mauridal
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mercoledì 3 ottobre 2018
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magico,fantastico,imprevedibile, comico ....
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magico fantastico, imprevedibile comico e malinconico
tutto questo scriverebbe il nostro commento critico, ,se non fosse che il film "l'uomo che uccise Don Chisciotte" rappresenta uno strabiliante miscuglio di tutte queste definizioni e molto altro ancora. Quando si prova a descrivere il senso di questo film ,allora ci si trova innanzi ad un bivio.Da un lato ci troviamo affianco al regista Terry Gilliam poliedrico artista dalle mille risorse capace di far durare un film 25 anni tra inizi, interruzioni annullamenti, fallimenti finanziari scontri, rinunce di attori , malattie e persino lutti, insomma una odissea più che una epopea cavalleresca spagnoleggiante e barocca.
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magico fantastico, imprevedibile comico e malinconico
tutto questo scriverebbe il nostro commento critico, ,se non fosse che il film "l'uomo che uccise Don Chisciotte" rappresenta uno strabiliante miscuglio di tutte queste definizioni e molto altro ancora. Quando si prova a descrivere il senso di questo film ,allora ci si trova innanzi ad un bivio.Da un lato ci troviamo affianco al regista Terry Gilliam poliedrico artista dalle mille risorse capace di far durare un film 25 anni tra inizi, interruzioni annullamenti, fallimenti finanziari scontri, rinunce di attori , malattie e persino lutti, insomma una odissea più che una epopea cavalleresca spagnoleggiante e barocca. Dall'altro lato del bivio finiamo spettatori ignari in un turbine immaginifico dove la finzione del cinema insegue una storia credibile quasi realistica dove la fantasia dell'autore si compenetra nella fantasia folle del protagonista, Quijote della Mancha Ma un film su Don Chisciotte deve essere eroico , e il buon regista riesce a compiere una opera che forse neanche Cervantes immaginava. Dunque non ci provo a confrontare Cervantes con Gilliam, e neanche i due Hidalgo, ognuno ha il proprio mondo da vivere e tutti noi spettatori, abbiamo il diritto di rivivere le loro fantasie e magie. Altrimenti lasciamo pure la sala cinema e immergiamoci nella lettura, dei classici. Ma questo non Ë avvenuto, il cinema ha vinto con questo film l'Hidalgo Gilliam ha portato il suo Don Chisciotte a vincere la sua realtà popolata da personaggi incredibilmente veri ma in fondo tutti personaggi di un film , che di vero e di credibile non ha nulla. Le tante donne angeliche e dulcinee diventano megere ed escort al servizio di danarosi padroni della fiction cinema più che fanciulle da amare in sogni cavallereschi Dunque il nostro Chisciotte non è un eroe cavalleresco ma una semplice comparsa di un film che un giovane regista cercava di girare in un paesaggio spagnolo tra i più desolati e che non porta a termine, e però il vecchio scelto per la parte del cavaliere errante un ciabattino di paese, quando il giovane regista ritorna a girare il film per ultimare le riprese e incassare i soldi del produttore, lo riprende ma lo ritrova che pensa follemente di essere e di vivere realmente Don Chisciotte ,e il film pur di finire gli dà ragione ,cosÏ come la si dà ai matti , ovvero assecondandoli. Ma tutti gli altri personaggi, sono altrettanto folli nel partecipare ad un film il cui regista fa la parte dello scudiero Sancho pur di assecondare la follia del vecchio Don Chisciotte , a cui alla fine si affeziona. Intanto anche il film dell'Hidalgo Gilliam deve continuare e avviarsi all’ END con invenzioni e fantasie strabilianti, e ci riesce col raccontare le avventure del cavaliere e anche dello scudiero che come regista si chiama Toby ,ma nella finzione del film di Chisciotte è Sancho. In conclusione possiamo essere sicuri di assistere ad un film che non ha conclusione poiché la morte di Don Chisciotte non è un assassinio ma neanche una morte defunta, il vecchio Hidalgo dopo le esortazioni del suo fedele regista scudiero non cederà ad una rovinosa caduta e si consegnerà alla storia eterna della narrazione , della finzione di cavalieri ,di armi e amori ma anche di follie cinematografiche come il buon Terry Gilliam ha dimostrato portando a termine questo film (mauridal)
