fabal
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martedì 31 luglio 2018
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ingiustamente sottovalutato
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Sono trascorsi nove anni da quando la Discovery ha raggiunto l'orbita di Giove, e da allora si sono persi i contatti con la nave e il suo equipaggio. I russi organizzano una missione, a bordo della Leonov, per ritrovare l'astronave perduta e scoprire qualcosa in più circa il misterioso monolite: prima di partire, però, convincono tre americani ad unirsi a loro, per riattivare il computer di bordo Hal 9000 e scoprire cosa sia accaduto a David Bowman.
L'improponibile fardello che grava sulle spalle di Peter Hyams, condanna il film a un devastante quanto inevitabile confronto con il predecessore. Se nel capolavoro di Kubrik la trama (tratta dal romanzo di Arthur Clarke) sembrava quasi un accessorio sporadico al servizio della potenza simbolica delle immagini, delle musiche e da quel senso di cinema "totalizzante", lo stesso non si può dire di 2010, sequel anche troppo lineare e prodigo di spiegazioni.
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Sono trascorsi nove anni da quando la Discovery ha raggiunto l'orbita di Giove, e da allora si sono persi i contatti con la nave e il suo equipaggio. I russi organizzano una missione, a bordo della Leonov, per ritrovare l'astronave perduta e scoprire qualcosa in più circa il misterioso monolite: prima di partire, però, convincono tre americani ad unirsi a loro, per riattivare il computer di bordo Hal 9000 e scoprire cosa sia accaduto a David Bowman.
L'improponibile fardello che grava sulle spalle di Peter Hyams, condanna il film a un devastante quanto inevitabile confronto con il predecessore. Se nel capolavoro di Kubrik la trama (tratta dal romanzo di Arthur Clarke) sembrava quasi un accessorio sporadico al servizio della potenza simbolica delle immagini, delle musiche e da quel senso di cinema "totalizzante", lo stesso non si può dire di 2010, sequel anche troppo lineare e prodigo di spiegazioni. Spiegazioni che, però, il film si sforza di fornire al meglio, cercando di chiudere il cerchio con i tanti, troppi, interrogativi lasciati dal finale 2001. Che davvero A space Odyssey necessitasse di questo intervento chiarificatore è dubbio, nonostante la trama del film di Hyams riprenda coerentemente quella di Clarke.
Tuttavia, nonostante diventi quasi l'appendice illustrata di 2001, L'anno del contatto risulta un prodotto sorprendentemente fascinoso e accurato che, pur ingabbiato dall'ottica del paragone, fa quanto di meglio fosse in suo potere. Mancano le sequenze epocali, mancano gli indugi visionari nelle scene spaziali, ma la trama tiene alta la soglia dell'attenzione con alcuni momenti di tensione vera.
Ne risulta un film scorrevole, che mette tanta carne al fuoco senza lasciarsi autodistruggere dalle cadute di stile. E non solo: 2010 ricostruisce una straordinaria continuità visiva con il predecessore, soprattutto quando l'equipaggio della Leonov abborda la Discovery, ritrova Hal 9000 e lascia fluire un piacevolissimo senso di dejà vu. Gli effetti speciali forse dozzinali per l'epoca (1984), volontariamente o meno sembrano la prosecuzione naturale di quanto imbastito nel 1969, aumentando la sorprendente fedeltà al film di Kubrik che mai sembra essere stravolto, ma semplicemente riesplorato. Per raggiungere questo già difficilissimo traguardo Hyams si avvale anche di qualche legitima "ruffianata" come l'apertura affidata nuovamente alle note di Richard Strauss e la riproposizione di Lux Aeterna.
Neanche la qualità registica giustifica la stroncatura che il film ha subito da parte della critica: anzi. Le inquadrature, specie, all'interno delle astronavi, sono efficaci e citano persino la tavola rotonda attorno alla quale siede l'equipaggio della Nostromo in Alien. Anche la Discovery che rotea all'impazzata nell'orbita di Giove rimane impressa.
L'unica nota stonata è la ricerca di una connessione tra la portata metafisica dell'enigma del monolite con i temi della guerra fredda, che il film risolve con una morale distensiva e un finale forse prevedibile.
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kronos
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lunedì 1 gennaio 2018
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fiacco
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Fiacco sequel di "2001 Odissea nello spazio" diretto da un mestierante con qualche esperienza sci-fi.
Il romanzo di Arthur Clarke da cui fu tratta la sceneggiatura del film ha diversi motivi d'interesse, ma la spiccata componente politica (tensioni da guerra fredda USA-URSS) non ha giovato alla vicenda.
Dal canto suo Hyams non ha saputo allestire, nonostante la tecnologia anni '80, una produzione all'altezza del prototipo di Kubrick: le ricostruzioni elettronico-informatiche appaiono artigianali e l'impianto visivo ed estetico della pellicola raramente vola oltre la media.
Il cast è anonimo, con la parziale eccezione di Roy Scheider, mentre le chiacchiere filosofiche abbondano in eccesso.
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Fiacco sequel di "2001 Odissea nello spazio" diretto da un mestierante con qualche esperienza sci-fi.
Il romanzo di Arthur Clarke da cui fu tratta la sceneggiatura del film ha diversi motivi d'interesse, ma la spiccata componente politica (tensioni da guerra fredda USA-URSS) non ha giovato alla vicenda.
Dal canto suo Hyams non ha saputo allestire, nonostante la tecnologia anni '80, una produzione all'altezza del prototipo di Kubrick: le ricostruzioni elettronico-informatiche appaiono artigianali e l'impianto visivo ed estetico della pellicola raramente vola oltre la media.
Il cast è anonimo, con la parziale eccezione di Roy Scheider, mentre le chiacchiere filosofiche abbondano in eccesso.
Peccato, perchè qualche notevole sequenza (l'aereofrenata nell'atmosfera di Giove, il recupero da brividi della Discovery) e un certo potenziale del soggetto, avrebbero consentito esiti ben diversi.
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