I want to live è il titolo originale del film più bello e significativo di quello italiano. Il soggetto è tratto (purtroppo da una vicenda vera) che riguarda la storia di Barbara Graham condannata per omicidio e il rapporto con il giornalista Ed Montgomery che partito da una posizione colpevolista si rese conto della sua innocenza. La regia è di Robert Wise valente professionista della Hollywood degli anni '50 e '60 (Oscar per la miglior regia per West Side Story e Tutti insieme appassionatamente), che effettua una regia altamente drammatica che lascia un impatto profondo nell'animo dello spettatore.
La storia è quella di Barbara Graham bella donna (Interpretata da una superba Susan Hayward che meritò l'Oscar), una ragazza border line che vive un pò prostituendosi, un pò con piccoli delitti, piccole truffe, emissione assegni a vuoto.Cerca di cambiare vita e si sposa ed ha un figlio, ma il marito è un drogato e le prende tutti i soldi che lei guadagna, lo lascia e s'imbarca con 3 criminali che uccidono per rapina una vecchia signora, ma lei non è presente al fatto. Purtroppo uno fa il pentito e per alleviare la sua posizione accusa gli altri 2 e Barbara (per vendetta personale) gli altri 2 confermano la versione sperando che lei non venga condannata alla camera a gas perché donna e madre. Barbara è innocente addirittura l'assassino usa la mano destra per l'omicidio e lei è mancina, oltretutto non si trovano tracce di lei sulla scena del delitto. Ma contro di lei si scatena la stampa la donna sanguinaria e senza scrupoli un pò aiutata nei giudizi dal suo atteggiamento sfrontato. Non serve nulla l'aiuto di uno psicologo che capisce chiaramente che la donna è inocente e di un giornalista Montgomery che prima colpevolita comprende la totale innocenza della donna. Barbara verrà giustiziata dopo processi e sfibranti rinvii nella camera a gas.
Il primo è il potere dei mass media che creano colpevoli a seconda dei propri interessi ovvero giustifivcano i delitti più atroci pensiamo alla vicenda di Tortora con giornalisti che brindarono alla sentenza di condanna di primo grado e che lo dipinsero come un mostro oppure al giustificazionismo che vediamo in questi giorni in certa stampa a favore di assistenti sociali che toglievano i figli alla povera gente per affidarli a famiglie benestanti (l'affido è un business di alcuni miliardi annui). Si è colpevoli o innocenti secondo le idee o gli interessi dei gruppi che controllano i mass media, in questo film Barbara per il suo comportamneto è un obiettivo troppo ghiotto per non linciarla sui giornali.
Altro tema è il destino: basta poco per cambiare una vita eppure quel poco ti sfugge dalle dita per insipienza o per sfortuna. Infine la crudeltà della pena di morte ma non tanto in sè ma come viene applicata in America con continui rinvii o sospensioni con modalità di una giustizia barbara e priva non solo di pietas, ma soprattutto di fondamenti giuridici solidi, carenze che da solo giustificano la sua abrogazione. Da sottolineare certi momenti del film crudi e spietati specie l'esecuzione della condanna con i suoi meccanismi feroci nella loro anonimità, questa scena è un autentico capolavoro. Ottima l'interpretazione di Susan Hayward una delle migliori attrici degli anni '40-'70 (tra i tanti: Il prigioniero della miniera e Masquerade) che conseguì il premio Oscar. una volta tanto dato più che meritatamente.
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