà tra sfida e comprensione tra Maria e Giovanna, una di quelle chicche che insieme a molto altro fanno ricordare un film. Non sapremo nulla di Giovanna, ha un'aria esotica ma non si sa da dove venga, misterioso il suo passato e cosa l'abbia spinto ad interessarsi di questi “ultimi”.
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maurizio.meres
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domenica 1 ottobre 2017
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giovanna
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Giovanna,una delle tante donne che in Italia cercano di sconfiggere ogni pregiudizio sociale nei confronti di quei bambini che senza volerlo crescono in un ambiente violento,sono quelle famiglie che in un processo generazionale fa sì che tutte le generazioni continuino nel delinquenziale in una corporazione senza fine.
Lei vuole spezzare questo processo ma deve fare i conti con istituzioni schematiche e senza una logica umana di comprensione,con genitori paurosi giustamente,della vicinanza di questi bambini,di queste persone fortunatamente c'è ne sono molte ma mai abbastanza,lottano,si sacrificano senza avere nulla ma l'amore per il prossimo è talmente forte che ogni sofferenza è ripagata vedendo appunto la crescita di quei bambini in un ambiente sano.
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Giovanna,una delle tante donne che in Italia cercano di sconfiggere ogni pregiudizio sociale nei confronti di quei bambini che senza volerlo crescono in un ambiente violento,sono quelle famiglie che in un processo generazionale fa sì che tutte le generazioni continuino nel delinquenziale in una corporazione senza fine.
Lei vuole spezzare questo processo ma deve fare i conti con istituzioni schematiche e senza una logica umana di comprensione,con genitori paurosi giustamente,della vicinanza di questi bambini,di queste persone fortunatamente c'è ne sono molte ma mai abbastanza,lottano,si sacrificano senza avere nulla ma l'amore per il prossimo è talmente forte che ogni sofferenza è ripagata vedendo appunto la crescita di quei bambini in un ambiente sano.
Il bravissimo regista Leonardo di Costanzo con delle riprese semplici ma reali,efficaci nel cogliere quelle situazioni di difficoltà,con sguardi veri espressivi,non è e non deve essere un cinema d'effetto ma dare il vero senso del dramma,che alla fine diventa una sconfitta per tutti.
Il film è molto lento ma così doveva essere ,in sala si è avvertito un grande senso di delusione comprensibile ma non giustificata,in quanto quando si va al cinema bisogna prima sapere ciò che si vedrà.
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zarar
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venerdì 6 ottobre 2017
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c'è sempre un escluso più escluso degli altri
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Bel film sobrio, secco, duro, senza alcuna concessione al sentimentalismo. Tutto giocato sulle due co-protagoniste che si fronteggiano, Maria, la giovane moglie di un camorrista assassino e Giovanna, una matura signora che gestisce un centro ricreativo per bambini svantaggiati nella degradata periferia napoletana. Giovanna, rispondendo ad una richiesta d’aiuto di Maria, che si è dichiarata abbandonata e in mezzo ad una strada, ha ospitato la ragazza e i suoi due bambini (un lattante e una ragazzina) in una casupola del complesso, ignorando che la donna ha portato con sé di nascosto il marito latitante.
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Bel film sobrio, secco, duro, senza alcuna concessione al sentimentalismo. Tutto giocato sulle due co-protagoniste che si fronteggiano, Maria, la giovane moglie di un camorrista assassino e Giovanna, una matura signora che gestisce un centro ricreativo per bambini svantaggiati nella degradata periferia napoletana. Giovanna, rispondendo ad una richiesta d’aiuto di Maria, che si è dichiarata abbandonata e in mezzo ad una strada, ha ospitato la ragazza e i suoi due bambini (un lattante e una ragazzina) in una casupola del complesso, ignorando che la donna ha portato con sé di nascosto il marito latitante. Quando l’uomo verrà scoperto e arrestato, ci aspettiamo di veder scomparire tutta la famiglia, ma non è così. Maria, fredda e silenziosa, ritorna il giorno dopo al centro con i bambini. Esplode il caso: la diffidenza che ha circondato l’”intrusa” dal primo momento è ormai aperta ostilità. I genitori, i maestri della vicina scuola, il personale del centro, e di riflesso i ragazzi, considerano inaccettabile e anche pericolosa la sua presenza. Giovanna, pur ferita dall’inganno di cui è stata vittima, resta tuttavia capace di comprendere i bisogni e le ragioni della giovane donna: dietro la durezza e la testarda determinazione di Maria a restare c’è la disperazione di chi cerca una via di uscita, e i suoi figli hanno bisogno di aiuto come e più degli altri bambini. Senza chiasso, appellandosi