Un piccolo film prima stroncato e poi celebrato
di Irene Bignardi La Repubblica
Escono in questi giorni in dvd tre film dagli opposti destini cinematografici. Il primo (01 Distribution) è Gomorra, subito, fin dalla sua presentazione a Cannes, molto ammirato.
Il secondo (di nuovo 01) è Riparo, di Marco Simon Puccioni, che ha avuto la strana sorte di uscire con successo in Francia prima che in Italia e che merita di essere visto (Anis è un ragazzo maghrebino che si trova a condividere la vita e le tensioni di due ragazze. La prima, interpretata da Maria de Medeiros, è un'imprenditrice del Nordest; l'altra, Antonia Liskova, è un'operaia. Le due si si amano e, appunto, tengono Anis tra di loro...).
Il terzo (ancora 01) è Nessuna qualità agli eroi, il film che Paolo Franchi ha presentato lo scorso anno alla Mostra del cinema di Venezia. Il film ha avuto, in mezzo al cancan mediatico e alle luci di quella corrida che sono tutti i festival, un'assurda accoglienza negativa, per essere poi recuperato e rivalutato più tardi, quando si è placata la marea delle polemiche, anche bislacche (perché da noi si continuano a sottolineare alcuni momenti legati al sesso, dalla «scopata senza cerniera» di Caos calmo al nudo di Elio Germano nel film di Franchi?). La critica, che si era accanita anche contro alcune dichiarazioni del regista si è, per così dire (giustamente) pentita, restituendo al film quello che è del film: uno stile, una visione, un modo di girare di rara intensità tragica.
Seguendo la formula della guida gastronomica Zagat, che parla dei ristoranti attraverso una silloge dei giudizi dei critici gastronomici, vi posso dire che: Nessuna qualità agli eroi (storia delle vite incrociate di un ragazzo che odia suo padre e di un giovane uomo che non riesce a diventare padre) è un «noir kafkiano dostoevskijano», «vola alto», «traghetta il nostro cinema nel mondo adulto» e, se racconta «il tema del padre... così lontano dai canoni del nostro cinema per di più adolescenziale», è anche «quasi un thriller alla Delitto per delitto».
Aggiungo, di mio, che è originale, elegante, forte, unico nel nostro panorama recente. La parola alla giuria popolare.
Da Il Venerdì di Repubblica, 5 dicembre 2008
di Irene Bignardi, 5 dicembre 2008