Apocalypto

Se il cinema ci piace che sia essenzialmente "sogno", o "rivisitazione del vissuto" o anche "vediamo ciò che mai e mai potremo nel vero", allora l'opera di Gibson ha colpito memorabilmente il segno: memorabilmente davvero. Assolutamente niente è lasciato al caso, i simbolismi ed i richiami alla storiografia sono moltissimi e si ripetono quasi ossessivamente. Ma se il cinema ci piace invece che sia anche "deragliare dall'orrore se evitabile" oppure "entrare in una realtà lontana, scandagliandola sì ma usando l'intelligenza per farci intuire la reale portata dell'orrore senza sbattercelo in faccia", allora Mr Gibson ha perso un'occasione importante, ricca e anche geniale nella pensata, per offrirci uno spaccato sì simbolistico, ma molto meno orrorifico, della storia di uno tra i popoli più affascinanti del pianeta. Io mi dibatto tra queste due chiavi e, se appena dopo aver visto il film piego decisamente verso la seconda, a mente più fredda, superato il nodo alla gola e lo stomaco in subbuglio, resto assolutamente affascinata dalla prima. E mi pare che questo risultato che Gibson ha ottenuto con me sia indubbiamente segno, comunque, di cinema propositivo.