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flyanto
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martedì 2 ottobre 2018
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un regista tale e quale a don chisciotte
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Dopo alcuni anni ritorna nelle sale cinematografiche il regista Terry Gilliam con “L’Uomo che Uccise Don Chisciotte”, l’ultima e definitiva versione di un suo precedente lavoro risalente a circa 25 anni fa. Come si evince dal titolo l’opera si ispira in parte al poema di Cervantes per poi assumere una sua propria valenza
La vicenda, in alternanza continua tra l’epoca contemporanea e quella di circa 10 anni antecedente, ruota tutta intorno alla figura di un regista (Adam Driver), il quale, mentre è impegnato nelle riprese in Spagna di uno spot di una vodka finanziato da un magnate russo, si imbatte negli stessi luoghi ed in alcuni individui che, appunto, anni prima egli aveva scritturato per le riprese del suo film su Don Chisciotte.
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Dopo alcuni anni ritorna nelle sale cinematografiche il regista Terry Gilliam con “L’Uomo che Uccise Don Chisciotte”, l’ultima e definitiva versione di un suo precedente lavoro risalente a circa 25 anni fa. Come si evince dal titolo l’opera si ispira in parte al poema di Cervantes per poi assumere una sua propria valenza
La vicenda, in alternanza continua tra l’epoca contemporanea e quella di circa 10 anni antecedente, ruota tutta intorno alla figura di un regista (Adam Driver), il quale, mentre è impegnato nelle riprese in Spagna di uno spot di una vodka finanziato da un magnate russo, si imbatte negli stessi luoghi ed in alcuni individui che, appunto, anni prima egli aveva scritturato per le riprese del suo film su Don Chisciotte. Nel corso delle giornate l’uomo vivrà delle avventure straordinarie (come il Don Chisciotte letterario) ed al limite o meno del pericolo, prendendo parte ad una serie di eventi sempre più incalzanti da cui egli non potrà sottrarsi e nel cui coinvolgimento non potrà fare ameno di raffrontare il proprio presente con il passato e la realtà con la finzione del poema di Cervantes. E così di continuo sino alla fine….
Riassumere in maniera più precisa e succinta la trama di quest’ultimo film di Gilliam risulta un’impresa difficile ed un poco svilente l’opera stessa, intrisa, come, del resto, tutte le pellicole di questo autore, di simbolismi e contenuti e rischiando, inoltre, di togliere allo spettatore lo stupore e l’atmosfera quasi magica. Visionario come i precedenti films, anche “L’Uomo che Uccise Don Chisciotte”, è una sorta di metafora sulla vita in generale od anche, in senso più ristretto, sul mondo del cinema stesso in cui l’uomo, come un Don Chisciotte, si trova a dover combattere svariate lotte contro innumerevoli nemici e detrattori, fare fronte a molteplici pericoli ed inseguendo l’amore sincero, fugace od ingannatore sino all’epilogo di tutto. La pellicola risulta dignitosa dal punto di vista registico e conferma la professionalità di Terry Gilliam, ma l’originalità in quest’ultima occasione non è così preponderante come in molte sue opere precedenti ed il film appare un poco ‘forzato’ e quasi un ‘già visto’. Peccato, sebbene nel suo complesso la pellicola risulti piacevole.
