flyanto
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mercoledì 26 aprile 2017
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un bambino già leader come boss
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Dopo il precedente "Cicogne in Missione" ecco che con "Baby Boss" arriva nelle sale cinematografiche un altro cartone animato sui neonati.
Il neonato in questione è il fratellino che giunge presso una famiglia dove risiede già felice ed amato dai propri genitori un bambino di 7 anni.
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Dopo il precedente "Cicogne in Missione" ecco che con "Baby Boss" arriva nelle sale cinematografiche un altro cartone animato sui neonati.
Il neonato in questione è il fratellino che giunge presso una famiglia dove risiede già felice ed amato dai propri genitori un bambino di 7 anni. Appena il piccolo giunge monopolizza completamente l'attenzione dei genitori e, quasi in maniera "dispotica", ne condiziona le azioni. Ciò ovviamente non aggrada al fratello grande che subito percepisce la natura prepotente del piccolino, venendo a scoprire che in realtà è un adulto con sembianze da neonato inviato dalla Baby Corp, la fabbrica dove si fabbricano i bambini, al fine di scoprire perchè presso le famiglie le nascite sono calate a favore della presenza di animali domestici. Grossi antagonisti all'inizio, loro malgrado i due fratelli dovranno piano piano collaborare per liberare i propri genitori che nel frattempo sono stati rapiti. Alla fine impareranno a volersi bene reciprocamente.
Al di là della trama irreale soprattutto per ciò che concerne la figura di un essere adulto travestito da neonato e con un'importante e pericolosa missione da compiere, che in ogni caso appassionerà e divertirà i bambini del pubblico, il film tratta esplicitamente delle tematiche interessanti e quanto mai reali ed attuali quali, il calo delle nascite a favore della'acquisto di un animale domestico, la paura vera dei fratelli più grandi di essere affettivamente spodestati dai fratellini più piccoli che monopolizzano tutte le attenzioni dei genitori, e l' amore reciproco che dovrebbe esistere tra fratelli e sorelle che diventano in pratica dei complici. Vista in questa prospettiva la pellicola assume valore noncchè funge da insegnamento ai bimbi di collaborare con i propri fratelli, diventando amici, complici attraverso i giochi e le avventure vissute insieme, cementando così dei sentimenti positivi e sinceri l'uno per l'altro che dureranno negli anni sino all'età adulta e per sempre.
Come in "Cicogne in Missione" è da notare ed apprezzare la bellissima sequenza dove viene mostrata la modalità , divertente e spiritosa, in cui vengono creati i bambini e gli atteggiamenti da "manager" sicuri ed autoritari, sostenuti anche da un'efficace mimica facciale, del baby boss protagonista che risultano sicuramente esilaranti e buffi.
Consigliabile per i più piccini.
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elpiezo
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venerdì 5 maggio 2017
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istruttivo!!!
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Inedito prodotto d'animazione il cui tema ricorrente è la crescita infantile ed il conseguente sviluppo interiore stimolato dalla puerile gelosia dovuta all'improvviso arrivo di un inatteso fratellino. Pur nettamente al di sotto del pluridecorato e formativo Inside Out, Baby Boss è un'ironica ed eccentrica allegoria all'infanzia, un connubio di rapide sequenze animate adatto ad un pubblico di adulti e bambini.
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alberto
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giovedì 20 aprile 2017
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grazioso
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Un film diretto per lo più ad un pubblico di bambini, ma di certo molto carino e grazioso. L'idea alla base è di Marla Frazee, autrice del libro "The boss baby" (2010), che racconta di un ragazzino di sette anni che si trova in perfetta armonia con i propri genitori: gioca con loro nei modi più disparati, entrando in mondi che solo i bambini possono creare e si addormenta con loro mentre narrano la favola della buona notte e cantano la sua canzone preferita. Tutto perfetto, tutto tranquillo, finché, senza neanche consultarsi col primogenito, decidono di fare un altro pargolo (esilarante la scena in cui gli chiedono se lo vuole, a opera già fatta, e lui risponde con sicurezza di no). Come se non bastasse, il fratellino non causerà soltanto la riduzione delle attenzioni di mamma e papà, ma si rivelerà parlante e misterioso e sarà capace addirittura di rivelare al fratello maggiore cosa c'è prima della nascita, ovvero una specie di casa di produzione di neonati in cui non tutti sono diretti ad una famiglia, alcuni diventano adepti col compito di salvaguardare l'equilibrio dei valori dell'amore nel mondo, che non deve mai sbilanciarsi troppo verso i cuccioli degli animali.
