selen
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venerdì 26 settembre 2008
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solo dal basso avvengono i cambiamenti...
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Una fisarmonica suona note balcaniche, e la sua voce sale sempre più, sino ad entrare anche nella mente di chi, indifferente, passa sempre oltre senza ascoltare mai ciò che sente.
La sua voce è un ponte, un tramite, e parla in lingua universale.
Romania, 1992.
Una fisarmonica sola, nel buio di una notte senza stelle, nella stazione ferroviaria di Bucarest.
Sola, ma circondata da ragazzi che cantano e danzano attorno alle alte fiamme di un falò che li riscalda nel gelo della notte.
Ragazzi e bambini abbandonati, fuggiti, sfruttati; violenti come cani feriti e randagi senza una meta, dall’infanzia perduta nella miseria più nera e soffocata dalla droga.
Pa-ra-da è la storia vera del giovane clown di strada Miloud Okili, e della sua difficile relazione con loro, soprannominati “ i boschettari”; una storia di sofferenza e rispetto, sorrisi e violenza.
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Una fisarmonica suona note balcaniche, e la sua voce sale sempre più, sino ad entrare anche nella mente di chi, indifferente, passa sempre oltre senza ascoltare mai ciò che sente.
La sua voce è un ponte, un tramite, e parla in lingua universale.
Romania, 1992.
Una fisarmonica sola, nel buio di una notte senza stelle, nella stazione ferroviaria di Bucarest.
Sola, ma circondata da ragazzi che cantano e danzano attorno alle alte fiamme di un falò che li riscalda nel gelo della notte.
Ragazzi e bambini abbandonati, fuggiti, sfruttati; violenti come cani feriti e randagi senza una meta, dall’infanzia perduta nella miseria più nera e soffocata dalla droga.
Pa-ra-da è la storia vera del giovane clown di strada Miloud Okili, e della sua difficile relazione con loro, soprannominati “ i boschettari”; una storia di sofferenza e rispetto, sorrisi e violenza.
Il magico racconto di un gruppo di ragazzini considerati alla stregua di animali, che vince le vertigini e capisce di poter aspirare a molto più della strada, della prostituzione, dei marciapiedi, dei sacchetti di colla e degli angusti tuguri ai quali la società li ha relegati.
Miloud riesce ad abbattere lo spesso muro della loro indifferenza solamente scendendo nei condotti di riscaldamento, lì dove vivono sottoterra, e dormendo insieme a loro fra tanfo, sporcizia e rifiuti. Solo camminandoci assieme nel fango della società, rispettandoli come persone e offrendo loro una diversa possibilità di vita e un mestiere, egli conquista totalmente la loro fiducia e il loro amore…
Solo dal basso avvengono i cambiamenti, senza retorica o falsi sentimentalismi, bensì in una realtà che a volte è troppo cruda da sopportare, tanto da essere spesso e volentieri ignorata.
Lo sa bene il regista Marco Pontecorvo, figlio di Gillo Pontecorvo, grande cineasta degli anni Sessanta, e mostra altresì di aver interiorizzato le parole del padre: «Il cinema deve essere vicino all’uomo, dentro all’uomo, deve parlare dell’uomo e non parlare del nulla: questo è il pericolo.».
Come lui, suo figlio cerca la verità umana nuda e cruda, rifiutando stili ed etichette e unendo lo sporco del vivere allo scintillio della vita, che spesso è in una risata unita all’amaro d’una lacrima.
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ciccio capozzi
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sabato 25 aprile 2009
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l'interazione coi ragazzi attraverso la clowneria
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“PA-RA-DA” di MARCO PONTECORVO; ITA, 08. Miloud è un clown franco-algerino da strada che a Bucarest s’imbatte nei boskettari: bambini che vivono sotto le fogne della città. Cerca di aiutarli a uscirne, facendoli diventare clown come lui. Ispirato ad una storia vera, ha trovato nell’attore che lo interpreta una rassomiglianza non solo fisica. Presentato a Venezia 08, ha avuto una calorosa accoglienza critica e di spettatori. Il regista, figlio del grande Gillo, è riuscito a catturare quell’atmosfera di oppressione che caratterizza la società rumena all’indomani della caduta del regime di Ceausescu. Ma che investiva soprattutto il vivere dei bambini da strada in un momento storico di grande difficoltà sociale.
