E ora dove andiamo? |
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Un film di Nadine Labaki.
Con Nadine Labaki, Claude Baz Moussawbaa, Layla Hakim, Yvonne Maalouf, Antoinette Noufaily.
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Titolo originale Et maintenant, on va où?.
Drammatico,
durata 110 min.
- Francia, Libano, Egitto, Italia 2011.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 20 gennaio 2012.
MYMONETRO
E ora dove andiamo?
valutazione media:
3,37
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Nella "non-appartenenza"di M.BarenghiFeedback: 80 | altri commenti e recensioni di M.Barenghi |
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domenica 22 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un villaggio rurale nel Libano, nazione dilaniata da anni di guerra e massacri. Lontani quel che basta dalla civiltà,la gente del villaggio convive in pace e armonia, curandosi non più di tanto dell' appartenenza alla fede cristiana o musulmana. Qualche segno c'è, come è connotato nella bellissima sequenza d'apertura, in cui un corteo di donne di entrambe le confessioni si reca al cimitero a piangere i propri numerosi morti, a destra le cristiane, a sinistra le musulmane. E a questo rito comune si recano danzando, dapprima in modo appena accennato, tanto da suscitare nello spettatore il dubbio di essere davanti a un musical. Su questa commistione di generi e timbri narrativi il film gioca moltissimo, alternando i registri della commedia (si ride a tratti anche di gusto!!) e della tragedia con tanta disinvoltura da disorientare quasi lo spettatore. Così i toni scanzonati delle sequenze iniziali si alternano con quelli più duri dello scontro ideologico, nel cui innesco non sono estranei i mezzi d'informazione (stampa e TV), e con quelli più tragici della morte di un figlio. E' alle donne che la regista affida il ruolo di interpreti della pace e protagoniste della convivenza. Smaliziate e coraggiose, fino al punto di assoldare ai propri fini una troupe di disinvolte ballerine ucraine, sulle quali convogliare gli ardenti bollori dei loro focosi parenti che vengono così distolti dalla lotta contro l'opposta fazione. L'uomo è in quest'opera figura marginale, caricaturale, o irritante. Con l'eccezione dei due ministri del culto, che legittimano da subito con i propri discorsi conciliatori l'idiosincrasia delle loro fedeli alla lotta e al lutto. Il tema-chiave di questo film coraggioso è la non-appartenenza: in questo valore, che non comporta necessariamente il sacrificio della propria identità, sta la strada a senso unico per poter conservare una convivenza pacifica. Ed è singolare che nel nostro panorama culturale, la sola voce che si sia levata negli ultimi anni a sottolineare gli stessi concetti sia stata quella di un altro intellettuale anch'egli libanese: mi riferisco a Gad Lerner e al suo "Tu sei un bastardo". Alla seconda regia cinematografica dopo il delizioso "Caramel", la bella Nadine Labaki confeziona magnificamente un'opera di elevata levatura estetica e culturale, e di grande impegno civile. La sequenza finale, splendida, chiude circolarmente il film in un'atmosfera consolatoria e ottimistica, dando ragione anche del titolo dell'opera, che a scatola chiusa potrebbe invece suonare greve e impegnativo.
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