fabrizio friuli
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sabato 20 gennaio 2024
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sono cresciuti troppo in fretta
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Quattro amici che frequentano la scuola elementare, dovendo convivere con i problemi che le loro famiglie possono legittimamente avere, desiderano di diventare subito grandi, senza avere l' esperienza necessaria per affrontare la vita delle persone grandi, quindi, I quattro amici finiscono nei guai anche con le autorità, perché I bambini, ritenuti scomparsi, vengono cercati della autorità e le autorità pensano che i quattro adulti trasformati siano dei rapitori.
Da Grandi è una commedia del regista Fausto Brizzi che, non ha i mezzi necessari per essere reputata una valida commedia : la sinossi è piuttosto ridicola e le scene che dovrebbero essere divertenti non farebbero ridere nemmeno casualmente, tuttavia, ci sono alcune componenti decenti che costituiscono la commedia brizziana: Quando uno dei personaggi principali scopre in maniera vaga di essere omosessuale, inizia a frequentare il preside della sua scuola elementare ed anche il personaggio minoritario è omosessuale e fortunatamente, nessuno dei due personaggi omosessuali ( specialmente il personaggio del preside ) incarna il tipico stereotipo dell' omosessuale che era onnipresente in quasi tutte le commedie italiane, i quattro bambini hanno delle storie verosimili: uno di loro proviene da una famiglia non disagiata, ma il padre è la madre sono in crisi, un altro bambino vive con i suoi nonni ( senza sapere che i suoi genitori sono morti a causa di un incidente stradale ), il terzo bambino ( quello che scopre l' omosessualità ) ha una madre giovane e piacente che frequenta un individuo poco gradito dal bambino stesso e la bambina ha un padre che le impone di essere una tennista ( non essendo riuscito lui stesso a diventare un asso di quella disciplina sportiva ) e sono queste le uniche parti funzionali del film che è come una nave mal assemblata.
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Quattro amici che frequentano la scuola elementare, dovendo convivere con i problemi che le loro famiglie possono legittimamente avere, desiderano di diventare subito grandi, senza avere l' esperienza necessaria per affrontare la vita delle persone grandi, quindi, I quattro amici finiscono nei guai anche con le autorità, perché I bambini, ritenuti scomparsi, vengono cercati della autorità e le autorità pensano che i quattro adulti trasformati siano dei rapitori.
Da Grandi è una commedia del regista Fausto Brizzi che, non ha i mezzi necessari per essere reputata una valida commedia : la sinossi è piuttosto ridicola e le scene che dovrebbero essere divertenti non farebbero ridere nemmeno casualmente, tuttavia, ci sono alcune componenti decenti che costituiscono la commedia brizziana: Quando uno dei personaggi principali scopre in maniera vaga di essere omosessuale, inizia a frequentare il preside della sua scuola elementare ed anche il personaggio minoritario è omosessuale e fortunatamente, nessuno dei due personaggi omosessuali ( specialmente il personaggio del preside ) incarna il tipico stereotipo dell' omosessuale che era onnipresente in quasi tutte le commedie italiane, i quattro bambini hanno delle storie verosimili: uno di loro proviene da una famiglia non disagiata, ma il padre è la madre sono in crisi, un altro bambino vive con i suoi nonni ( senza sapere che i suoi genitori sono morti a causa di un incidente stradale ), il terzo bambino ( quello che scopre l' omosessualità ) ha una madre giovane e piacente che frequenta un individuo poco gradito dal bambino stesso e la bambina ha un padre che le impone di essere una tennista ( non essendo riuscito lui stesso a diventare un asso di quella disciplina sportiva ) e sono queste le uniche parti funzionali del film che è come una nave mal assemblata. Per quanto riguarda gli attori principali ( Enrico Brignano, Luca Bizzarri, Ilenia Pastorelli e Paolo Kessisoglu ) tutti e quattro non sono stati catastrofici, ma non sono stati neppure eccezionali, la loro recitazione merita soltanto la sufficienza, la sceneggiatura è discutibile e questo ulteriore elemento imperfetto rende il film Da Grandi una commedia impossibile da apprezzare.
