mauriziomeres
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giovedì 13 aprile 2017
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egoismo e umanità
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Film raffinato,accuratezza nei particolari,espressività superlativa,tutto diventa un insegnamento per la civiltà umana,la religione di appartenenza diventa un qualcosa d'indifferente,la bella democrazia finlandese non è altro che un copri capo,per nascondere la vera natura ipocrita in una asocialità civile,bravissimo il regista Aki Kaurismäki nel voler imporre nei vari doppiaggi momenti in lingua originale,per dare il giusto peso ai sentimenti che provano i personaggi,paura,angoscia,coraggio,altruismo,speranza,è tantissima voglia di vivere,gradevoli sono i vari spunti di una comicità spontanea,senza tralasciare un po' di musica folk datata anni sessanta settanta,che significava amore e libertà di pensiero.
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Film raffinato,accuratezza nei particolari,espressività superlativa,tutto diventa un insegnamento per la civiltà umana,la religione di appartenenza diventa un qualcosa d'indifferente,la bella democrazia finlandese non è altro che un copri capo,per nascondere la vera natura ipocrita in una asocialità civile,bravissimo il regista Aki Kaurismäki nel voler imporre nei vari doppiaggi momenti in lingua originale,per dare il giusto peso ai sentimenti che provano i personaggi,paura,angoscia,coraggio,altruismo,speranza,è tantissima voglia di vivere,gradevoli sono i vari spunti di una comicità spontanea,senza tralasciare un po' di musica folk datata anni sessanta settanta,che significava amore e libertà di pensiero.
Il regista inquadra perfettamente il momento attuale dei paesi occidentali dove la parola umanità diventa un qualcosa di utopico,un peso dove nessuno vuole dividere il proprio orticello giustificandosi in nome di chissà quale principio impostogli dalle proprie leggi che diventano dittatoriali solo per egoismo.
Sceneggiatura scorrevole,il tutto si basa sulla realtà attuale,gli attori quasi esordienti entrano perfettamente nella logica che il regista vuole dare al film,due personaggi che il destino unisce in un percorso di vita opposto,ma che il grande mistero della vita fa incontrare, nel rispetto reciproco,in un altruismo fuori dal comune.
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fabiofeli
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venerdì 14 aprile 2017
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"se mi pugnali, non sanguino anch'io?"
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Helsinki, Finlandia. Wikstrom (Sakari Kuosmanen), un massiccio 50enne, è sconfitto dalla vita. Mentre sua moglie gioca interminabili solitari in compagnia di un bicchiere colmo di liquore, posa la fede e le chiavi di casa sul tavolo davanti a lei: se ne va, ma lei non ha nulla da replicare; liquida la sua attività commerciale e va a vincere una somma al poker sufficiente a comperare un ristorante con tre dipendenti in arretrato di stipendi. La birra del locale è buona e sul cibo si chiude un occhio e anche tutti e due. Si improvvisano sushi e cucina indiana; magari si balla. Quando Wikstrom trova Khaled (Sherwan Haji), un profugo siriano di Aleppo, che dorme nel cortile del locale, si arrabbia ed è inevitabile uno scambio di pugni.
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Helsinki, Finlandia. Wikstrom (Sakari Kuosmanen), un massiccio 50enne, è sconfitto dalla vita. Mentre sua moglie gioca interminabili solitari in compagnia di un bicchiere colmo di liquore, posa la fede e le chiavi di casa sul tavolo davanti a lei: se ne va, ma lei non ha nulla da replicare; liquida la sua attività commerciale e va a vincere una somma al poker sufficiente a comperare un ristorante con tre dipendenti in arretrato di stipendi. La birra del locale è buona e sul cibo si chiude un occhio e anche tutti e due. Si improvvisano sushi e cucina indiana; magari si balla. Quando Wikstrom trova Khaled (Sherwan Haji), un profugo siriano di Aleppo, che dorme nel cortile del locale, si arrabbia ed è inevitabile uno scambio di pugni. A Khaled il destino ha riservato ben più pesanti sconfitte: casa e famiglia distrutte da un bombardamento, la sorella superstite smarrita nella fuga verso il Nord Europa, l’approdo a Helsinki dopo aver dormito nella carbonaia della stiva di un mercantile. “E’ il paese più ospitale” gli dicono tutti, ma lo stato di rifugiato a Khaled non viene concesso mentre la TV trasmette gli sconquassi della sua città. Però forse è vero che qui sono ospitali: Wikstrom lo sfama e lo assume come lavapiatti, nonostante il ragazzo ora sia “un clandestino”. Wikstrom e i suoi dipendenti, un maitre poco magistrale, un cuoco improbabile ed una graziosa cameriera, aiutano Khaled persino a ritrovare la sorella in un paese baltico. Il motto della Rivoluzione Francese - Liberté Egalité Fraternité - sembra valere in questo paese di folk singer da strada, che inanellano belle canzoni con testi degni di Bruce Springsteen … sempre che non arrivino assurde e feroci marionette a trasformare Khaled in uno “sporco ebreo” (Sic!) …
