Revolver

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Un film di Guy Ritchie. Con Jason Statham, Ray Liotta, Vincent Pastore, André Benjamin, Terence Maynard.
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Azione, durata 115 min. - Francia, Gran Bretagna 2005. MYMONETRO Revolver * * * - - valutazione media: 3,06 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il cammino di purificazione di un uomo tormentato Valutazione 4 stelle su cinque

di FrancescoM94


Feedback:
domenica 9 marzo 2014

 
 
  Film di grandissimo spessore, di difficile comprensione, con una sceneggiatura a dir poco aulica ed affascinante; non ci sono mezzi termini: o lo si ama, o lo si odia.  La sua grandezza risiede in primo luogo nel suo svilupparsi, nella narrazione, che risalta sia per la sua complessità, sia per quanto riguarda il dispiegarsi delle vicende, sia per il significato racchiuso in ogni minima sequenza. La mole di "tessere" che Ritchie inserisce nel film è spaventosa e per riuscire a "comporre il suo/nostro/vostro puzzle" questa pellicola necessita più di una visione. Ciò non basterà comunque: ad ogni nuova visione si noterà un piccolo ma significativo dettaglio, che andrà inserito in quello "spazietto" vuoto del vostro puzzle, ormai già ricco di tasselli, che più di una volta dovranno essere necessariamente rimossi e risistemati in un ordine diverso, finché effettivamente non apparirà un'immagine sbiadita di quello che è realmente il film e di ciò che vuole comunicare allo spettatore.  Ritchie gioca con il mistero, con l'occulto, inserendo due personaggi fondamentali, riflesso psichico della mente (instabile) di Jack Green (Jason Statham), personaggio centrale della vicenda:  Avi (Andre Benjamin) e Zack (Vincent Pastore). Essi sono i suoi spiriti guida , che agiscono indirettamente facendo attraversare a Jack un cammino di purificazione, impregnato di sofferenza, da sé stesso,dal suo ego, da quella "vocina interiore" che ha acquisito sempre più potere durante i sette anni d'isolamento. Le competenze che Jack matura in prigione attraverso lo studio di manuali e appunti riguardanti la meccanica quantistica applicata al gioco degli scacchi gli permettono lo sviluppo di una tecnica truffaldina alquanto redditizia: in poco tempo diviene "ricco, ricco sfondato". La diagnosi di una malattia al sangue, incurabile, lo porterà ad affidarsi totalmente alle regole imposte da Zack e Avi, due usurai, i quali lo costringono a dare in prestito la sua fortuna accumulata in breve tempo. Questo è il punto centrale della vicenda: la consegna diretta dei suoi soldi porta Jack, sotto la guida dei due, a capire che le sue azioni, fino a quel momento, erano "controllate" da un'entità (maligna) superiore, "che tutti vede, ma nessuno è in grado di vedere": Mr. Gold, il male in tutte le sue sfaccettature, personificazione in questo caso dell'Ego esasperato di Green. Emblematica la scena dell'ascensore, in cui Gold/ Green viene "scaricato" su Dorothy Macha (Ray Liotta), inconsapevole del suo destino, turbato da un imminente arrivo di Gold annunciatogli da Lily Walker ("Mr. Gold non concede seconde possibilità, avrà presto sue notizie"), portavoce dello stesso Gold, in seguito al regolamento di una partita di cocaina andata male. Ciò porterà Macha all'atto estremo, tentando in questo modo di sfuggire all'arrivo di Mr. Gold ("non può uccidere un uomo morto"), ma non riuscendo a capire che ormai egli stesso è in preda a quell'entità che prima offuscava le capacità decisionali di Green.
Notevoli le citazioni inserite in apertura, che consegnano allo spettatore una sorta di panoramica generale da analizzare nel particolare durante il dispiegarsi delle vicende. Seguendo questo tipo di impostazione, è possibile dividere la pellicola in due parti: la prima, nella quale in un modo o nell'altro le citazioni risultano mescolarsi fra loro all'interno della dinamica, e la seconda, in cui le citazioni vengono analizzate come nuclei a loro stanti, e in base a ciò si sviluppano le complesse vicende psichiche del povero Jack, frazionabili in tre grandi momenti: controllo esterno - consapevolezza del controllo - eliminazione del controllo.
Una strizzatina d'occhio allo scheletro della vicenda, città sconosciuta che risalta per l'accostamento, azzardato ma riuscito, di colori sgargianti e inusuali, all'interno dei quali spiccano le capacità recitative dei singoli attori, evidenziate da un uso continuo di primi piani, e per la colonna sonora, che dona allo spettatore la giusta dose di tensione emotiva nei momenti clous della pellicola.
Nella versione italiana c'è una sola cosa da rimproverare: il doppiaggio, a tratti troppo "esasperato" (scena iniziale dell'ascensore), in alcuni casi non azzeccato (la nipote di Green). 
Nel complesso rimane comunque un Ottimo film, da vedere e rivedere, da comporre e scomporre, finché non si arriverà ad assemblare un puzzle definitivo, in cui tutte le tessere combaceranno alla perfezione.
 
 
 

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