r.a.f.
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venerdì 8 novembre 2019
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l'apparenza inganna sempre
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Film insolito e spiazzante, sostenuto fino all’ultimo da un ritmo teso che toglie il respiro.
Pochissimo va detto della trama, per non rovinare la sorpresa e svelare uno dei più singolari e sconvolgenti finali nella storia del thriller.
Quasi tutto il film si svolge all’interno dei locali della polizia, dove gli agenti interrogano i sopravvissuti ad un delitto tanto brutale quanto apparentemente inspiegabile, per comprendere cosa sia realmente successo. Le varie testimonianze ci mostrano, attraverso flashbacks, la ferocia e la spietata crudeltà dei killer, ma rivelano anche evidenti contraddizioni tra i testimoni stessi, che, per un motivo o per l’altro, mentono tutti.
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Film insolito e spiazzante, sostenuto fino all’ultimo da un ritmo teso che toglie il respiro.
Pochissimo va detto della trama, per non rovinare la sorpresa e svelare uno dei più singolari e sconvolgenti finali nella storia del thriller.
Quasi tutto il film si svolge all’interno dei locali della polizia, dove gli agenti interrogano i sopravvissuti ad un delitto tanto brutale quanto apparentemente inspiegabile, per comprendere cosa sia realmente successo. Le varie testimonianze ci mostrano, attraverso flashbacks, la ferocia e la spietata crudeltà dei killer, ma rivelano anche evidenti contraddizioni tra i testimoni stessi, che, per un motivo o per l’altro, mentono tutti. Gli unici in grado di risolvere il mistero sembrano essere due agenti dell’FBI inviati sul posto ad indagare.
La soluzione arriverà come un pugno nello stomaco negli ultimi dieci minuti del film, con un colpo di scena davvero imprevedibile.
E del resto dalla figlia di David Linch non ci si poteva aspettare niente di meno.
La presenza degli enigmatici agenti F.B.I. e l’ambientazione in un piccolo paesino della provincia americana popolato da personaggi a dir poco singolari, ricorda indubbiamente Twin Peacks, ma la ricostruzione dei fatti attraverso la narrazione dei protagonisti e la scena circoscritta alla stazione di polizia riecheggia I soliti sospetti, mentre la difficoltà di distinguere tra ciò che i testimoni affermano e ciò che è effettivamente successo fa pensare addirittura a Rashomon. Sicuramente Jennifer Linch è cresciuta parecchio dai tempi del discutibile e per nulla memorabile Boxing Helena.
Ardita la scelta di Julia Ormond, più volte apparsa in ruoli romantici e squisitamente femminili, per un personaggio forte e aggressivo, ma il risultato è tutt’altro che deludente. Ottimo anche Bill Pullman, che appare incredibilmente a suo agio in un ruolo anche per lui abbastanza insolito.
L’ambiente claustrofobico della piccola stazione di polizia, l’invadente presenza delle telecamere e l’assenza quasi totale di una colonna sonora, rendono l’atmosfera inquietante e misteriosa. Le bugie dei testimoni e il comportamento stravagante dei vari personaggi di contorno contribuiscono a portare lo spettatore sempre più lontano dalla verità, rendendo il finale ancora più inaspettato.
A pochi minuti dalla fine si innesca un crescendo di tensione che esplode in un culmine di violenza e follia senza limiti. Solo negli ultimi fotogrammi il clima si rasserena inaspettatamente, lasciando aperta la porta ad una parvenza di speranza.
E’ un film da vedere tutto d’un fiato, per gustarsi la conclusione, e da rivedere poi con calma per assaporare i particolari e le sfumature dei dettagli. Quasi geniale.
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noia1
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mercoledì 21 dicembre 2016
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non c'è più religione
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In una piccola cittadina di provincia si consuma un brutale ed apparentemente insensato duplice omicidio, tre testimoni sono la chiave di tutto e due agenti dell’’FBI sembrano essere gli unici in grado di risolvere il caso.
Film feroce e senza pietà nei contenuti almeno tanto quanto lo è nella sostanza, una specie di martellata sul piede all’improvviso, non ce la si aspetta veramente. Un incipit forte al servizio di una trama che al passare dei minuti si sgretola sotto ai nostri occhi rivelando ciò che veramente sta al centro del significato, del messaggio.
Duelli di sguardi e silenzi nel bel mezzo dei dialoghi serrati ed attenti, spesso calanti nel turpiloquio per quanto ben misurati a seconda delle personalità e della situazione, un ampio confronto attentamente descritto condisce l’indagine dove forse più che la verità è importante decidere chi ha ragione tra i rudi ranger ed i sofisticati agenti.
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In una piccola cittadina di provincia si consuma un brutale ed apparentemente insensato duplice omicidio, tre testimoni sono la chiave di tutto e due agenti dell’’FBI sembrano essere gli unici in grado di risolvere il caso.
Film feroce e senza pietà nei contenuti almeno tanto quanto lo è nella sostanza, una specie di martellata sul piede all’improvviso, non ce la si aspetta veramente. Un incipit forte al servizio di una trama che al passare dei minuti si sgretola sotto ai nostri occhi rivelando ciò che veramente sta al centro del significato, del messaggio.
Duelli di sguardi e silenzi nel bel mezzo dei dialoghi serrati ed attenti, spesso calanti nel turpiloquio per quanto ben misurati a seconda delle personalità e della situazione, un ampio confronto attentamente descritto condisce l’indagine dove forse più che la verità è importante decidere chi ha ragione tra i rudi ranger ed i sofisticati agenti. Eˊ sorprendente come dall’indagine invece di spiegare confonda, cioè la spiegazione in realtà è un amplificarsi delle cose con strade che si aggiungono una dopo l’altra.
Poi il colpo di scena con chi dovrebbe aiutare che si rivela essere l’ultimo degli alleati, ci può stare, ma Jennifer Lynch fa un affresco troppo perfetto di una certa situazione per non restarci di sasso al capire di come realmente si svolgono gli eventi, eventi di personaggi perfettamente caratterizzati per poi essere spogliati di sé stessi. Ad un certo punto non è più un thriller bensì un sadico horror crudele, un orrore dell’anima in una discesa nello schifo che c’è dentro le persone nell’insopportabile fondo della storia. Tutto alla fine esplode, domina la violenza in una crescere progressivo e sempre più concreto di scena in scena.
Un film che parla per retrospezioni paradossalmente all’aria di tensione che si respira, ciò che dicono o che si vede è già successo, un passo avanti spiega tre passi indietro ed il presente tornerà utile solo nel finale. Film che sembra avere il dovere, nel decomporre la propria trama, di fare a pezzi un intero modo di vedere le cose.
Un po’ qua ed un po’ là ciò che sorreggeva la vicenda stessa viene tolto per rivelare una realtà che sotto sotto ha il proprio fulcro nell’insensatezza totale.
Il finale poi con quella spruzzata di melenso buonismo ha nell’inquadratura di chiusura tutta la propria assenza di speranza, pazzi decidono per gli indifesi e chi è buono produce solo deliberato dolore.
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de lorean
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mercoledì 20 febbraio 2013
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e brava jennifer lynch!
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Siamo negli anni 70, due agenti dell'FBI arrivano in un paesino dove sono stati commessi degli omicidi tra i quali quello di un poliziotto.
Gli agenti cominciano ad interrogare tre testimoni.
Tutto sommato buona questa prova da regista della figlia di David Lynch, mi ha stupito, pensavo peggio.
Finalone a sorpresa!
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