La sala professori

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Un film di Ilker Çatak. Con Leonie Benesch, Leonard Stettnisch, Michael Klammer, Rafael Stachowiak.
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Titolo originale Das Lehrerzimmer. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 98 min. - Germania 2023. - Lucky Red uscita giovedì 29 febbraio 2024. MYMONETRO La sala professori * * * 1/2 - valutazione media: 3,60 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La sala professori

di ennepi54


Feedback: 606 | altri commenti e recensioni di ennepi54
martedì 26 marzo 2024

La sala professori (Das Lehererzimmer) è un film drammatico tedesco del 2023 diretto da ?lker Çatak. È stato candidato al 73º Festival internazionale del cinema di Berlino.
Brevemente il film si incentra sulla figura di una giovane professoressa, Carla Nowak, a cui viene affidata una seconda media inferiore. Nella scuola avvengono dei furti, la cui responsabilità è attribuita agli alunni. Ma alla professoressa non va il modo di come viene affrontato il problema perché da lei considerato controproducente e foriero di peggiori conseguenze nei loro confronti. Ella quindi pensa di “stanare” il vero responsabile facendo in modo che il proprio notebook possa registrare una parte dell’aula docenti. E in effetti il pc registra il maglione della persona che sottrae un portafoglio. Il capo di vestiario porta ad una persona, adulta, ben riconoscibile per i disegni che lo caratterizzano e non ad un ragazzo come da tutti creduto.
Il film presenta più piani di lettura: su quello strettamente pragmatico l’idea di posizionare una videocamera motu proprio e, peggio ancora, di invitare l’indiziato/a ad un passo indietro sono atti che legalmente non dovrebbero essere compiuti. Tuttavia è il “gradino” che permette al regista di portare avanti il proprio discorso. Il film insomma non è un poliziesco e non è pensato per esserlo, quindi l’incongruenza di partenza è un falso problema. Nella realtà della struttura filmica subentrano immediatamente i veri piani di sviluppo della questione: i genitori e gli alunni via via che la trama si sviluppa non esitano a dare di sé una interpretazione del fatto che li possa escludere del tutto da quanto accaduto e anzi ribaltando sull’insegnante tutta e intera la responsabilità delle tensioni che il fatto provoca. È una sorta di trionfo del political correct e di un modo meschino ed egoista di intendere le proprie responsabilità sempre e solo all’interno di un’ottica giustificazionista della propria immagine e di sé. Gli alunni iniziano a “dare addosso” ad un proprio compagno di classe in modo sempre più pesante perché quest’ultimo è direttamente coinvolto su quanto accade ma è quello stesso alunno che mostra nelle sequenze iniziali la propria maturità e bravura nella soluzione di un problema di non facile soluzione. L’invidia non esiste solo nei libri. I genitori a parole mostrano di essere preoccupati per la situazione dei propri figli e per i loro voti ma non esitano a scaricare sulle spalle dell’insegnante gli insuccessi dei figli stessi. Nella trama è ragguardevole il momento in cui l’insegnante si presta ad essere intervistata dai “redattori” del giornalino della scuola, impegno concordato prima di quello che sarebbe accaduto ma anticipato dai ragazzi con l’intento deliberato di cercare di mettere in difficoltà l’insegnante. Subito dopo di fronte ad alcune domande la professoressa sceglie di non accettare di interloquire per non far circolare voci, illazioni, che possono prestarsi a manipolazioni. In quella che, secondo me, è la scena clou, una giovane “redattrice” ricorda all’insegnante causa la sua scelta di restare in silenzio, il motto latino posto nella sala della redazione: VERITAS OMNIA VINCULA VINCIT. Ora, certamente la verità è di per sé rivoluzionaria, ma in quel momento di quale verità si sta parlando? Di una verità frutto del conformismo e della volontà di mistificare qualsiasi cosa per contrabbandare la propria immagine e la propria integrità. Viene voglia di pensare a tutte quelle occasioni in cui nelle scuole si trova spazio per improvvisate palestre di allenamento dialettico all’unico scopo di imparare a dire niente pensando di dire tutto o, peggio, di fare in modo di essere “sempre dalla parte della ragione o almeno della maggioranza”. Anche i docenti non escono bene dal quadro che il regista offre, perché l’insegnante Nowak intuisce di essere malconsiderata per partito preso da molti solo una collega le esterna la propria vicinanza.
Il film illumina alcune delle contraddizioni in cui la scuola oggi si dibatte. Come conciliare rispetto degli altri, necessità e obbligo dello studio e formazione culturale della persona? Come garantire una preparazione che possa aiutare il discente nella sua necessaria esigenza di dotarsi di mezzi culturali che possano preservare la sua autonomia e la sua consapevolezza? Non sono domande semplici e altrettanto non lo sono le risposte. Il lavoro dell’insegnante ben lungi dagli stereotipi negativi, specie in Italia, è in realtà un lavoro di grande responsabilità e non facile. Il film di Catak ci illustra un modo di intendere la scuola apparentemente “nella norma” che cade in una contraddizione verticale nel momento in cui invece che al già detto, allo scontato, e al tran tran di ogni giorno bisogna fare appello alla propria moralità e al proprio senso del dovere.

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