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felicity
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domenica 17 settembre 2023
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solo gag e siparietti
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In Da grandi tutto risulta ideato per qualcosa che resta in superficie, creando quindi un cortocircuito generale. Rivedere il film culto di Franco Amurri sotto forma di remake poteva essere una buona idea, se l'idea stessa fosse stata supportata da un linguaggio intelligente e da una maggior coesione che mantenesse saldamenti legati i tre fattori principali quando si parla di commedia: regia, sceneggiatura, interpreti.
Tutto si limita a gag e siparietti nel remake diretto da Fausto Brizzi, che non riesce ad essere né un film nuovo né un vero omaggio al film cult di Franco Amurri.
Il film, minuto dopo minuto, si dimostra nei fatti un grande riciclo dei modelli di riferimento, in primis il proprio antenato anni ’80 dal cui repertorio attinge in continuazione, perdendo tutta la genuinità presente in precedenza.
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In Da grandi tutto risulta ideato per qualcosa che resta in superficie, creando quindi un cortocircuito generale. Rivedere il film culto di Franco Amurri sotto forma di remake poteva essere una buona idea, se l'idea stessa fosse stata supportata da un linguaggio intelligente e da una maggior coesione che mantenesse saldamenti legati i tre fattori principali quando si parla di commedia: regia, sceneggiatura, interpreti.
Tutto si limita a gag e siparietti nel remake diretto da Fausto Brizzi, che non riesce ad essere né un film nuovo né un vero omaggio al film cult di Franco Amurri.
Il film, minuto dopo minuto, si dimostra nei fatti un grande riciclo dei modelli di riferimento, in primis il proprio antenato anni ’80 dal cui repertorio attinge in continuazione, perdendo tutta la genuinità presente in precedenza. Il film di Brizzi delude anche nell’aspetto che avrebbe potuto rappresentare un elemento di discontinuità e innovazione.
I nuovi personaggi, infatti, sequenza dopo sequenza, si dimostrano sempre più delle macchiette, incastrati tra le pagine della sua sceneggiatura, innaturali nei propri gesti e incapaci di mostrarsi autenticamente umani. Anche e soprattutto per queste ragioni, Da grandi non riesce ad emanciparsi dai propri riferimenti, scivolando presto nell’anonimato.
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m. giambrone
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lunedì 3 luglio 2023
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un convincente omaggio
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Ho amato molto il film “Da grande” e non mi piacciono i remake, per cui all’inizio ero molto scettico e le scene e i dialoghi identici all’originale mi infastidivano. Poi ho capito a poco a poco che l’intento era proprio quello di far rivivere la bella storia creata da Amurri e Sudriè nell’87 e quindi la sceneggiatura non poteva subire grossi scossoni, per una forma di deferenza verso l’originale. Così come dimostra anche il titolo. Allora anche il nostro giudizio non può che essere più generoso. L’unica vera novità nella trama è che i “grandi” sono diventati quattro. Ciò consente di dare alla narrazione una diversa vivacità, tanto nelle situazioni che nei dialoghi. L’assenza di un unico protagonista evita peraltro il confronto con la bravura di Pozzetto, così come la compresenza di genitori a loro volta tanti e diversi, ognuno con la propria storia, fa soprassedere sul paragone con le impeccabili interpretazioni di Ottavia Piccolo e Alessandro Haber.