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iskander
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lunedì 1 ottobre 2018
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furto di articolo
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Ti segnalo che il tuo articolo, come quello di molti altri, è stato rubato in questo sito https://andrealeonettidivagno.com/2018/09/29/luomo-che-uccise-don-chisciotte-il-cinema-che-incontra-le-utopie-giovanili/
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loland10
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domenica 30 settembre 2018
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don, toby (con eolica)
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“L’uomo che uccise Don Chisciotte” (The Man Who Killed Don Quixote, 2018) è il tredicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore del Minnesota, Terry Gilliam.
La battaglia (e oltre) tra il personaggio di M. de Cervantes e il testardo, ostinato e surreale produttore di se stesso, ha emesso il verdetto di una pellicola che ha una connotazione scritturale a dir poco troppo lunga da raccontare. E il regista non smentisce la sua fama in un’opera assolutamente variegatamente carnevalesca nei toni, nell’epopea, nei luoghi e, soprattutto, nelle riprese, usuali, inusuali, vitali e sghembe.
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“L’uomo che uccise Don Chisciotte” (The Man Who Killed Don Quixote, 2018) è il tredicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore del Minnesota, Terry Gilliam.
La battaglia (e oltre) tra il personaggio di M. de Cervantes e il testardo, ostinato e surreale produttore di se stesso, ha emesso il verdetto di una pellicola che ha una connotazione scritturale a dir poco troppo lunga da raccontare. E il regista non smentisce la sua fama in un’opera assolutamente variegatamente carnevalesca nei toni, nell’epopea, nei luoghi e, soprattutto, nelle riprese, usuali, inusuali, vitali e sghembe.
Nonostante le super lungaggini produttive, le attese, le sceneggiature cambiate e rimescolate, le pre-produzioni nel corso di troppi anni, il film del regista statunitense...ora naturalizzato inglese esce allo scoperto per farsi piacere e guardare.
Pellicola di respiro ampio, di costosa iniziativa, di variegate prospettive, di mondi incrociati e di tempi narrativi a più livelli. Oggi, ieri, il passato, il presente, il futuro, il deserto, il pieno, il set, le figure dormiente, le controfigure, il romanzo, i guasti, il popolo di fantasia e i visi post modernizzati. Il Don Chisciotte preme per arrivare senza saperlo: ‘sono un calzolaio, un povero vecchio, uno sconosciuto’. Ecco che l’eroe della tavola rotonda attorno al set del cinema contemporaneo si siede per cercare e cercare l’avventura di de Cervantes contro i mulini a vento.
Un inizio, un solo minuto, comune e quasi atteso, Don Chisciotte e il fido Sancho Panza, poi cambia tutto, nel giro della ruota del mulino, del nemico inesistente si apre il volto di un set, uno stop, un ciak da reinventare, attori che attendono, un produttore inaspettato e un regista che non sa più che pesci prendere.
Tutto da reinventare e da rifare. Non va bene nulla, mentre le pale del mulino puntellano l’attore buffo e aerogeneratori eolici padroneggiano tutta la schiena collinare di un avamposto lontano per girare un film ancora da comprendere. Il vivo antico finto di un mulino e il para-moderno pulito di energia che si alleano, per finta, in un set ridondante del nulla e strapieno di cose ancora da fare. E’ il mondo ‘Grimm’ sparviero e sperduto abitato di ricordi e solo fantasmi.
Un film mescolante di fantasia allegorica, modernismo, chiacchiere, ritrovamenti, luoghi di set andati, ricordi, facce stralunate, fughe, aggrovigliamenti, sentori modernissimi e fatui luoghi, ora vivi e ora spenti, del romanzo dello spagnolo. Il cinema nel cinema, il dietro le quinte, la ricerca dei posti, il lontano andare di un’avventura da costruire, la ricerca delle facce giuste, la proiezione della pellicola dietro alla ripresa e davanti a Toby (Adam Driver) mentre M. de Cervantes e il suo eroe cavalcano per girare. Il set diventa, in sincronia pellicolare, ripresa difesa, ripresa di un ricordo e ripresa in sala per il set stesso e per lo spettatore. Un accavallarsi di tutto. Quasi un non senso come la filmografia del regista promette e mantiene. Chi sa se la sensazione di qualche lungaggine è voluta e qualche stop narrativo il tempo di troppe attese per girare il film hanno creato sensazioni strane allo stesso regista trasmesse nel film stesso. Appunto chi sa....
