La pelle che abito

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Un film di Pedro Almodóvar. Con Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Roberto Álamo.
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Titolo originale La piel que habito. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 120 min. - Spagna 2011. - Warner Bros Italia uscita venerdì 23 settembre 2011. - VM 14 - MYMONETRO La pelle che abito * * * - - valutazione media: 3,12 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

l'umanità sotto pelle di Almodòvar Valutazione 3 stelle su cinque

di sarak hellas


Feedback:
martedì 27 settembre 2011

Almodòvar fa Cronenberg... e lo fa benissimo per almeno 20 minuti!!! Poi, purtroppo... o per fortuna, arriva in scena un maschione tigronato e tutto finisce a pizza e fichi. Cioè... Banderas in conferenza sembrava davvero l'Irons di Inseparabili, riprese glaciali, precise, minimali, asettiche, primissimi piani alla videodrome, esperimenti alla Goldblum, l'IDENTITA'!!! Tutto così inaspettato e sorprendente, tutto così calmo ma pieno di significati e significanti da presagire un'altra ora e mezza da sballo (almeno per il mio gusto) ed invece il gran vecchio Pedro gattone tira fuori le sue famigerate unghione e comincia a smanierarsi a manetta. Ecco il sangue, tanto sangue, che non mette paura manco ad un eunuco; le pistole brandite come cazzetti mosci; le sessualità esibite, disinibile, imbandite; la canzonetta de core e sentimento con performance in diretta... un classico oramai; tutta la morbosità e l'irriverenza che ci si aspetta da Almodòvar... né più né meno. Solo che stavolta si fa un po' fatica a rimettere insieme tutti i pezzi, nonostante la splendida precisione narrativa della sceneggiatura (che classicamente ricostruisce) c'è sempre qualcosa che rimane sospesa... una sensazione di "bello a metà" che rimane per tutto il film. E' quel sentimentalismo melodrammatico profondo di Almodòvar a contrastare con l'aria rarefatta del concept iniziale e portante, è il suo colore a mischiarsi con l'algido... continuamente, è il suo manierismo a sbattere contro l'innovazione, è un certo macchiettismo a sporcare la rigidezza necessaria, è Almodòvar che proprio non riesce a trattenersi e a tradirsi pur avendo tra le mani qualcosa di veramente forte, nuovo, diverso, serio... anzi serissimo. Così la nascita di una nuova carne, invece di celebrarsi compiutamente spalancandoci un orrore interno da portarci a casa, cede miseramente il passo al sentimentale... di punto in bianco in un finale che va di corsa al pianto, all'approdo umano, in un film in cui sentimenti e rancori e amori si ammucchiano e sovrappongono sembrando sempre la stessa cosa. L'umano alla fine vince e non poteva che essere questo con Almodòvar.
E succede che uno se ne va pensando a cosa avrebbe visto se dopo i primi venti minuti fosse stato Cronenberg a continuare il film, ma pure un po' contento alla fine che Almodòvar non sia Cronenberg: un bello a metà insomma... come dire "che figata, però... ma sì".
Allora si può dire anche che il titolo del film fa cagare, perché è inutilmente didascalico e ce ne sarebbero stati un milione di più appropriati, così come la locandina che hanno scelto a rappresentarlo, soprattutto quando per tutto il film si sono viste alcune immagini davvero belle che avrebbero fatto meglio al caso, roba da contenitore, roba esteriore uno potrebbe dire... ma in effetti in un film che parla di identità, esteriorità e sentimenti come non badare anche al contenitore?
E allora diciamo pure che la colonna sonora di Alberto Iglesias è bella... anzi bellissima e che Elena Anaya (nel ruolo che avrebbe dovuto essere di Penelope Cruz) è meravigliosa... in tutti i sensi.
Un film che piacerà o farà schifo senza mezze misure... per i più; per altri, come me, un film bello a metà... perché non sempre si può metter d'accordo la ragione col sentimento.

p.s.:
Un film da 3 stelle e mezzo... ma non si poteva fare.
Almodòvar cita e ricita di striscio, facendo anche belli e dovuti omaggi. Il cinèfilo sarà contento di questo.

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