mauridal
|
lunedì 30 ottobre 2017
|
luci e ombre di un film
|
|
|
|
DOVE CADONO LE OMBRE, un film di Valentina Pedicini, Italia 2017
UN SOLIDO GEOMETRICO ESPOSTO AD UN FASCIO DI LUCE, PROIETTA LA PROPRIA OMBRA SU DI UNA ALTRA SUPERFICIE ,questo è un antico ricordo di geometria , e mi sembra una possibile chiave di lettura per questo film, dove la seria e onesta regista ,Pedicini, ha cercato di inscenare una storia basata su fatti di storia recente, accaduti nella ricca e civile Svizzera. nel corso di decenni dagli anni ’20 fino agli anno ’80 ,del’ 900.
[+]
DOVE CADONO LE OMBRE, un film di Valentina Pedicini, Italia 2017
UN SOLIDO GEOMETRICO ESPOSTO AD UN FASCIO DI LUCE, PROIETTA LA PROPRIA OMBRA SU DI UNA ALTRA SUPERFICIE ,questo è un antico ricordo di geometria , e mi sembra una possibile chiave di lettura per questo film, dove la seria e onesta regista ,Pedicini, ha cercato di inscenare una storia basata su fatti di storia recente, accaduti nella ricca e civile Svizzera. nel corso di decenni dagli anni ’20 fino agli anno ’80 ,del’ 900. La regista, documentarista di origine ha voluto trasporre in storia una vicenda reale, incentrata su un vero e proprio genocidio etnico ai danni di una popolazione nomade Jenisch, ovvero Rom ma di origine europea presenti in mezza Europa , compresa la Svizzera. Dunque poiché la diversità razziale e il principio di superiorità di una razza sull’altra è sempre vivo in tanti Paesi piccoli o grandi che siano, ecco che ci troviamo nella piccola ma grande Svizzera a conoscere la storia di una donna Anna , che nata da famiglia nomade , da piccola viene rinchiusa in un ricovero carcere, insieme ad altri bambini per porre fine al fenomeno e alla presenza dei nomadi in territorio svizzero. Nulla di strano in quegli anni , dove ben altre soluzioni finali venivano proposte dai vicini germanici, Ai danni di ebrei oltreché di tutti gli imperfetti non Ariani. La stranezza e la novità della questione viene rivelata nel film quando sappiamo e che questi ricoveri hanno funzionato fino ai recenti , anni ‘ 80 dove con la complicità delle istituzioni elvetiche ancora si praticavano esperimenti sui bambini nomadi reclusi.
La Storia di Anna, prosegue quando la incontriamo adulta , integrata nella Svizzera moderna, che lavora come infermiera in un centro per anziani e disabili , che ha come sede lo stesso edificio, del ricovero istituto per bambini dove lei era reclusa da piccola. Un colpo di teatro, si direbbe, e in effetti, si tratta di un tragica rappresentazione di una vita mai liberata di questa donna che non riesce a svincolarsi dal passato, soprattutto quando , e questo è il definitivo colpo teatrale del film in questo ospizio per anziani , la giovane infermiera Anna rincontra la sua vecchia istruttrice dottoressa dell’orrore , che aveva il compito di eliminare la etnia Rom , con esperimenti genetici. A questo punto il film diventa un pesante solido geometrico , che proietta la sua ombra su di sé abbandonando ogni intento di denuncia storico-antropologica, per diventare più mestamente ,una storia psico intimista nella penosa relazione tra le due donne , la vecchia ex aguzzina e la giovane ex vittima che però è diventata la sua infermiera. La narrazione del film dunque si appesantisce e si dilunga troppo su questo rapporto fra le due donne, dimenticando la traccia principale avviata inizialmente ovvero, la tragedia nascosta del popolo Jenisch ,nella ricca e civile Svizzera del dopoguerra. Appare evidente che il nobile intento documentaristico di denuncia sia venuto meno , a favore di una narrazione più corposa ma a scapito della sintesi e del ritmo cinematografico , che sono essenziali per una fruizione possibile ad uno spettatore medio- normo dotato che pure sceglie questo genere di film. (Mauridal)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mauridal »
[ - ] lascia un commento a mauridal »
|
|
d'accordo? |
|
no_data
|
domenica 22 novembre 2020
|
non c''è limite alla bestialità
|
|
|
|
Gli orrori degli esperimenti di eugenetica e la loro nefasta ricaduta psico-fisica sulle loro vittime.