Arriva la lancia di Don Chisciotte (Jonathan Pryce), arriva un vecchio (scatenato), arriva un calzolaio, arriva un artigiano: tutto alter-ego di un cineasta che non si è preso mai sul serio (o meglio fa vedere ciò che il serio non addice alle contraddizioni in ogni immagine) e, meglio ancora, ci prende in giro di voga e dietro una ripresa. E il suo vecchio in armi spadroneggia per rompere tutte le ‘uova del paniere’ in un volto che ha seguito la sua carriera dai tempi di ‘Brazil’, 1985 (appunto l’attore del Galles J. Pryce).
Cast che si rincorre e da fuoco alle proprie energie mentre Toby rovista tutti, segue le trame e, parimenti, si mette in mezzo tra i narrati e i narranti, tra lo schermo e i set ora reali e ora di fantasia (tutto mentre le polveri e piccoli paesi si svegliano dal funereo mondo di un sogno tra Della Mancia e paramoderni odierni). E da lì diventa lo ‘scudiero’ dell’eroe tra destini antichi e produzioni (cine) di oggi.
Paesi coinvolti nella pellicola ben cinque (Regno Unito, Spagna, Francia, Portogallo e Belgio) e set tra Canarie, Portogallo e Spagna.
Regia multicolore e variegata, ora ferma e ora smossa, lineare e asimmetrica.
Voto: 7,5/10 (***½). (voto che racchiude un plauso al sui-generis-registico)
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domenica 30 settembre 2018
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mi aspettavo qualche colpo di scena
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Credevo di trovarmi un film con qualche colpo di scena maggiore o inaspettato, la trama c'è, non è male, ma sicuramente poteva essere accorciato. Due ore e dieci erano troppe, si era capito il concetto, potevano evitare qualche scena.
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vincenzoambriola
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sabato 29 settembre 2018
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un ossimoro imprevedibile
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I sogni non hanno una trama, così come la pazzia umana. Un film senza trama è quindi un sogno o una pazzia, un ossimoro imprevedibile. Terry Gilliam certamente sognava quando ha ideato il suo Don Quijote, cavaliere senza macchia che combatte le ingiustizie, errando senza sosta con al suo fianco il fido sparviero, oops, scudiero Sancho Panza. Abbiamo visto film sul cinema, uno schema autoreferenziale molto amato e praticato. Ma qui il cortocircuito scatta e si ritorna nel film perdendo di vista la finzione. Meravigliose le riprese di una Spagna arida, misteriosa, dura e mistica. Meravigliose le scene oniriche, senza trama, appunto, piene di folli citazioni felliniane. Un capolavoro che spicca per la sua unicità, sfuggendo ad ogni tentativo di classificazione.
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I sogni non hanno una trama, così come la pazzia umana. Un film senza trama è quindi un sogno o una pazzia, un ossimoro imprevedibile. Terry Gilliam certamente sognava quando ha ideato il suo Don Quijote, cavaliere senza macchia che combatte le ingiustizie, errando senza sosta con al suo fianco il fido sparviero, oops, scudiero Sancho Panza. Abbiamo visto film sul cinema, uno schema autoreferenziale molto amato e praticato. Ma qui il cortocircuito scatta e si ritorna nel film perdendo di vista la finzione. Meravigliose le riprese di una Spagna arida, misteriosa, dura e mistica. Meravigliose le scene oniriche, senza trama, appunto, piene di folli citazioni felliniane. Un capolavoro che spicca per la sua unicità, sfuggendo ad ogni tentativo di classificazione. Una pazzia, insomma.
