Cherry è un’opera cruda, autoriale, piena di sfumature, per raccontare la genesi di un personaggio, diviso tra amore, guerra, dipendenze e rapine in banca.
Tratto da un libro autobiografico, il film prova a riportarci su quei binari narrativi, trascinandoci, passo dopo passo, capitolo dopo capitolo, nel suo vortice di crescita e formazione, di riflessione, disorientamento e tossicità. L’inizio è quello di uno studente universitario come tanti, un po’ defilato, ombroso, che un giorno, però, scorge in Emily, una coetanea, l’essenza della bellezza, qualcosa di troppo grande, ma che rivela l’innamoramento più impensato e appassionato.
Cherry conduce una routine distorta, eppure non è mai solo, perché Emily è lì, non lo abbandona, anzi ne prende temporaneamente parte. Insieme diventano “addicted”, “junkie”, assuefatti, corrosi e deteriorati nell’animo e nel corpo. Dietro l’angolo della parabola di questo ragazzo, ormai diventato adulto, arriva, però, l’inesorabile epilogo, la necessità di resa, redenzione, quasi un grido d’aiuto nei confronti di chi non è riuscito probabilmente a capirlo, aiutandolo a rielaborare. Sono tappe, momenti, scelte che possono stravolgere l’esistenza.
Onore e polvere, cadute e risalite, i fratelli Russo provano a sganciarsi allora dalle loro recenti “zone confort”, catturando qui atmosfere diverse, e un certo tipo di società americana, la generazione Z per intenderci, quella nata, cresciuta, nel post 11 settembre, più esposta alla crisi, al disorientamento sociale, ignara com’è, abbandonata alla propria sopravvivenza. Ne viene fuori un’avventura cupa, in gradazione e progressione, dalla love story al war movie, ad un Requeim for a Dream, che sa regalare altresì un esercizio stilistico virtuoso, che sconfina in altri rimandi e sprazzi di cinema: da Scorsese a Full Metal Jacket di Kubrick, da Brothers di Jim Sheridan, passando per Jarhead, a quella stratificata esperienza altalenante simile a Forrest Gump. Radicale, complesso e affascinante, Cherry è soprattutto Tom Holland, mai così bravo, potente, coraggioso, paranoico, nell’addomesticare la propria furia interpretativa, portandosi a dei livelli estremi, maturi, in grado finalmente, per un attimo, di allontanarsi dal “suo” Peter Parker-Spiderman diventato troppo scontato e prevedibile.
Ma, ed è l’altra vera perla, insieme, e con lui, c’è soprattutto Ciara Bravo, giovanissima attrice perfetta nell’incarnare l’altra metà del puzzle, l’unica cosa vera e reale probabilmente, perfetta nell’accompagnarlo nell’abisso, e da lì, dopo, rinascere. Cherry dunque è un viaggio alla ricerca della connessione umana, sugli sbagli, sull’idea del poter ripartire. È una conversazione aperta, da vedere e sentire, un gioiello grezzo, tutto da riavvolgere e ripassare al setaccio, tanto nella visione stilistica dei Russo, quanto nella superba colonna sonora.
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