altamigi
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martedì 30 luglio 2019
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sensazionale
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Un potenziale capolavoro senza tempo, che gioca sulla dissonanza tra i media sonori, scenici e narrativi per mettere a nudo la tragicità dell’esistenza e il dono catartico dell’alterità
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rossana65
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lunedì 29 luglio 2019
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avvilente
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non mi sembra un documentario antropologico in quanto i riti tribali descritti nel film sono assolutamente e soltanto il frutto della fantasia dello sceneggiatore e non si comprende quali siano le "scienze tradizionali", le scienze sono le scienze e l'aggettivazione di tradizionale è quanto meno inappropriata.
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jj22
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domenica 28 luglio 2019
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lento
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Davvero lento. E a tratti noioso. Senza un filo logico di trama.
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carloalberto
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domenica 28 luglio 2019
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tedio e noia
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Come al suo esordio, con Hereditary del 2018, Ari Aster ha una buona ispirazione iniziale, con una interessante analisi introspettiva di un dramma familiare molto intenso, vissuto da una ragazza nella dinamica di coppia e nel confronto con il gruppo di amici universitari del giovane compagno. Sequenze rallentate e colonna sonora cupa creano un’atmosfera angosciante che lascia sperare in uno sviluppo in crescendo. Ma come in Hereditary, Aster tradisce il progetto iniziale e si lancia alla ricerca di effetti macabri e scene raccapriccianti alla maniera degli Horror di Mario Bava o dell’ultimo Argento estetizzante della trilogia delle Madri. La pellicola richiama alla mente per il titolo ed il tema principale della comunità isolata dal mondo, The Village di Shyamalan.
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Come al suo esordio, con Hereditary del 2018, Ari Aster ha una buona ispirazione iniziale, con una interessante analisi introspettiva di un dramma familiare molto intenso, vissuto da una ragazza nella dinamica di coppia e nel confronto con il gruppo di amici universitari del giovane compagno. Sequenze rallentate e colonna sonora cupa creano un’atmosfera angosciante che lascia sperare in uno sviluppo in crescendo. Ma come in Hereditary, Aster tradisce il progetto iniziale e si lancia alla ricerca di effetti macabri e scene raccapriccianti alla maniera degli Horror di Mario Bava o dell’ultimo Argento estetizzante della trilogia delle Madri. La pellicola richiama alla mente per il titolo ed il tema principale della comunità isolata dal mondo, The Village di Shyamalan. Le affinità si fermano a questo ed i risultati sono ben diversi. Il cast non è quello di Hereditary, la recitazione è scialba, non appassiona, non lascia spazio all’empatia. Il film dura troppo e la noia la fa da padrona. Alcune scene potrebbero essere anche imprevedibili se i personaggi non facessero a gara per fare spoiler anticipando quello che accadrà nella scena successiva. Sequenze che potrebbero durare un paio di minuti durano il triplo, così sottraendo pathos alle scene più drammatiche ed inducendo allo sbadiglio. Il risultato è un horror annacquato, senza tensione, tedioso come pochi del suo genere.
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nicolã²
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sabato 27 luglio 2019
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una pellicola che puoi sentire sulla pelle!
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Film spettacolare. Dalla fotografia, alla colonna sonora ad ogni singola sensazione che riesci a sentire sulla pelle. Riprese sensazionali ed uniche come la ripresa sulla macchina mentre va verso il villaggio. Non il solito horror ovviamente, ma molto meglio. Se ci si riesce a immedesemira si entra completamente nella pellicola in un vortice di emozioni, vertigini e senso di disorientamento. Penso che sia uno dei film più riusciti degli ultimi anni! Tutto ciò che il regista voleva trasmettere riesce alla perfezione.
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hetgidaton
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venerdì 26 luglio 2019
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una vera cultura tradizionale esemplificata.
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Chi conosce le scienze tradizionali ravvisa immediatamente in questo film la esemplificazione abbastanza ben riuscita degli elementi fondanti di una cultura tradizionale, cultura che si esprime con ritualità ben definite assolutamente indecifrabili, e solo per questo orrifiche, agli occhi di un occidentale. Un buon film antropologico che ho gustato con distacco ma anche con soddisfazione. Anche gli aspetti più crudi hanno una loro ragione se inquadrati in un'ottica tradizionale, prospettiva inconcepibile per chi, come noi, è imbevuto di umanesimo. Il film viene presentato come un horror: non lo è, semplicemente è espressione naturale in quel contesto; amore, morte, gioia, dolore, il ciclo delle stagioni, l'albeŕo della vita.
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Chi conosce le scienze tradizionali ravvisa immediatamente in questo film la esemplificazione abbastanza ben riuscita degli elementi fondanti di una cultura tradizionale, cultura che si esprime con ritualità ben definite assolutamente indecifrabili, e solo per questo orrifiche, agli occhi di un occidentale. Un buon film antropologico che ho gustato con distacco ma anche con soddisfazione. Anche gli aspetti più crudi hanno una loro ragione se inquadrati in un'ottica tradizionale, prospettiva inconcepibile per chi, come noi, è imbevuto di umanesimo. Il film viene presentato come un horror: non lo è, semplicemente è espressione naturale in quel contesto; amore, morte, gioia, dolore, il ciclo delle stagioni, l'albeŕo della vita... sono alcuni elementi, simboli sacri, che possiamo ritrovare i n vario modo in tutte le culture tradizionali. Subito il pensiero va al 'Sacro della Primavera' o meglio 'le sacre du printemps' di Igor Stravinskij, dove ritroviamo nel balletto i riti di una russia arcaica e tradizionale, con moltissimi punti in comune con il film in oggetto.
Per certi versi è quasi un film documentario.
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giovedì 25 luglio 2019
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senza senso
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