1945 |
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Un film di Ferenc Török.
Con Péter Rudolf, Eszter Nagy-Kalozy, Bence Tasnádi, Tamás Szabó Kimmel.
continua»
Titolo originale 1945.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 91 min.
- Ungheria 2017.
- Mariposa Cinematografica
uscita giovedě 3 maggio 2018.
MYMONETRO
1945
valutazione media:
3,66
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Camaleonti e nondi FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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martedě 8 maggio 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’esito della II Guerra Mondiale è ormai scontato e nelle disturbate trasmissioni radio resiste solo il Giappone, in ginocchio davanti all’incubo nucleare. L’Ungheria, ex-alleata del nazismo con il regime di Szàlasi, è occupata dai russi. Nel paesino agricolo del film i contadini stanno ultimando la mietitura del grano. Nella stazione ferroviaria un treno scarica due casse, dichiarate contenere profumi, accompagnate da un vecchio barbuto e da un ragazzo sui 20 anni, due persone di chiara confessione ebraica; il capostazione si barcamena tra una jeep di occupanti-liberatori russi ed una telefonata al notaio che è la più grande autorità del paese, incidentalmente proprietario di una drogheria, che significa anche profumeria. E’ il giorno delle nozze del figlio del notaio-podestà-droghiere-profumiere con una ragazza che a quel ragazzo “perbene” preferirebbe un altro, uno sfrontato filo-sovietico, che però è impegnato con un’altra. I due scesi dal treno saranno venuti a rivendicare la casa e le proprietà dei Pollak, denunciati e fatti deportare dal notaio e dai suoi accoliti, collaborazionisti del partito delle frecce uncinate di Szàlasi? L’intero paese è mobilitato per le nozze imminenti: fiumi di grappa, tutti ubriachi alle 11 di mattina, ma intanto si nascondono argenteria e tappeti rubati ai Pollak. Nel frattempo il vecchio ed il ragazzo scesi dal treno seguono a piedi il carro con le casse diretti verso il paese …
Ferenç Török nella sua opera prima sceglie un terreno difficile e scivoloso; nel dibattito dopo la proiezione del film all’Apollo 11 a Roma si appoggia alla abile traduzione di un connazionale, che - se non andiamo errati - è un funzionario culturale del consolato ungherese. Il regista sostiene che non c’è nessun riferimento alla situazione politica attuale. Il titolo è1945 non 2018. La scelta di girare in bianco e nero la pellicola è scaturita dalla precisa volontà di raffigurare un passato che non c’è più. Le spoliazioni dei cittadini ungheresi di religione ebraica - circa 400.000 deportati inviati allo sterminio assieme a qualche decina di migliaia di Gitani secondo wikipedia - non c’entrano nulla con la situazione attuale, anche se il filo spinato di Orbàn contro i migranti qualche dubbio di andare in direzione di situazioni simili lo alimenta. Per quanto riguarda la storia narrata alle persone dotate di semplice buon senso non può interessare se l’accaduto è vero, come proclamano spesso gli assordanti trailer di oggi; quello che va assicurato è che la storia sia verosimile. E qui il camaleontismo gattopardesco del notaio è, sì, un classico letterario, ma certamente verosimile, e lo abbiamo sotto gli occhi nella politica di ogni giorno: il personaggio è pronto a derubare chi cade in disgrazia, ma è duttile e apparentemente ossequiente con chi comanda. Solo alcuni, pochi, non si adattano a questo modo di pensare e di agire: cercano una via di uscita nell’alcool (come l’amico del notaio perseguitato dai rimorsi e dal ricatto dello stesso), o nelle droghe (come la moglie del notaio medesimo), oppure nella partenza per troncare la vita precedente e aprirne una nuova (come il figlio dello stesso squallido marrano). Hanno ragione loro, i pochi: il giovane parte con dignità sullo stesso treno dove salgono i due uomini di religione ebraica che hanno sotterrato nel piccolo cimitero del paese scarpe di bambini, giocattoli, indumenti, libri, candelabri, kippah appartenute ai loro cari, oggetti per nulla diversi da rosari e immagini di santi, o da una kefiah e un corano appartenuti ad un migrante mussulmano. Li accompagna non si sa bene se è un canto, una musica, un lamento: è una melodia gitana sulle note di una fisarmonica. E rimane solo lo sbuffo di fumo nero della vaporiera avviata verso Budapest come ultima immagine simbolica della Shoa dopo tanti rigorosi ritratti in un magistrale bianco e nero degni de “Il nastro bianco”, uno dei migliori film di Haneke.
Valutazione ****
FabioFeli
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