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ariessnac
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sabato 29 settembre 2018
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finalmenteeeeee
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Bellissimo oltre ogni frontiera del cinema. Un'atto d'amore alla settima arte da parte di Terry Gilliam
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carla86
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venerdì 28 settembre 2018
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bellissimo
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Questo film è una sorpresa , ottima sceneggiatura , cast eccezionale . Adam Driver è un grande attore in qualsiasi ruolo
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taty23
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giovedì 27 settembre 2018
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dopo 25 anni torna terry gilliam
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“L’uomo che uccise Don Chisciotte”, presentato a Cannes, è il nuovo film di Terry Gilliam, una produzione complessa fatta di rallentamenti, sostituzione di attori, problematiche sulla sceneggiatura e sul set che lo ha portato sui nostri schermi solo ora, ma la sua idea risale a 25 anni fa, per conoscere tutti i retroscena consiglio il documentario “Lost in La Mancha” uscito nel 2002.
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“L’uomo che uccise Don Chisciotte”, presentato a Cannes, è il nuovo film di Terry Gilliam, una produzione complessa fatta di rallentamenti, sostituzione di attori, problematiche sulla sceneggiatura e sul set che lo ha portato sui nostri schermi solo ora, ma la sua idea risale a 25 anni fa, per conoscere tutti i retroscena consiglio il documentario “Lost in La Mancha” uscito nel 2002.
Ispirato alla figura del cavaliere errante di Cervantes la pellicola parla di Toby (Adam Driver) regista pubblicitario egocentrico, insensibile e arrogante giunto in Spagna per completare uno spot commerciale, il suo più grande successo è stato un adattamento della storia di Don Chisciotte, in un caratteristico villaggio spagnolo, quando era ancora uno studente di cinema.
Una sera un misterioso gitano gli dà la copia del suo vecchio film e Toby preso dalla nostalgia parte per cercare il piccolo paesino dove aveva girato la pellicola, scoprirà che le conseguenze di quella produzione hanno avuto un effetto distruttivo sulle persone del villaggio che aveva preso come cast e che il ciabattino Javier (Jonathan Pryce) che interpretava Don Chisciotte si crede effettivamente “il cavaliere dalla triste figura”.
Dopo una serie di equivoci con la polizia locale Toby viene salvato dal vecchio sognatore e scambiato per il suo scudiero Sancho, verrà trascinato per la campagna della zona alla ricerca di Dulcinea, il grande amore di Don Chisciotte.
Toby dovrà affrontare i demoni del suo passato in questo viaggio dove realtà e fantasia si confondono.
La scelta finale del cast risulta interessante, ad interpretare il personaggio di Toby troviamo un versatilissimo Adam Driver che riesce a gestire questo ruolo in maniera convincente senza mai cadere in un’interpretazione troppo ostentata o da macchietta, un ottimo Jonathan Pryce fa da contraltare nel rappresentare l’idealistico Don Chisciotte, essenziale e sincero nella sua follia in una realtà non troppo diversa dalle sue fantasie.
Da citare inoltre Stellan Skarsgard che interpreta il capo di Toby, un personaggio ambiguo, pericoloso e possessivo e la dolce Angelica, un personaggio multi sfaccettato con un sviluppo inaspettato, interpretato dalla spagnola Joana Ribeiro.
Sicuramente un Gilliam che torna alle origini e per la maggior parte del tempo allo stato puro della sua cifra stilistica, lo si nota da alcune scelte narrative, visive e di costume dove attraverso una storia seppur classicheggiante ci catapulta in questo fantasioso mondo parallelo strizzando l’occhio a due sue produzioni precedenti “Le avventure del barone di Munchausen” e “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il diavolo.”
Un film multistrato con più chiavi di lettura che si conclude con un finale a sorpresa che non mi ha convinto del tutto, ma che rappresenta il concetto che il regista voleva portare sullo schermo.
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