Il seme della follia |
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Un film di John Carpenter.
Con Sam Neill, Charlton Heston, Julie Carmen, Jürgen Prochnow, Hayden Christensen.
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Titolo originale In the Mouth of Madness.
Horror,
durata 103 min.
- USA 1994.
- Penta Distribuzione
uscita giovedì 4 maggio 1995.
MYMONETRO
Il seme della follia
valutazione media:
3,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Archetipo e regressodi PolizianoFeedback: 205 | altri commenti e recensioni di Poliziano |
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sabato 5 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non è semplice spiegare la singolare struttura del film. Non che si ravvolga su sé stesso (come Strade perdute di Lynch); piuttosto è regolato da un meccanismo preciso, chiaramente disvelato solo nel finale, per cui si moltiplica all'infinito l'effetto di un medium (in questo caso lo schermo): Trent vede cioè sé stesso 'interpretare' un film sulla sua vicenda, film nel finale del quale vedrà sé stesso in un film, nel quale vedrà sé stesso in un film... e così via all'infinito. Per quanto curioso possa sembrare, una possibile fonte è il Mel Brooks del finale di Blazing Saddles e ancor più di Spaceballs, in una scena del quale è mostrato il meccanismo testè descritto; seppure in chiave comica, Brooks è infatti un regista che mostra ampiamente di saper giocare con la metateatralità. Qual è in breve l'effetto di una struttura simile? Quello di annullare la stessa esistenza ficta della storia; questa ha confini precisi. Se il film è in realtà tratto da un romanzo, allora rispetto all'intera vicenda di Trent non ci sono un 'prima' e un 'dopo', che esisterebbero nella finzione del film ma che non ci vengono mostrati; il film non è una 'fetta' di realtà, è una storia perfettamente chiusa. Il risvolto più pauroso allora sarebbe quello d'indurci a credere che, se il film è il romanzo, allora quest'ultimo esista davvero ed esistano Cane e il suo diabolico patto con le creature primeve. Ma a rassicurarci in tal senso è l'unica sfasatura rimasta tra il film visto da noi e quello visto da Trent nel finale, e cioè i titoli di testa, i quali ci assicurano dell'esistenza degli attori reali Sam Neill, Jurgen Prochnow e così via. Splendidamente isolato nella deriva degli anni novanta, ancora capace di creare immagini che s'imprimano nella mente dello spettatore (su tutte forse quella dello strappo e quella in cui Trent cerca di lasciare Hobb's end ma viene ogni volta ricacciato indietro) In the mouth of madness ha un'ispirazione 'colta', appunto lovecraftiana (la massima autorità) e attraverso una struttura simile cerca di dar vita a una storia archetipica e insieme definitiva cristallizzandovi tutti gli elementi del genere (la città fantasma, la chiesa sconsacrata, i bambini diabolici, e anche qui si potrebbe proseguire all'infinito) per imbastire un discorso sull' horror e sulla sua matrice regressiva, sulla ricerca delle origini e del passato primevo a cui sono legate le paure dell'uomo (le 'creature del passato' di cui parla Cane, quelle lovecraftiane); in ciò Carpenter muove forse anche una critica al genere di cui è l'alfiere, additandone gli aspetti di follia che i canali mediatici (l'editoria, il cinema stesso) smerciano senza nessuno scrupolo. Assolutamente perfetto, è solo perché non ha avuto epigoni che non si considera il miglior horror di ogni epoca.
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