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Un film diretto per lo più ad un pubblico di bambini, ma di certo molto carino e grazioso. L'idea alla base è di Marla Frazee, autrice del libro "The boss baby" (2010), che racconta di un ragazzino di sette anni che si trova in perfetta armonia con i propri genitori: gioca con loro nei modi più disparati, entrando in mondi che solo i bambini possono creare e si addormenta con loro mentre narrano la favola della buona notte e cantano la sua canzone preferita. Tutto perfetto, tutto tranquillo, finché, senza neanche consultarsi col primogenito, decidono di fare un altro pargolo (esilarante la scena in cui gli chiedono se lo vuole, a opera già fatta, e lui risponde con sicurezza di no). Come se non bastasse, il fratellino non causerà soltanto la riduzione delle attenzioni di mamma e papà, ma si rivelerà parlante e misterioso e sarà capace addirittura di rivelare al fratello maggiore cosa c'è prima della nascita, ovvero una specie di casa di produzione di neonati in cui non tutti sono diretti ad una famiglia, alcuni diventano adepti col compito di salvaguardare l'equilibrio dei valori dell'amore nel mondo, che non deve mai sbilanciarsi troppo verso i cuccioli degli animali. Un'altra trovata originale e fantasiosa per distrarre i bambini dalla vera causa della nascita, adattata bene con una sceneggiatura di Michael McCullers molto citazionista (Dal "tu non puoi passare" di Gandalf alla trappola de "I predatori dell'arca perduta"). La Dreamworks Animation ci ha regalato tanti capolavori di animazione, come "Shrek", "Kung Fu Panda" e "Le 5 leggende", e questo non è di certo al loro livello, ma è comunque una pellicola che farà felici i più piccoli, riesce a strappare qualche risata, ha un ritmo davvero invidiabile, considerando che dura un'oretta e mezza e offre una storiella degna di visione, che riesce anche un pò a mostrare quanto a volte nella vita siamo prevenuti, poiché a volte una persona che sembra antipatica può diventare un amico, ma soprattutto il dramma che potrebbe vivere un figlio con troppe attenzioni all'arrivo di un consanguineo, anche se non è una regola. La regia, che si avvale di qualche inquadratura insolita, è di Tom McGrath, che ha firmato anche la trilogia di "Madagascar", insieme a Eric Darnell e solo nell'ultimo a Conrad Vernon, e "Megamind". Le musiche, spesso in sintonia con le scene degli inseguimenti, sono del maestro Hans Zimmer, affiancato da Steve Mazzaro, e tra i doppiatori originali spiccano i nomi di Alec Baldwin (Baby boss), del grande Steve Buscemi (il villain Francis Francis) e di Tobey "Spiderman" Maguire (narratore). Un cartone dunque "per famiglie", pieno di scene spassose e con un personaggio, il boss bebè, davvero curioso, che passa repentinamente dalla tenerezza di un poppante alla serietà e professionalità di una specie di agente segreto, con voce profonda. Da vedere.
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andreagiostra
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lunedì 1 maggio 2017
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neonati o cuccioli di cane?
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Un comicon intelligente e sofisticato, a misura di adulto più che di bambino. Gli occhi grandi della narrazione certamente catturano l’attenzione dello spettatore. Occhi grandi di matrice artistica Margaret Keane (1927), la cui controversa ed incredibile storia vera è diventata un ottimo film del 2014, “Big Eyes”, con la superba regia di Tim Burton; Occhi grandi che i comicon giapponesi, a partire dagli anni ottanta, hanno disinvoltamente rubato all’arte statunitense; Occhi grandi che la psicologia evolutiva e la pedagogia moderna, a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, hanno suggerito alle grandi multinazionali di giocattoli perché producessero toys che fossero a misura di neonato e di infante.
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Un comicon intelligente e sofisticato, a misura di adulto più che di bambino. Gli occhi grandi della narrazione certamente catturano l’attenzione dello spettatore. Occhi grandi di matrice artistica Margaret Keane (1927), la cui controversa ed incredibile storia vera è diventata un ottimo film del 2014, “Big Eyes”, con la superba regia di Tim Burton; Occhi grandi che i comicon giapponesi, a partire dagli anni ottanta, hanno disinvoltamente rubato all’arte statunitense; Occhi grandi che la psicologia evolutiva e la pedagogia moderna, a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, hanno suggerito alle grandi multinazionali di giocattoli perché producessero toys che fossero a misura di neonato e di infante. Quando l’Arte contribuisce alla scienza e alla conoscenza!
Il film di Tom McGrath, con l’ottima sceneggiatura di Michael McCullers, è interessante e va certamente visto, non tanto per la storia che narra, ma piuttosto per i meta-messaggi che lancia allo spettatore-genitore. Al di là degli evidenti “richiami” a diversi comicon di successo del passato e del recente passato. Ma qualcosa di nuovo c’è!
