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Il fatto che alla fine si legga, tra i titoli di coda, che il film è considerato di interesse culturale dal Ministero omonimo – e che quindi diversi milaeuro di soldi pubblici siano stati investiti in questa impresa – lascia decisamente perplessi. Di culturale qui non c'è davvero niente, men che mai di comico. Dopo appena pochi minuti il sentimento principale è l'imbarazzo. Imbarazzo per Benni, che non fa bella figura con gli spettatori che non hanno mai letto i suoi libri; imbarazzo per il regista, che condisce la narrazione debole con effetti speciali pomposi e graficamente scoordinati; imbarazzo per i personaggi femminili, ridotti tutti a oggetti sessuali stereotipati e scialbi; infine, grande imbarazzo per la sceneggiatura inesistente e le battute penose che nemmeno il duo Finocchiaro-Savino riesce a defribillare. È un film offensivo, in definitiva, sia per l'autore Benni che per lo spettatore fiducioso nella presenza di Bisio, di solito garanzia di ottime commedie. La sensazione finale che si ha, dopo aver subito la carrellata di "comici" alternarsi sullo schermo fino a coinvolgere persino Amendola, è che in questa specie di circo televisivo si sia cercato di far lavorare un po' tutti, pensando di poter sostituire con la confusione carnevalesca la necessità di una struttura narrativa solida che trasformasse gli affreschi di Benni, appunto, in un film. Ignorando, a quanto pare, che lo spettatore-tipo di questo genere di film di sicuro non è uno sprovveduto e che maneggiare l'opera di uno scrittore richiede grande competenza.