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Ho amato molto il film “Da grande” e non mi piacciono i remake, per cui all’inizio ero molto scettico e le scene e i dialoghi identici all’originale mi infastidivano. Poi ho capito a poco a poco che l’intento era proprio quello di far rivivere la bella storia creata da Amurri e Sudriè nell’87 e quindi la sceneggiatura non poteva subire grossi scossoni, per una forma di deferenza verso l’originale. Così come dimostra anche il titolo. Allora anche il nostro giudizio non può che essere più generoso. L’unica vera novità nella trama è che i “grandi” sono diventati quattro. Ciò consente di dare alla narrazione una diversa vivacità, tanto nelle situazioni che nei dialoghi. L’assenza di un unico protagonista evita peraltro il confronto con la bravura di Pozzetto, così come la compresenza di genitori a loro volta tanti e diversi, ognuno con la propria storia, fa soprassedere sul paragone con le impeccabili interpretazioni di Ottavia Piccolo e Alessandro Haber. “Da grandi” risulta dunque piacevole perché, pur nell’inevitabile incursione del tecnologico come adattamento della vicenda ai giorni nostri, mantiene la delicatezza del soggetto e della trama di un film che già all’epoca si presentava come nuovo nel genere della commedia italiana, tanto che ispirò (si suppone) “Big” interpretato da Tom Hanks. Si riflette sull’eterna aspirazione dei bambini che vogliono diventare adulti perché impazienti di sentirsi liberi da ogni costrizione. Ma in realtà un bambino diventato di colpo adulto cerca i giochi, le leccornie, le giostre, le proprie abitudini e gli amici di sempre. Le costrizioni, ahimè, ci sono anche dopo. Capita così, a volte, che anche gli adulti vogliano tornare ad essere bambini per riconquistare la spensieratezza e l’innocenza perduti. Il compromesso è (forse) nel vivere la propria età con pienezza concedendosi il privilegio di non abbandonare mai completamente la fanciullezza che permane in noi.
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lizzy
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venerdì 30 giugno 2023
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improponibile. impensabile. inguardabile.
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Onestamente?
Non avevo fatto molto caso al titolo vedendo il cast e il regista del film, ma, subito subito alle prime battute mi son detta: "O mio Dio, non può essere un clone spiaccicato del film con Pozzetto".
E invece...
(Censura per le parolacce)
Invece non solo si tratta di un riporto "paro paro" con l'originale (certe scene sarebbero anche fotocopia: manca esclusivamente il pranzo col fratello banchiere per la richiesta del prestito, invero: dimenticanza o scelta ben precisa?), ma addirittura qua i "cresciutelli" sono 4 e non 1!
Ma, e chiariamo bene le cose, Brignano non è Pozzetto, la "maestrina" Bilello non è la Boschi, Angeletti e la Potenza non sono Haber e la Piccolo.
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Onestamente?
Non avevo fatto molto caso al titolo vedendo il cast e il regista del film, ma, subito subito alle prime battute mi son detta: "O mio Dio, non può essere un clone spiaccicato del film con Pozzetto".
E invece...
(Censura per le parolacce)
Invece non solo si tratta di un riporto "paro paro" con l'originale (certe scene sarebbero anche fotocopia: manca esclusivamente il pranzo col fratello banchiere per la richiesta del prestito, invero: dimenticanza o scelta ben precisa?), ma addirittura qua i "cresciutelli" sono 4 e non 1!
Ma, e chiariamo bene le cose, Brignano non è Pozzetto, la "maestrina" Bilello non è la Boschi, Angeletti e la Potenza non sono Haber e la Piccolo...eccetera.
E poi anche i bambini diventati uomini: col pizzetto ben squadrato, senza nulla fuori posto, molte volte già coscienti di cose da adulti...
Ma andiamo... era già impensabile riproporre la storia riportata ai giorni nostri riproponendola con successo, figuriamoci sdoganare questo "pateracchio".
Io ho spezzettato la visione del film in 4 volte, abbastanza infastidita, e solo per onor di critica ne ho vista la fine.
Fine ovvia, ma senza la suspance dell'originale.
E la Bilello con Brignano in versione ritornata "junior" non entusiasmano assolutamente più di tanto (anzi: per nulla).
Ovvio inserimento "politically correct" e "inclusivo" di qualche gay nella situazione: che ormai se non sono "diversi" (di sesso, colore della pelle ed etnia. religione e fisicamente) non si può proporre un film.
Ma che scatole (due),
Bocciato questo Brizzi, senza "lazzi e frizzi", ma con molta noia e la "sindrome del ricalco" che gli ha preso la mano.
Passiamo oltre, per favore.
E dimentichiamoci questa pessima scimmiottatura di una preziosa opera del tempo che fu.
Ciaro Renato: spero tu non veda mai questa "roba".
