Eran Riklis, nel suo racconto, tratto dal libro omonimo di Azar Nafisi, ci narra la disillusione rapidamente progressiva della professoressa di letteratura contemporanea Azar Nafisi, rientrata in Iran dopo la cacciata di Mohammad Reza Pahlavi, con il sogno di un paese più giusto e moderno, capace di tollerare le differenze, e di poter contribuire di persona a questa rinascita, dopo gli anni bui del governo dello Scià. Sogno infranto e rapidamente trasformatosi in un incubo persecutorio, dopo la rivoluzione islamica dell’undici febbraio 1979 di Ruhollah Khomeyni il quale non solo era diventato la guida suprema e indiscussa dell’Iran, ma aveva costretto lo Stato a sottomettersi all’Islam.
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Eran Riklis, nel suo racconto, tratto dal libro omonimo di Azar Nafisi, ci narra la disillusione rapidamente progressiva della professoressa di letteratura contemporanea Azar Nafisi, rientrata in Iran dopo la cacciata di Mohammad Reza Pahlavi, con il sogno di un paese più giusto e moderno, capace di tollerare le differenze, e di poter contribuire di persona a questa rinascita, dopo gli anni bui del governo dello Scià. Sogno infranto e rapidamente trasformatosi in un incubo persecutorio, dopo la rivoluzione islamica dell’undici febbraio 1979 di Ruhollah Khomeyni il quale non solo era diventato la guida suprema e indiscussa dell’Iran, ma aveva costretto lo Stato a sottomettersi all’Islam. Gli oppositori definiti violenti traditori e sovvertitori dello stato erano stati eliminati o costretti a fuggire all’estero. Vero è che il paese si era liberato della “feccia” di cui non aveva bisogno, ma nel contempo aveva perso una moltitudine di menti intelligenti, particolarmente intelligenti, anche geniali, delle quali non solo l’Iran poteva andare fiero, ma che avrebbero permesso una rinascita clamorosa. Dopo il 1933 la Germania poteva certo vantare la “fisica ariana”, il vecchio Lenard, Stark, Werner Heisenberg, ma aveva perso Otto Stern, Isidor Isaac Rabi, Felix Bloch, Lev Davidovič Landau, Maria Goeppert-Mayer, Richard Philliphs Feynman, Hans Albrecht Bethe, Murray Gell-Mann, Sheldon Lee Glashow, Steven Weinberg, Leon Max Lederman, Melvin Schwartz, Jack Steinberger, Jerome Isaac Friedman, David Morris Lee, David Gross, David Politzer, Max Delbruck, Salvador Luria, Emilio Segre, e forse altri, oltre ad Einstein. In tutto il film assistiamo impotenti al progressivo ridursi degli spazi vitali della professoressa Nafisi per cui alla fine, all’alternativa della morte civile, rimaneva l’esilio.
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