a queste buone ragioni contro le comprensibili paure e i comprensibili risentimenti dei più, Giovanna resiste a chi, pur stimandola, non capisce la sua posizione e le chiede di mandar via la famigliola. Come conseguenza, il centro viene disertato. Sarà Maria a decidere per conto suo come risolvere questo conflitto, e non è un lieto fine. Nel suo minimalismo, il film colpisce a fondo, mostrando la difficoltà estrema di tutelare le ragioni di parti opposte ugualmente bisognose di aiuto, un tema drammaticamente attuale. Raffaella Giordano, pur non essendo attrice professionale, disegna una Giovanna molto intensa a cui il regista regala indimenticabili primi piani: il viso scavato, l’aspetto trascurato di chi pensa agli altri prima che a se stesso; i gesti lenti, la concentrazione, le parole misurate di chi si confronta quotidianamente con problemi che solo un grande autocontrollo rende affrontabili; la tensione di chi vede l’utopia scontrarsi con la durezza della realtà; i fuggevoli momenti di sollievo di chi inaspettatamente trova appoggio e comprensione, la capacità di trovare il linguaggio giusto con i bambini. Di fronte a lei il personaggio Maria (una altrettanto brava ed espressiva Valentina Mannino) non ha neppure parole per difendere le sue difficili ragioni. E’ lei per prima a capire l’ambiguità della sua condizione agli occhi degli altri. La sua resistenza è allora tutta concentrata nel bel viso duro e chiuso, nel passo nervoso, nei mutismi, negli sguardi di sfida, negli scatti improvvisi. Tra loro la bambina Rita, già amaramente consapevole. Perché la situazione è senza uscita, come l’ambiente ferocemente delimitato in cui il regista confina l’azione: un cortile, una vecchia struttura recuperata alla meno peggio per i laboratori dei bambini, ¬¬un vialone buio, qualche spaccato su squallide palazzine di periferia. Simbolicamente, solo quando un elicottero monitora dall’alto l’operazione dell’arresto del camorrista, attuata con gran fracasso di uomini e mezzi, abbiamo per un attimo una visione ariosa della città, lontanissima, estranea.
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goldy
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lunedì 2 ottobre 2017
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ma non si progredisce mai?
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Singolare l'affinità tematica e Ll'ambientazione molto simile a L'Equilibrio Ambedue i film usciti in contemporanea nelle sale. Trattano dei risvolti e delle ricadute che la malavita, organizzata provoca su figli e comunità intere .Ed è sempre un eroe o un'eroina solitaria che si fa carico di una qualche iniziativa. Sempre soli, senza che nessuna autorità o istituzione nè civile, nè religiosa si dimostri disposta a spalleeggiare adeguatamente le persone sul campo. Ambedue i due film hanno la stessa asciuttezza narrativa, nulla concede all'emotività con l'intento di additare l'incapacità non solo delle istituzioni ma anche di tutti noi cittadini incapacii ad affrontare i problemi con la necessaria competenza.
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Singolare l'affinità tematica e Ll'ambientazione molto simile a L'Equilibrio Ambedue i film usciti in contemporanea nelle sale. Trattano dei risvolti e delle ricadute che la malavita, organizzata provoca su figli e comunità intere .Ed è sempre un eroe o un'eroina solitaria che si fa carico di una qualche iniziativa. Sempre soli, senza che nessuna autorità o istituzione nè civile, nè religiosa si dimostri disposta a spalleeggiare adeguatamente le persone sul campo. Ambedue i due film hanno la stessa asciuttezza narrativa, nulla concede all'emotività con l'intento di additare l'incapacità non solo delle istituzioni ma anche di tutti noi cittadini incapacii ad affrontare i problemi con la necessaria competenza. Sombra non esistere più il lieto fine, nei film italiani di oggi. Ci si rivolge a un pubblico maturo al quale nonrimane altro che accumulare sgomento rassegnazione, indignazione.
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venerdì 6 ottobre 2017
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c'è sempre un escluso più escluso degli altri
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Bel film sobrio, secco, duro, senza alcuna concessione al sentimentalismo. Tutto giocato sulle due co-protagoniste che si fronteggiano, Maria, la giovane moglie di un camorrista assassino e Giovanna, una matura signora che gestisce un centro ricreativo per bambini svantaggiati nella degradata periferia napoletana. Giovanna, rispondendo ad una richiesta d’aiuto di Maria, che si è dichiarata abbandonata e in mezzo ad una strada, ha ospitato la ragazza e i suoi due bambini (un lattante e una ragazzina) in una casupola del complesso, ignorando che la donna ha portato con sé di nascosto il marito latitante. Quando l’uomo verrà scoperto e arrestato, ci aspettiamo di veder scomparire tutta la famiglia, ma non è così.
