Black Parthenope

Durante un sopralluogo per definire la conversione di cave di tufo in mega-parcheggi una imprenditrice francese ed il suo team di collaboratori restano intrappolati nelle viscere della città di Napoli senza possibilità di comunicare con il mondo esterno. Con loro, una guida del posto che sin dal principio si oppone alla realizzazione del progetto. Una serie di sparizioni e morti misteriose accompagnate da una presenza oscura e silenziosa, terranno lo spettatore con il fiato sospeso fino alla fine. François Truffaut ne "il cinema secondo Hitchcock" scriveva: "per produrre suspense, nella sua forma più comune, è indispensabile che il pubblico sia perfettamente informato di tutti gli elementi in gioco. Altrimenti non c'è suspense".
Black Parthenope segue questa linea di pensiero distaccandosi dal concetto di "horror" e rendendoci partecipi, sin dal principio, delle vite, dei legami e dei rapporti turbolenti dei protagonisti. A fare da sfondo alle dinamiche, una Napoli sotterranea troppo spesso nominata ma ancora troppo poco esplorata e valorizzata. Risiede proprio qui, la chiave del film nonché la bravura del regista Alessandro Giglio, alle prese con la sua opera prima.
Girare un film nel sottosuolo di Napoli non è facile né in termini di mezzi né a livello di trama. Eppure lo spettatore è guidato, con maestria dal regista che come un vero e proprio "munaciello" illumina i lunghi e oscuri cunicoli del labirintico sottosuolo partenopeo fino... a farci riveder la luce.