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Il miglior poliziesco all'italiana insieme a "Milano calibro 9" di Fernando di Leo e “Il grande racket" dello stesso Castellari.
Dopo “La polizia incrimina, la legge assolve”, il regista torna al poliziesco (genere del quale si sarebbe poi affermato come uno dei massimi esponenti) e utilizza Franco Nero (nella sua prova migliore in assoluto: disperata, sincera, sentita) per attuare una profonda riflessione: il motivo che spinge il protagonista a vendicarsi dei criminali é stavolta dato dal fatto di aver ("semplicemente") subìto una vergogna pubblica. Ma la vergogna sua é in realtà la vergogna tutta di un paese (il nostro) che ha abbassato la giustizia a mera peculiarità burocratica, rivelandosi quindi inefficiente a garantire la sicurezza del singolo cittadino. Quest'ultimo appunto (come cita il titolo) non può fare altro che ribellarsi e farsi giustizia da solo.
In questo senso, la minaccia di ribellione attuata da un individuo alla fine del film, alla quale segue l'indimenticabile sguardo di Franco Nero prima dei titoli di coda, ha una potente carica rivoluzionaria e al contempo ha l'effetto di accusare duramente la polizia di negligenza.
Stupendo il tema "Goodbye My Friend" di Guido e Maurizio de Angelis, magistrali le scene d'azione (la sparatoria finale é cult), che nulla hanno da invidiare ai modelli americani, nonché efficacissimo l'uso di svariati ralenti durante le stesse (lo si può considerare un marchio di fabbrica del regista).
A livello narrativo poi il film mantiene costantemente alta la tensione, senza mai scivolare in dannose cadute di ritmo o facili patetismi.
Un film quasi irreperibile (scandaloso che sia stato messo fuori catalogo dal mercato dvd home video), eppure irrinunciabile.
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