Foxtrot - La Danza del Destino |
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Un film di Samuel Maoz.
Con Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Yonatan Shiray, Gefen Barkai.
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Titolo originale Foxtrot.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- Israele, Germania, Francia 2017.
- Academy Two
uscita giovedì 22 marzo 2018.
MYMONETRO
Foxtrot - La Danza del Destino
valutazione media:
3,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un titolo sbagliato per un film sbagliatodi figliounicoFeedback: 51365 | altri commenti e recensioni di figliounico |
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sabato 25 marzo 2023 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Per Samuel Maoz la scelta del punto di vista non è soltanto una questione stilistica. Le frequenti inquadrature dell’azione dall’alto implicano lo sforzo di assumere uno sguardo altro da quello comune, forse il desiderio di vedere il mondo con l’occhio di Dio. La digressione filmica nel fumetto introduce un’ulteriore punto di vista, inusuale nella narrazione, quello innocente per definizione del bambino. Peccato che il titolo italiano del film spoileri il soggetto privando lo spettatore del piacere di scoprire lo sviluppo del plot. Peccato che le suggestioni degli sguardi incrociati, dall’alto e dal basso, restino tali e disarticolate non riuscendo a formare una prospettiva unica che ci dia un senso del mondo da condividere. E’ un dramma familiare che riflette quello di un’intera nazione in guerra dalla sua nascita e che a sua volta nel suo presente riassume la tragedia della shoah ed il terribile destino riservato al popolo ebraico dalla Storia. Tuttavia le ambizioni concettuali e le aspirazioni artistiche dello script non si realizzano nel film, soprattutto per la mancanza di tensione, che si concentra nei primi dieci minuti di girato, partendo dalla scena iniziale in cui i genitori ricevono la notizia della morte del figlio, per poi diluirsi nella lentezza spasmodica del modo di raccontare. La cinepresa si sofferma nella descrizione minuziosa di particolari esterni al dramma sfociando spesso in un estetismo di maniera, ad esempio, nella lunga sequenza in cui si passano lentamente in rassegna tutti gli oggetti disposti su un tavolo nel bunker dell’avamposto israeliano come fossero parte di una natura morta. L’apparizione del cammello, di per sé surreale, si sovraccarica di funzioni simboliche lasciate alla libera interpretazione dello spettatore e risulta anch’essa sganciata, come le anzidette suggestioni prospettiche, da una costruzione unitaria, da una visione interessante della questione che si vuole affrontare. Indubbiamente al fondo del film c’è la questione palestinese. In parole povere, il film è di una noia mortale e questo nonostante l’apprezzabile recitazione degli interpreti, in particolare di Lior Ashkenazi nel ruolo del padre, il protagonista su cui convergono tutte le linee d’azione del dramma, ed il riferimento attuale alla condizione esistenziale dei due popoli in lotta per la medesima terra. Un film che vorrebbe essere tante cose, politico, poetico, surreale, ma non riesce in nessuna di queste.
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