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La struttura è tutta alleniana per usare un gergo: flash forward, discorso indiretto, una presentazione volutamente ironica e a tratti paranoica, rivolta a noi pubblico in grado di rompere la quarta parete e porsi, caso abbastanza raro al cinema odierno, al ritmo empatico di una stand-up comedy.
Il discorso perfetto, adattamento di un romanzo di un apprezzato autore di fumetti francese, FabCaro, rielabora lo stilema della commedia umana amorosa, con piglio originale, attraverso la vicenda di un “incastrato”, il protagonista Adrien (Benjamin Lavernhe) in pausa con la compagna Sonia (con tanto di metafora sullo stato play e pause), precario affettivo come si conviene ai soliti protagonisti che tanto ci piacciono in commedia e con cui tendiamo a immedesimarci.
Insomma, una specie di sfigatello per dirla tutta, silenzioso e a disagio per l’assenza di riscontro della sua amata compagna per una non meglio precisata pausa di riflessione, al quale durante un pranzo di famiglia, in cui il padre ripete per l’ennesima volta gli stessi aneddoti, la madre il solito, eterno, cosciotto d’agnello, mentre la sorella, Sophie, ascolta ammirata il futuro marito dire la sua su tutto con supponenza (dalla trofallassi alla corrente del Golfo), viene chiesto di tenere un discorso al matrimonio appunto della sorella. Ma tra l’incertezza generale e il profondo disagio in cui versa nell’attesa di una risposta dell’amata al cellulare, Adrien e noi con lui riflettiamo, sulla precarierà dell’amore, sul rapporto tra congiunti, tra fratello e sorella, sull’incertezza di porsi con spirito costruttivo dinanzi alla vita senza rimuginare o pensare alle scelte sbagliate, su quei dettagli apparentemente futili che riflettono, tuttavia, le crepe di un rapporto prima considerato stabile.
C’è tutta un’esegesi dell’amore nel Discorso perfetto, il silenzio ferito, la rassicurazione di chi guarda negli occhi dell’altro e nell’altra cerca di riconoscersi e una regia pronta e sicura opera di Laurent Tirard già regista di Asterix & Obelix al servizio di sua maestà o le avventure del Piccolo Nicolas. Il film evita la staticità e il rischio di una teatralità soffocante grazie all’interazione invero originale del bravo Adrien con tutti noi, magari in maniera troppo compiaciuta e ironica ma con una varietà stilistica che sicuramente attira e fa riflettere seppur amaramente.
Ma del resto citando una frase di Adrien nel film, forse è questo l’amore e il senso tutto dell’esistenza. La vita è una bici rossa senza rotelle, non finisci mai di mangiare la polvere. Ma un giorno anche tu incontrerai l’amore e sarà quel giorno che la bici rossa filerà come il vento.
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