alain.m.
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giovedì 3 luglio 2008
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"il cerchio non è rotondo"
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Di forte spessore emotivo, il film è costituito da tre capitoli titolati,disposti secondo una sequenzia temporale di tipo circolare, tema questo che apre e chiude il lungometraggio.La circolarità dell'opera non riguarda solo un fattore cronologico bensì anche lo "spazio di vita" del protagonista, un macedone che dopo aver fatto carriera come fotoreporter a Londra, decide di ritornare al paese di origine, soffocato da un malinconico senso di non appartenenza. Il rientro in Macedonia non è però così fausto come lo erano le sue aspettative. Scopre una realtà amara, un conflitto etnico tra albanesi e macedoni alimentato da un'incosciente superficialità infraraziale. Una realtà in cui l'orgoglio di razza sprofonda i rapporti tra le persone più intime.
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Di forte spessore emotivo, il film è costituito da tre capitoli titolati,disposti secondo una sequenzia temporale di tipo circolare, tema questo che apre e chiude il lungometraggio.La circolarità dell'opera non riguarda solo un fattore cronologico bensì anche lo "spazio di vita" del protagonista, un macedone che dopo aver fatto carriera come fotoreporter a Londra, decide di ritornare al paese di origine, soffocato da un malinconico senso di non appartenenza. Il rientro in Macedonia non è però così fausto come lo erano le sue aspettative. Scopre una realtà amara, un conflitto etnico tra albanesi e macedoni alimentato da un'incosciente superficialità infraraziale. Una realtà in cui l'orgoglio di razza sprofonda i rapporti tra le persone più intime. Il film è un crescendo in esponenziale , sia a livello di velocità nelle scene, sia per l'attenzione che fermenta nel suo avanzare.Ottima rappresentazione di spaccati di vita e profonde indagini introspettive del protagonista. Il tutto nasce e muore nei pressi di un monastero macedone, "prima di della pioggia".
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molenga
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giovedì 30 maggio 2013
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viaggio in un luogo che non esiste più
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Parole, volti, fotografie. Un giovane monaco ortodosso, nella Macedonia ai bordi della guerra nei balcani, si trova a dover nascondere una ragazza albanese, rea di aver ucciso un pastore dell'etnia cristiana: mente ai suoi per salvarle la vita, invano. Un fotoreporter torna, dopo 16 anni, nello stesso villaggio del monaco, andando incontro ai suoi ricordi e alla nuova, inconcepibile divisione etnico-religiosa di quella che fu la jugoslavia dove era nato: a Londra ha lasciato una brillante carriera- è fresco vincitore di un Pulitzer- e un amore.
Cruda riflessione sul sangue che chiama sangue nei balcani post-Tito, splendida regia e un intrigante montaggio, Leone d'oro a Venezia e nomination all'oscar per il miglior film straniero; interessante affresco dell'ipocrisia insita nelle faide e triste sguardo su una pioggia che non è ancora finita.
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achab50
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venerdì 12 marzo 2021
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paradosso temporale o svista dello sceneggiatore?
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la vicenda si svolge in tre episodi concatenati che la rendono circolare; banalmente si potrebbe dire che è possibile iniziare la visione da qualsiasi punto e la percezione dello spettatore non viene minimamente variata.
La location iniziale è uno sperduto angolo della Macedonia, devastata da una delle tante guerre dimenticate, e si apre con straordinarie immagini di vita monastica in un convento modesto ma con affascinantissimi affreschi. Il giovane monaco Kiril ha fatto voto del silenzio e dunque non parla, ma si trova in camera, di sera, una giovanissima ragazza di cui nemmeno comprende il linguaggio. Si scopre poi che è ricercata per un presunto (falso) omicidio, il monaco viene dimesso dal convento e tenta, non riuscendoci, di mettere in salvo la giovane.
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la vicenda si svolge in tre episodi concatenati che la rendono circolare; banalmente si potrebbe dire che è possibile iniziare la visione da qualsiasi punto e la percezione dello spettatore non viene minimamente variata.
La location iniziale è uno sperduto angolo della Macedonia, devastata da una delle tante guerre dimenticate, e si apre con straordinarie immagini di vita monastica in un convento modesto ma con affascinantissimi affreschi. Il giovane monaco Kiril ha fatto voto del silenzio e dunque non parla, ma si trova in camera, di sera, una giovanissima ragazza di cui nemmeno comprende il linguaggio. Si scopre poi che è ricercata per un presunto (falso) omicidio, il monaco viene dimesso dal convento e tenta, non riuscendoci, di mettere in salvo la giovane. Nel secondo episodio (il più breve) siamo a Londra dove una ragazza esamina delle foto di guerra con l'escuzione della giovane del primo episodio, e viene coinvolta in una sparatoria in cui perde il marito. il terzo episodio mostra un fotografo vincitore del Pulitzer che, sentendosi in colpa per i numerosi episodi di guerra cui ha dovuto assistere torna in Macedonia trovandola lacerata in una guerra continua con gli albanesi, qualche anno prima pacificamente conviventi, e qui muore nel tentativo di salvare la ragazza del primo episodio, la quale si rifugia nel convento...
La vicenda, se scritta, risulta confusa, ma non così il film che è condotto con mano sicura, con una fotografia splendida, paesaggi mozzafiato, personaggi tutti ben delineati e tridimensionali. Siamo di fronte ad un vero e proprio capolavoro. I racconti circolari sono molto difficili da rendere e forieri di qualche scivolone. Che non manca nemmeno qui ed i critici nella torre d'avorio hanno definito "paradosso temporale". Infatti l'agenzia fotografica esamina le foto del reporter scattate in Macedonia dopo la sua morte e addirittura prima del suo ritorno in questa terra martoriata. Fosse stato un film che trattava della curvatura spazio-temporale poteva avere qualche giustificazione, ma in tutta la narrazione così strutturata stride semplicemente, come un imperatore romano con tanto di orologio al polso.
Questo premesso, ed è ovviamente una mia lettura solamente, il film è straordinario da ogni punto di vista. La sua età di 25 anni nulla ha cambiato sulla denuncia delle guerre dimenticate, davvero un buon modo di passare una serata.
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