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mauro@lanari
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giovedì 29 giugno 2023
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umile, garbato aggiornamento d'un evergreen
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Forse la mia prima sufficienza a Brizzi. Ho un debole per chi affronta la problematicità di Chronos schivando filosofemi privi di proposte costruttiv'e con umiltà si limit'a mostrare il devastante caos che provoca in noi soggetti desideranti. Il reboot del film d'Amurri, qui a 64 anni al fianco del regista in fase di scrittura, dimostra quant'una sceneggiatura di ferro sia difficile da rovinare: la storia di Marco Marinelli è un evergreen che necessitava d'essere svecchiato dal surrealismo pozzettiano, perciò vengono aggiunti 3 coetanei, unica significativa differenza con l'originale, e il cast d'insieme trasmette bene lo scarto fra gl'aneliti e la loro realizzazione che non produce l'auspicato soddisfacimento, al che tanto vale tornare al punto di partenza in attesa d'idee più concret'e sensate.
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Forse la mia prima sufficienza a Brizzi. Ho un debole per chi affronta la problematicità di Chronos schivando filosofemi privi di proposte costruttiv'e con umiltà si limit'a mostrare il devastante caos che provoca in noi soggetti desideranti. Il reboot del film d'Amurri, qui a 64 anni al fianco del regista in fase di scrittura, dimostra quant'una sceneggiatura di ferro sia difficile da rovinare: la storia di Marco Marinelli è un evergreen che necessitava d'essere svecchiato dal surrealismo pozzettiano, perciò vengono aggiunti 3 coetanei, unica significativa differenza con l'originale, e il cast d'insieme trasmette bene lo scarto fra gl'aneliti e la loro realizzazione che non produce l'auspicato soddisfacimento, al che tanto vale tornare al punto di partenza in attesa d'idee più concret'e sensate. Dentro i vincoli espliciti del film garbato, simpatico e ben ritmato, le vicende raccontat'e il loro intreccio funzionano e suscitano la piacevole sorpresa d'un impatto emotivo non indifferente: briosa la parte imberbe, dolente quell'adulta. Neo: nell'aggornamento rispetto alla favola dell'87 suona gratuito l'inserimento forzato dell'omosessualità.
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riccardo rezza
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mercoledì 28 giugno 2023
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sulle ali della nostalgia
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Il film è divertente, come nelle classiche commedie situazionali, dove ridi non tanto per la battuta quanto per il siparietto che si viene a creare. Purtroppo per lui, questo film si inanella in un periodo storico sfavorevole, e invece della splendida favola che era il film anni 80' con la magnifica colonna sonora di Pino Massara, si trasforma in un film che risulta credibile solo se si ha ben chiaro l'originale. Gli attori abbastanza in parte, nei limiti di quello che il cinema italiano dispone. Pozzetto era un personaggio perennemente sulle nuvole e quel film era scritto su misura per lui. Ci diventano difficili questi quattro. Tra i bambini ci riesce meglio Brignano anche se tutti si sono impegnati.
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Il film è divertente, come nelle classiche commedie situazionali, dove ridi non tanto per la battuta quanto per il siparietto che si viene a creare. Purtroppo per lui, questo film si inanella in un periodo storico sfavorevole, e invece della splendida favola che era il film anni 80' con la magnifica colonna sonora di Pino Massara, si trasforma in un film che risulta credibile solo se si ha ben chiaro l'originale. Gli attori abbastanza in parte, nei limiti di quello che il cinema italiano dispone. Pozzetto era un personaggio perennemente sulle nuvole e quel film era scritto su misura per lui. Ci diventano difficili questi quattro. Tra i bambini ci riesce meglio Brignano anche se tutti si sono impegnati. Forse avrei visto meglio un De Luigi, la sua comicità si avvicinava molto alla storia. Tutto sommato film godibile che ci lascia con una grande riflessione e un bel dilemma: in un mondo frenetico, proprio perchè questa favoletta ci risulta di difficile digestione, forse è perchè abbiamo smesso di sognare. Peccato perchè l'obiettivo del cinema è proprio quello!
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