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Bel film sobrio, secco, duro, senza alcuna concessione al sentimentalismo. Tutto giocato sulle due co-protagoniste che si fronteggiano, Maria, la giovane moglie di un camorrista assassino e Giovanna, una matura signora che gestisce un centro ricreativo per bambini svantaggiati nella degradata periferia napoletana. Giovanna, rispondendo ad una richiesta d’aiuto di Maria, che si è dichiarata abbandonata e in mezzo ad una strada, ha ospitato la ragazza e i suoi due bambini (un lattante e una ragazzina) in una casupola del complesso, ignorando che la donna ha portato con sé di nascosto il marito latitante. Quando l’uomo verrà scoperto e arrestato, ci aspettiamo di veder scomparire tutta la famiglia, ma non è così. Maria, fredda e silenziosa, ritorna il giorno dopo al centro con i bambini. Esplode il caso: la diffidenza che ha circondato l’”intrusa” dal primo momento è ormai aperta ostilità. I genitori, i maestri della vicina scuola, il personale del centro, e di riflesso i ragazzi, considerano inaccettabile e anche pericolosa la sua presenza. Giovanna, pur ferita dall’inganno di cui è stata vittima, resta tuttavia capace di comprendere i bisogni e le ragioni della giovane donna: dietro la durezza e la testarda determinazione di Maria a restare c’è la disperazione di chi cerca una via di uscita, e i suoi figli hanno bisogno di aiuto come e più degli altri bambini. Senza chiasso, appellandosi a queste buone ragioni contro le comprensibili paure e i comprensibili risentimenti dei più, Giovanna resiste a chi, pur stimandola, non capisce la sua posizione e le chiede di mandar via la famigliola. Come conseguenza, il centro viene disertato. Sarà Maria a decidere per conto suo come risolvere questo conflitto, e non è un lieto fine. Nel suo minimalismo, il film colpisce a fondo, mostrando la difficoltà estrema di tutelare le ragioni di parti opposte ugualmente bisognose di aiuto, un tema drammaticamente attuale. Raffaella Giordano, pur non essendo attrice professionale, disegna una Giovanna molto intensa a cui il regista regala indimenticabili primi piani: il viso scavato, l’aspetto trascurato di chi pensa agli altri prima che a se stesso; i gesti lenti, la concentrazione, le parole misurate di chi si confronta quotidianamente con problemi che solo un grande autocontrollo rende affrontabili; la tensione di chi vede l’utopia scontrarsi con la durezza della realtà; i fuggevoli momenti di sollievo di chi inaspettatamente trova appoggio e comprensione, la capacità di trovare il linguaggio giusto con i bambini. Di fronte a lei il personaggio Maria (una altrettanto brava ed espressiva Valentina Mannino) non ha neppure parole per difendere le sue difficili ragioni. E’ lei per prima a capire l’ambiguità della sua condizione agli occhi degli altri. La sua resistenza è allora tutta concentrata nel bel viso duro e chiuso, nel passo nervoso, nei mutismi, negli sguardi di sfida, negli scatti improvvisi. Tra loro la bambina Rita, già amaramente consapevole. Perché la situazione è senza uscita, come l’ambiente ferocemente delimitato in cui il regista confina l’azione: un cortile, una vecchia struttura recuperata alla meno peggio per i laboratori dei bambini, ¬¬un vialone buio, qualche spaccato su squallide palazzine di periferia. Simbolicamente, solo quando un elicottero monitora dall’alto l’operazione dell’arresto del camorrista, attuata con gran fracasso di uomini e mezzi, abbiamo per un attimo una visione ariosa della città, lontanissima, estranea.
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stefano capasso
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venerdì 21 ottobre 2022
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un dilemma etico e morale
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Nella periferia di Napoli, Giovanna ha creato un centro di accoglienza per bambini svantaggiati, accoglie famiglie che sono in difficoltà e ai margini del tessuto sociale. La solidità della comunità, tuttavia, viene sconvolta quando una donna, Maria, con i suoi due bambini arriva a chiedere asilo; e con le porterà di nascosto il marito camorrista, che si nasconde dopo un omicidio.
Leonardo Di Costanzo solleva un dilemma etico e morale. Fin dove è giusto spingersi nel perseguire un intento di solidarietà quando questo mette in pericolo una comunità che ha delle sue regole non scritte e che grazie a queste ha trovato il suo equilibrio?
Il punto è che tutti sono “svantaggiati”, i bambini, le famiglie, e la stessa famiglia appartenente ai clan.
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Nella periferia di Napoli, Giovanna ha creato un centro di accoglienza per bambini svantaggiati, accoglie famiglie che sono in difficoltà e ai margini del tessuto sociale. La solidità della comunità, tuttavia, viene sconvolta quando una donna, Maria, con i suoi due bambini arriva a chiedere asilo; e con le porterà di nascosto il marito camorrista, che si nasconde dopo un omicidio.
Leonardo Di Costanzo solleva un dilemma etico e morale. Fin dove è giusto spingersi nel perseguire un intento di solidarietà quando questo mette in pericolo una comunità che ha delle sue regole non scritte e che grazie a queste ha trovato il suo equilibrio?
Il punto è che tutti sono “svantaggiati”, i bambini, le famiglie, e la stessa famiglia appartenente ai clan. Li, sono tutti “ultimi” ma anche tra ultimi qualcuno sembra poter avere più diritti degli altri. È qua, il nodo della questione posta da Di Costanzo. Lo stile documentaristico, con attori scelti tra gente comune, è molto efficace per restituire l’humus che è di queste realtà: le atmosfere sono rarefatte, i fatti si susseguono piuttosto lentamente e spesso i silenzi riempiono la scena: un invito a riflettere che non può essere disatteso.
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