La doppia vita di Madeleine Collins

Ennesimo film ambientanto nell'alta borghesia francese, cio? tra gente che, non avendo particolari problemi esistenziali, se li crea, forse per non annoarsi.
La storia ? comunque interessante, empaticamente comprensibile, anche se non riesce a raggiungere quella tensione che il film sembrava potesse promettere.
Montaggio un po' confusionario.
Belle immagini.
Nel complesso mi ? piaciuto, scorre bene, non stanca, per questo voglio essere d manica larga dandogli tre stelle.

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 Madeleine Collins – Analisi con spoiler

ATTENZIONE CONTIENE MOLTI SPOILER  (Recensione aggiornata)

Il film racconta la storia di una donna che vive tre identità: quella ufficiale di moglie e madre borghese accanto al direttore d’orchestra, quella parallela di Margot in Svizzera con l’amante Abdel e la figlia, e infine una terza identità inventata, Madeleine Collins, a cui si aggrappa quando le prime due non reggono più. [+]

 Madeleine Collins – Analisi con spoiler

ATTENZIONE CONTIENE MOLTI SPOILER  (Recensione aggiornata)

Il film racconta la storia di una donna che vive tre identità: quella ufficiale di moglie e madre borghese accanto al direttore d’orchestra, quella parallela di Margot in Svizzera con l’amante Abdel e la figlia, e infine una terza identità inventata, Madeleine Collins, a cui si aggrappa quando le prime due non reggono più.

L’inizio, apparentemente scollegato, mostra la protagonista che sviene in un negozio: un boato invade la scena, la commessa urla. Non è la morte fisica della donna, ma il crollo dell’identità di Margot, la versione svizzera. Quella scena non sta all’inizio della cronologia, ma si colloca dopo l’arresto e prima della confessione al marito. È il momento in cui Margot capisce di non poter più esistere.

La battuta “Sono qui per mia madre, vuole che mi prenda un vestito nuovo” è la chiave: poco prima ha avuto uno scontro con la madre, che non l’accettava come madre della bambina. Nel negozio prova a “rivestire” Margot, a darle un abito nuovo per renderla accettabile e legittima. Ma è un gesto inutile: gli abiti sono solo una metafora del tentativo di salvare un’identità già condannata.

La scala che scende rappresenta la discesa definitiva: non verso la morte fisica, ma verso la morte simbolica del personaggio Margot. L’urlo della commessa segna proprio quel crollo.

Il collegamento arriva più avanti, quando nel bosco dice alla figlia: “Margot è morta per una brutta caduta, battendo la testa”. Non sta inventando un episodio diverso, ma sta raccontando proprio l’inizio del film in forma di favola, semplificandolo per la bambina. Per lo spettatore, invece, quella frase chiude il cerchio e svela che il prologo e la fine coincidono: Margot non c’è più.

La confessione finale al marito mostra l’ultimo passaggio: non solo Margot è crollata, ma anche l’identità ufficiale di moglie e madre non regge più. La protagonista non si riconosce più nemmeno in quella. È qui che nasce Madeleine Collins, terza identità disperata con cui cerca di sopravvivere, pur sapendo che nessuna delle sue vite può più salvarla.

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📌 Sintesi finale
L’inizio non è un prologo astratto, ma un frammento cronologico preciso: mostra la morte di Margot come identità. Gli abiti nel negozio sono il simbolo del tentativo fallito di rivestirla, la scala la sua discesa definitiva, l’urlo la sua fine. Nel bosco, la frase alla figlia conferma il collegamento. Alla fine, crolla tutto: Margot, la madre borghese, e persino Madeleine. Rimane solo il vuoto di una donna che non sa più chi è.

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🎬 Madeleine Collins – Recensione/Analisi con spoiler

ATTENZIONE SPOILER 

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Madeleine Collins di Antoine Barraud è un dramma psicologico che esplora la frammentazione dell’identità. Virginie Efira interpreta una donna divisa tra due vite: quella ufficiale, come moglie di un direttore d’orchestra e madre borghese, e quella parallela in Svizzera, dove diventa Margot, compagna di Abdel e “mamma” della figlia che hanno insieme. [+]

 

🎬 Madeleine Collins – Recensione/Analisi con spoiler

ATTENZIONE SPOILER 

SPOILER

SPOILER

Madeleine Collins di Antoine Barraud è un dramma psicologico che esplora la frammentazione dell’identità. Virginie Efira interpreta una donna divisa tra due vite: quella ufficiale, come moglie di un direttore d’orchestra e madre borghese, e quella parallela in Svizzera, dove diventa Margot, compagna di Abdel e “mamma” della figlia che hanno insieme.

Il film si apre con una scena disorientante: la protagonista sviene in un negozio, un boato irrompe e la commessa urla. Non è la morte fisica della donna, ma il crollo dell’identità di Margot. Quella vita parallela non regge più, ed è destinata a morire. La scena, messa all’inizio per spaesare lo spettatore, cronologicamente si colloca dopo l’arresto e prima della confessione al marito. Il negozio e gli abiti provati diventano una metafora: la protagonista tenta ancora di “rivestire” Margot, di salvarla, ma non ci riesce. La discesa della scala rappresenta la caduta definitiva del personaggio, sottolineata dall’urlo della commessa.

Il collegamento arriva più tardi, quando nel bosco dice alla figlia: “Margot è morta per una brutta caduta, battendo la testa”. Non si riferisce a un altro evento, ma sta raccontando proprio quella scena iniziale. Alla figlia lo spiega come una favola, ma per lo spettatore è la chiave che collega inizio e fine: non muore la donna, ma muore una delle sue identità.

Da quel momento, la protagonista si aggrappa a una terza maschera, Madeleine Collins, ma nemmeno questa la salverà. La confessione finale lo mostra chiaramente: non riconosce più nemmeno la sua identità ufficiale di moglie e madre, quella che sembrava la più solida. Tutto crolla: Margot, la vita borghese, la nuova Madeleine. Rimane solo il vuoto di una donna che non riesce più a sapere chi è.

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OTTIMO FILM. FATTO BENISSIMO. DA VEDERE

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