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“PA-RA-DA” di MARCO PONTECORVO; ITA, 08. Miloud è un clown franco-algerino da strada che a Bucarest s’imbatte nei boskettari: bambini che vivono sotto le fogne della città. Cerca di aiutarli a uscirne, facendoli diventare clown come lui. Ispirato ad una storia vera, ha trovato nell’attore che lo interpreta una rassomiglianza non solo fisica. Presentato a Venezia 08, ha avuto una calorosa accoglienza critica e di spettatori. Il regista, figlio del grande Gillo, è riuscito a catturare quell’atmosfera di oppressione che caratterizza la società rumena all’indomani della caduta del regime di Ceausescu. Ma che investiva soprattutto il vivere dei bambini da strada in un momento storico di grande difficoltà sociale. Il senso della collettività, di appartenenza ad un gruppo in cui il singolo qualche modo si protegge l’un l’altro regge la presenza collettiva dei piccoli fantastici interpreti. Senza cadere in alcun clichè prevedibile sia dickensiano, che alla Truffaut, abbiamo uno spettacolo apparentemente documentario, che costruisce il percorso di costoro. In realtà il regista, che è stato un valido Direttore della Fotografia per molto cinema italiano contemporaneo, ha operato una scelta narrativa che teneva abilmente presente il percorso documentario-illustrativo della vicenda di Miloud, nel mentre ce ne esplicitava le fasi narrativamente. Perché la crescita collettiva è giustamente correlata alla stessa crescita del protagonista che all’iniozio non è del tutto consapevole del percorso d intraprendere: lo “scopre”, si può dire, quasi insieme ai ragazzi. Egli “sa”, nel senso di: sente, solo che deve fare qualcosa per questi bambini derelitti e osteggiati da tutti, che sono un po’ trovatelli e appena tollerati come lui, che è un immigrato a mala pena integrato in patria; e che sono violenti come lo sarebbe anche lui nelle stesse condizioni. Da qui nasce il coinvolgimento e l’invenzione per sé del ruolo di “maestro di strada”. Egli comunica l’affetto e la solidarietà concreta, rivelando loro i suoi talenti di clown: l’unica sua ricchezza; l’unica cosa che sa fare e che gli appartiene. Questo percorso va di pari passo con quello dei ragazzi: ne affronta le psicologie sia individuali che comuni, vi si cala; “entra” in relazione con loro. Come direbbe G.Zagrebelski, non si “integra”, ma si “intera” con loro. La perdita di una semplice “g”, implica una relazione più difficile: che maggiormente lo mette in discussione, non solo con gli altri; ma soprattutto con sé. La freschezza e la forza della sceneggiatura, cui ha collaborato lo stesso regista insieme al bravo Roberto Tiraboschi, sta proprio nella via narrativa che imprende nel definire questo doppio percorso. La diversità diventa fastidiosa anomalia, quando non è affrontata con la dovuta umiltà. Ed è proprio questa consapevolezza che rende così originale la tenuta del film. Anche se si leggono gli ispiratori sia di cinema che di letteratura che stanno alla base del tessuto della trama, risalta l’attenzione alle specificità sia ambientali e sociali, dell’intorno alla collettività infantile, che alle loro psicologie. Perciò risultano così poco leccosamente individuate. Un cinema agile nel montaggio, che raffigura con ossuta rudezza documentaria le asperità descrittive della metropoli che da poco si affaccia al finto benessere post-comunista, tutto confuso con la violenza atavica di una società agraria arretrata, che solo nella esteriorità superficiale ha mutato i suoi comportamenti tribali.
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parsifal
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lunedì 23 agosto 2010
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sorridere: una proposta per cambiare il mondo
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Dall'inquietudine di un ragazzo che parte per trovare la propria strada nel sottosuolo di Bucarest, inizia la forte avventura tra i tanti bambini di strada, i boschettari.
Una storia forte, che mostra alcune difficoltà che si incontrano nell'aiutare i bambini di strada, e le difficoltà che essi stessi hanno per uscire dalla propria schiavitù. Attraverso l'arte del clown e la magia del circo il film ci fa assistere ad una crescita graduale dei bambini, mostrando quindi una strada possibile per uscire dal disagio. Un film che merita di essere visto quanto meno per la propositività, nonché la capacità di far sorridere facendo sentire tutta l'amarezza e ma anche la forza che ci vuole per provocare un sorriso.
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