La storia è apparentemente scontata. Tim Templeton è il primogenito della famiglia media statunitense, ovvero occidentale, se vogliamo. Coccolato e amato dai genitori che gareggiano nel prendersi cura del loro bimbo, sveglio, intelligente e con una fervida immaginazione. Tutto procede magnificamente per Tim, finché il suo meraviglioso vivere principesco con sudditi indefessi i propri genitori, non viene subitaneamente disintegrato dall’arrivo di un fratellino non desiderato. È lì che l’immaginazione di Tim prende il sopravvento, in una sorta di sublimazione infantile, o se vogliamo, in un interessante e variopinto meccanismo di difesa annafreudiano, in cui la fantasia si sostituisce alla dura e insopportabile realtà.
È a questo punto che inizia la fantastica narrazione: Baby Boss è un piccolo adulto despota, camuffato da neonato, mandato in mission segreta da una fantomatica e potentissima agenzia sovranazionale, la “Baby Corp”, con il temerario compito di fermare l’irresistibile e terroristica avanzata dell’amore degli adulti verso i cuccioli di cane, piuttosto che verso i cuccioli di uomo!
Ed è qui che ritroviamo geniale la sceneggiatura di Michael McCullers, che ci sbatte in faccia, con la sua trasposizione cartonica, una grande verità di una bella fetta di popolazione occidentale che invece di prendersi cura dei propri bimbi e del futuro della propria specie, si occupa morbosamente e innaturalmente dell’allevamento in casa, come se fossero veri figli d’uomo, dei cuccioli canini! Una “deviazione” psicopatologica della nostra civiltà occidentale che sta sempre più prendendo consistenza e che l’agenzia anti-canina “Baby Corp”, costituita da soli agenti segreti neonati, cerca di contrastare con tutti i mezzi di cui dispone!
Le scene e gli accadimenti del film sono divertenti e dirompenti. Il finale è certamente pedagogico soprattutto per quegli adulti che non vedono dove devono vedere, e potremmo rappresentarlo, astenendoci rigorosamente dal raccontarlo, con un antico detto cinese che ha tracciato la storia di tutte le guerre: «Il nemico del tuo nemico è tuo amico.» … ed è a quel punto che nel film vissero tutti felici e contenti!
ANDREA GIOSTRA.
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scavadentro65
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lunedì 15 maggio 2017
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lamento di un fratello minore
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So che la mia recensione sarà oggetto di strali lanciati da tutti gli appassionati di cartoon movie, i quali ben accolgono ogni prodotto cinematografico di questo filone sottolineando i pro e tacendo i contro. Questo film è però a mio parere meritevole di due stelle e mezzo, ma non oltre. L'idea di base è carina, con il tema dell'arrivo di un fratellino che sconvolge l'esistenza del maggiore 7enne (e tardivamente consultato in relazione alla scelta genitoriale) con conseguenti riduzioni di attenzione ed amore da parte dei genitori sino ad allora completamente assorbiti nel ruolo di compagni di gioco, lettori di favole, dispensatori di affetto ed amore.
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So che la mia recensione sarà oggetto di strali lanciati da tutti gli appassionati di cartoon movie, i quali ben accolgono ogni prodotto cinematografico di questo filone sottolineando i pro e tacendo i contro. Questo film è però a mio parere meritevole di due stelle e mezzo, ma non oltre. L'idea di base è carina, con il tema dell'arrivo di un fratellino che sconvolge l'esistenza del maggiore 7enne (e tardivamente consultato in relazione alla scelta genitoriale) con conseguenti riduzioni di attenzione ed amore da parte dei genitori sino ad allora completamente assorbiti nel ruolo di compagni di gioco, lettori di favole, dispensatori di affetto ed amore. Ma lo sviluppo non convince completamente. La vicenda scorre infatti con i due punti di vista, quello fantasioso del fratello maggiore e quello della realtà oggettiva, senza mai troppo decollare. Discreta l'idea dei cuccioli di cane contrapposti ai cuccioli di uomo, ed alla conseguente alleanza tra i due bambini protagonisti. Non si raggiungono però i livelli e la finezza di Inside Out, poichè i molteplici personaggi di quest'ultimo qui non ci sono, riducendo la trama ad un dualismo alla fin fine rigido tra i due pargoli. La scelta di connotare di occhi grandi le creature ricorda più Betty Boop che la Keane citata in altra recensione. Questa scelta di sapore nipponico non accresce la qualità del film, semmai lo appiattisce in un graficamente già visto. Anche le scene non creano effetti spettacolarmente rilevanti, rimanendo a mio modesto avviso al di sotto di altri analoghi lunogmetraggi che aspirano ad un pubblico che superi i 12 anni. Buona la prestazione dei doppiatori italiani che vivacizzano la pellicola. Un prodotto che sarà gradevole a livello televisivo ma rimane modesto a livello cinematografico. Parola di uno che, essendo fratello minore tra due, un pochino parla per partito preso e con una leggera parzialità........
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