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                Il canto come  rabbia, libertà, ascolto, silenzio. Al largo della costa americana vicino a  Boston, Ruby Rossi, ragazza liceale di 17 anni, a tutto volume canta a squarciagola mentre lancia nelle ceste il pesce appena pescato.
 La sua famiglia, padre, madre e fratello maggiore, sul peschereccio insieme a lei, sono non udenti.
 In questa famiglia con disabilità uditiva, Ruby unica a sentire e parlare, è quindi una figura indispensabile.
 E’ lei che fa da interprete, comunica con il mondo esterno, e deve  risolvere con la parola i tanti problemi pratici.
 Una grande responsabilità che Ruby affronta con maturità nonostante la giovane età, grazie al forte legame familiare pur con le sue tipiche conflittualità, ma che comincia a rivelarsi un grosso peso ora che avverte  il bisogno nella libertà di seguire i moti del cuore e costruire  un futuro più congeniale.
 A metterla così duramente alla prova è anche la passione per il canto, scelta paradossale che non può essere capita e condivisa dalla sua famiglia data la sordità.
 Un dramma umano e sociale che tuttavia il film presenta con i toni di una commedia con molti spunti divertenti e capaci di strappare il riso.
 Memorabile certe battute del padre Frank ( Troy Kotsur, Oscar come attore non protagonista) rese nella lingua dei segni che la figlia con evidente imbarazzo  deve tradurre  a voce).
 Non era  facile, senza cadere nella inevitabile retorica sentimentale, trattare sul grande schermo il tema della disabilità  dovendo anche cimentarsi in un confronto, dal momento che il film  è il  remake di un recente film francese, La famiglia Bélier.
 La scelta della regista americana Sian Heder  si è rivelata invece vincente grazie a una sensibile tutta femminile nell’individuare nuovi accorgimenti. Innanzitutto la scelta di far recitare degli attori sordi, in questo caso i componenti della famiglia Rossi, e puntando  molto sulla voce e lo strumento del canto, che la giovane protagonista, Emilia Jones,  usa  in maniera  superba.
 Canto  fatta di ascolto ma anche di silenzio, elementi necessari entrambi della comunicazione.
 Il canto permetterà così di dare a tutti i componenti della famiglia una nuova consapevolezza sul significato e sull’uso della parola. La parola in fondo serviva nella famiglia,  prima di una  nuova consapevolezza, solo come strumento e non come essenza interiore, per comunicare in profondità cercando di capire la individualità di una persona.
 “Ci sono molte persone che hanno una bella voce ma che non hanno nulla da dire” dirà il maestro di canto a scuola a Ruby all'inizio  insicura e preoccupata di essere ridicolizzata, come altre volte le era capitato.
 In maniera credibile e  naturale il film riesce  così significativamente a passare  dal riso di una commedia con contenuto sociale a momenti di commozione profonda,  capaci di toccare le corde più intime.
 (antonio mired)
 
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