La favola amara di Kaurismaki ripete il miracolo di “Miracolo a Le Havre”: colleziona una galleria di personaggi sfortunati che solo appoggiandosi l’uno all’altro rovesciano un mondo infame con il peso della loro solidarietà. Fa sanguinare Khaled, novello Shylock, la coltellata del naziskin, è vero, ma non fa niente se sua sorella ottiene lo status di rifugiata e l’asilo in Finlandia: per lui è l’unica cosa che conta ed il resto non è importante. L’asciutta narrazione si serve di immagini che dicono tutto. La tragedia in atto è condita di molti momenti di pura e grande comicità; Kaurismaki prende per mano lo spettatore e lo convince della sua “faziosa” visione del mondo: in fondo è facile e produttivo di energie positive tendere una mano a chi soffre; chiudersi in se stessi, barricarsi dietro un muro di indifferenza, disprezzo e rifiuto degli altri è assurdo e inumano. Cosa resta di noi se non abbiamo più un briciolo di umanità? Un grande “Orso d’argento” alla Berlinale. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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flyanto
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mercoledì 12 aprile 2017
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una pallida speranza in un futuro migliore
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Ritorna in forma quanto mai smagliante nelle sale cinematografiche il regista finlandese Aki Kaurismaki con il film "L'altro volto della Speranza" . In esso troviamo due personaggi nettamente all'opposto: un immigrato siriano giunto in Finlandia clandestinamente nascosto in una nave trasportante carbone, ed un rappresentante di cravatte e camicie che, dopo aver lasciato la propria moglie, decide di cambiare radicalmente vita. I due, nel corso della storia e di numerosi avvenimenti entrano in contatto ed il secondo, ormai padrone di un ristorante andato in fallimento, aiuterà molto il primo a cui il governo finlandese non ha concesso l'asilo politico.
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Ritorna in forma quanto mai smagliante nelle sale cinematografiche il regista finlandese Aki Kaurismaki con il film "L'altro volto della Speranza" . In esso troviamo due personaggi nettamente all'opposto: un immigrato siriano giunto in Finlandia clandestinamente nascosto in una nave trasportante carbone, ed un rappresentante di cravatte e camicie che, dopo aver lasciato la propria moglie, decide di cambiare radicalmente vita. I due, nel corso della storia e di numerosi avvenimenti entrano in contatto ed il secondo, ormai padrone di un ristorante andato in fallimento, aiuterà molto il primo a cui il governo finlandese non ha concesso l'asilo politico. Si prospetterà, forse, per entrambi un futuro più roseo.....
Ai suoi precedenti "L'uomo Senza Passato" e "Le Luci della Sera" occorre aggiungere quest'ultima pellicola dove Kaurismaki ritorna nella sua amata Finlandia per raccontare le storie dei propri personaggi melanconici ed un poco surreali. Dopo la poco riuscita, registicamente parlando, parentesi francese di "Miracolo a Le Havre" , Kaurismaki in maniera quanto mai brillante e consona alla propria natura racconta una storia di individui comuni, abitanti in un paese ostile per ciò che riguarda il clima e la cattiveria abbinata alla violenza da parte di una parte della popolazione, rassegnati ad un'esistenza routinaria e poco soddisfacente ma con una speranza od, almeno, un barlume di essa, futura. Nello specifico il regista finlandese introduce anche il tema dell'immigrazione e dei problemi legati a questa realtà ormai quanto mai contemporanea in Europa , ma in codesto film, le differenze iniziali, ovviamente evidenti ed esplicite tra i due personaggi, vengono piano piano azzerate attraverso una comunicazione ed un' intesa quasi repentina stabilita tra gli stessi, che li accomunerà in maniera profonda. Kaurismaki, attraverso la propria ironia sottile e semi-seria ed attraverso le riprese sui volti immobili, dall'aria imperturbabile e malinconica degli attori che egli sceglie sempre per i propri lavori cinematografici narra una favola dolce-amara, veramente toccante e vagamente triste nonchè un poco surreale, quasi sospesa, ma con un finale in cui, seppure non eclatantemente positivo, risiede una lieve speranza che rincuora ed infonde coraggio per un futuro migliore. E vi riesce perfettamente consegando al pubblico un'opera altamente poetica ma anche per certi versi divertente.
Altamente consigliabile ma solo a chi apprezza Kaurismaki
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