The Addiction

Un film di Abel Ferrara. Con Christopher Walken, Lili Taylor, Annabella Sciorra, Edie Falco, Paul Calderon.
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Horror, Ratings: Kids+16, durata 82 min. - USA 1994. - Vitagraph uscita martedė 11 novembre 1997. MYMONETRO The Addiction * * * 1/2 - valutazione media: 3,52 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Cogito ergo sum, dedito ergo sum, pecco ergo sum Valutazione 0 stelle su cinque

di LucaGuar


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martedė 28 ottobre 2025

"The addiction" non è forse il più immediato dei film di Abel Ferrara, ma si presenta piuttosto come un'opera molto complessa e dalle molte sfaccettature. La protagonista è una giovane studentessa di filosofia, che sta scrivendo la tesi di laurea in un'università di New York. Una sera questa viene rapita da una misteriosa donna, che si rivela essere un vampiro, e viene morsa trasformandosi in vampiro ella stessa. La ragazza inizia a cambiare atteggiamento e a provare malesseri fisici molto pesanti, per poi essere preda di una sete di sangue insaziabile. La sua parabola di dipendenza ("addiction" appunto) diverrà sempre più estrema, arrivando a contagiare tutte le persone che frequenta, le quali si trasformeranno in esseri famelici e assetati di sangue. La vita di  Kathleen viene però scossa da un incontro particolare e rivelatore: Peina (un grande Christopher Walken) è un vampiro, il quale sostiene tuttavia di essere stato in grado di controllare i propri impulsi tramite la volontà, e pratiche quali la meditazione e il digiuno, che potremmo definire ascetiche. Da lì, la ragazza sembra mitigare un po' il suo abbandono, la sua lascivia e decide di portare a termine la laurea, anche se poco dopo organizza una festa che diventa una vera e propria carneficina di sangue. Arrivata al culmine della sua auto-distruzione, e ad una disperazione quasi da possessione demoniaca, Kathleen si ritrova in ospedale, molto sofferente ma, ovviamente, incapace di morire, essendo un vampiro. Proprio in questo momento però, dove tutto sembra deflagrare, la ragazza riscopre le sue radici cattoliche e riceve l'eucarestia, preludio di una morte tanto desiderata, attesa come una liberazione.
"The addiction" è un film interessantissimo, forse troppo dimenticato, un film autobiografico per Ferrara, anche lui preda di problemi di dipendenza, che viene scritto magistralmente da Nicholas St. John, fido compagno di lavoro del regista per lungo tempo. Questa pellicola è affascinante anche dal punto di vista estetico, girata in un bianco e nero meraviglioso, cupo e limpido al contempo, caratterizzato da rimandi all'espressionismo del Nosferatu di Murnau. Alcune inquadrature sono poi davvero virtuose, e rivelano tutta l'abilità del regista neworkese; il montaggio e il ritmo sono pressochè perfetti. Il film, come si diceva, è poi sceneggiato benissimo, colmo di molte profonde riflessioni filosofiche sull'umano e sulla sua natura peccaminosa e malvagia, posizione questa sostenuta dalla stessa protagonista, che attraverso i vari Kierkegaard, Sartre e altri filosofi mostra una visione pessimistica, per certi versi esistenzialista della vita umana come gravata dal peccato e dalla dipendenza (non "cogito ergo sum", ma "dedito ergo sum", "pecco ergo sum" dice in una frase memorabile), da un male che sembra distruggere ogni pretesa di razionalizzazione, che si rivela nella prassi e che paralizza ogni tentativo speculativo, non tanto perchè questo non sia in grado di "spiegare" il male, ma perchè si dà un'intrinseca distanza tra filosofia e vita, tra il "cogitare" e "l'essere dediti" (traduzione molto bella di "addicted"). In fin dei conti, questo è un film molto kierkegaardiano, anche se la ragazza afferma non esserci un "salto" verso la fede e la salvezza (il famoso terzo stadio dell'esistenza, quello religioso, di Kierkegaard). Il finale è poi davvero inusuale, e forse anche inattuale: il cinema di Ferrara (e St. John) è tra i pochissimi contemporanei ad avere il coraggio di indicare una via di salvezza, e per lo più tutt'altro che "esotica" o laica, una salvezza che alcuni potrebbero ritenere tradizionalista o addirittura reazionaria o banale, ma che proprio nei nostri tempi senza Dio è a mio avviso da considerarsi quasi rivoluzionaria: l'affidarsi al Cristo che salva, come si vede nelle scene finali, il quale non tanto impedisce la morte, ma permette di morire alla morte e al peccato, al negativo, e proprio in virtù di questa morte porta a risorgere a vita nuova; non a caso la ragazza, nella scena finale, pone un fiore sulla sua stessa tomba: la vecchia Kathleen è morta alla morte della perdizione e della dipendenza distruttiva ed è risorta grazie all'intervento salvifico e catartico di Cristo, che dona la vera identità, per far morire quella vecchia, illusoria e tormentata dal peccato.
Per concludere, "The addiction" non è forse un film potente e impattante come, per esempio, "Il cattivo tenente", ma si può tranquillamente salutare come uno dei migliori film sui vampiri mai fatti, proprio perchè è infinitamente più di questo: è una profonda e originalissima riflessione sul male e sulla salvezza, sul cristianesimo e il suo significato oggi, sulla dipendenza e la sua natura, quest'ultima trattata in modo magistrale, nè in toni facilmente moralistici, nè secondo una fin troppo abusata apologia a sfondo nichilistico, ma viene piuttosto presentata su un piano direi filosofico-spirituale, volendo forse mostrare come la via per la salvezza può certo essere conosciuta tramite la filosofia (rappresentata dal personaggio interpretato da C.Walken?), ma messa in pratica soltanto su un piano religioso, esperienziale e iniziatico. Un film insomma non per tutti, ma certamente un capolavoro indiscutibile degli ultimi decenni, nato da un regista di grandissimo talento e dalla mente di un grande sceneggiatore.

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