Liana Messina
D di Repubblica
Dopo essersi fatto notare con il suo cartoon d'esordio, Away (con cui aveva vinto a sorpresa il Festival di Annecy nel 2019), il regista Gints Zilbalodis ha incantato gli spettatori di Cannes il maggio scorso con il suo secondo lungometraggio, Flow: una favola ecologica raccontata anche questa volta senza dialoghi, ma con uno stile immaginifico e una purezza d'intenti che si rivelano molto più incisivi di mille parole, piena di sentimenti ed emozioni, senza mai essere banale o zuccherosa. Osannato anche da Guillermo Del Toro («Mi ha lasciato senza fiato») il film, dopo le anteprime italiane alla Festa del Cinema di Roma e a Lucca Comics&Games, arriva nelle sale il 7 novembre.
Protagonista del film è un gatto con un mantello grigio scuro e grandi occhi luminosi, che si muove in un mondo colpito da un'alluvione apocalittica: un disastro ecologico di cui non si conoscono motivazioni o colpevoli e che sembra non aver salvato alcun essere umano. Restano soltanto un pugno di animali costretti a fuggire, a ogni nuovo arrivo prepotente dell'acqua, alla ricerca di un riparo.
L'indole del gatto lo spingerebbe a un'esistenza solitaria, ma quando anche la sua casa viene totalmente inondata, è costretto a trovare rifugio su una malconcia barca a vela insieme ad altri animali di specie diverse: un labrador che preferisce la compagnia del gatto a quella del branco di agguerriti segugi con cui stava, un buffo lemore affascinato da specchi e oggetti lucenti, un grosso ma innocuo capibara (il roditore più grande al mondo) e un imponente rapace bianco che all'inizio sembra un predatore invece rivela un'anima materna e protettiva. Mentre questa strana compagnia attraversa un fiume in piena affrontando un viaggio zeppo di incognite, gli animali imparano a sfidare le proprie paure (a cominciare da quella per l'acqua), a fidarsi dei compagni, a convivere potendo contare sull'aiuto reciproco, tra bellissime foreste tropicali e deserte città dalle mura antiche: insieme diventano più forti grazie all'amicizia che li unisce.
Trent'anni appena compiuti, nato in Lettonia, già in predicato per una probabile nomination all'Oscar, Zilbalodis è un assoluto autodidatta, non ha frequentato scuole e ha imparato il disegno e poi la tecnica dell'animazione Cgi sul campo, scrivendo, producendo e firmando persino le musiche dei suoi sette cortometraggi e poi di Away. Questa è la prima volta in cui ha accettato l'idea di lavorare con un'équipe: «Da ragazzo», ha raccontato, «ero timido e insicuro, ero convinto che non avrei mai saputo dire alla gente cosa fare, per questo ho scelto l'animazione, un ambito in cui potevo creare qualsiasi cosa volessi da solo e con i miei ritmi». In Flow il passaggio al lavoro di squadra, fatto insieme al cosceneggiatore Matss Kaa e a un team di oltre 50 persone, è stato quasi un'evoluzione necessaria, il riflesso dell'idea di solidarietà che sta alla base della storia.
Colori e sequenze sottomarine incantate, tratti degli animali naturali e per nulla antropomorfici, il film affascina bambini e adulti, disegnando un possibile futuro dell'animazione.
Da La Repubblica D, 2 novembre 2024
di Liana Messina, 2 novembre 2024