Un film essenziale e necessario.
Essenziale: nella sua asciutta costruzione teatrale, perché uno scenario così atroce non ammette orpelli.
Necessario: per non dimenticare (o per scoprire) che gli orrori dello sterminio genetico non si sono estinti con il Führer germanico, ma sono stati perpetrati per parecchio tempo anche dopo di lui e, per giunta, in una zona franca, tranquilla e insospettabile come la Confederazione Elvetica, che per un cinquantennio (1926-1975) ha finanziato un programma ("Pro Juventute") che mirava a cancellare, a suon di violenze fisiche e psicologiche, ogni traccia dell’appartenenza etnica originaria nei figli di un popolo nomade (gli Jenisch), e che ha mietuto circa due migliaia di vittime.
[+]
Gli orrori degli esperimenti di eugenetica e la loro nefasta ricaduta psico-fisica sulle loro vittime.
Un film essenziale e necessario.
Essenziale: nella sua asciutta costruzione teatrale, perché uno scenario così atroce non ammette orpelli.
Necessario: per non dimenticare (o per scoprire) che gli orrori dello sterminio genetico non si sono estinti con il Führer germanico, ma sono stati perpetrati per parecchio tempo anche dopo di lui e, per giunta, in una zona franca, tranquilla e insospettabile come la Confederazione Elvetica, che per un cinquantennio (1926-1975) ha finanziato un programma ("Pro Juventute") che mirava a cancellare, a suon di violenze fisiche e psicologiche, ogni traccia dell’appartenenza etnica originaria nei figli di un popolo nomade (gli Jenisch), e che ha mietuto circa due migliaia di vittime.
"Non c'è limite alla bestialità", continua a ripetere imperterrito il carnefice (Gertrud) quattordici anni dopo la fine dell'esperimento.
"Io sono peggio di te", le confessa la vittima da lei "educata" (Anna), intrappolata nello spazio-tempo del dolore subìto.
L'unico a restare "preciso, puntuale, pulito" (per usare le sue stesse parole) è Hans, la vittima prima lobotomizzata e poi bollata dal carnefice come "idiota" e "senza possibilità di successo".
Così come "preciso, puntuale, pulito" è stato il lavoro di Valentina Pedicini (6 aprile 1978 - 20 novembre 2020), che purtroppo non potrà più regalarci altri piccoli grandi capolavori come "Dove cadono le ombre".
© 2020 Paola Baroni
[-]
|
|
[+] lascia un commento a no_data »
[ - ] lascia un commento a no_data »
|
|
d'accordo? |
|
matt from nothing
|
giovedì 6 gennaio 2022
|
dove cadono le ombre, alienazione dal tempo
|
|
|
|
Anna e Hans sono cresciuti in un orfanotrofio.
Come loro altri migliaia di bambini di etnia Jenisch. Allontanati dalle famiglie, sterilizzati e coinvolti in esperimenti eugenetici. Questo è stato il progetto di pulizia etnica operato in Svizzera tra il 1926 e il 1973 dalla fondazione per l'infanzia Pro-Juventute.
Anna e Hans però non se ne sono mai andati. L'orfanotrofio adesso è diventato una casa di riposo e loro lavorano lì. Con l'arrivo in struttura di Geltrud, responsabile del progetto eugenetico, la narrazione procede su due livelli. Lenti flashback sull'infanzia dolorosa di Anna e degli altri bambini si alternano alla nuova quotidianità ancora segnata da soprusi simili, stavolta operati da lei su Hans e gli ospiti della struttura.
[+]
Anna e Hans sono cresciuti in un orfanotrofio.
Come loro altri migliaia di bambini di etnia Jenisch. Allontanati dalle famiglie, sterilizzati e coinvolti in esperimenti eugenetici. Questo è stato il progetto di pulizia etnica operato in Svizzera tra il 1926 e il 1973 dalla fondazione per l'infanzia Pro-Juventute.
Anna e Hans però non se ne sono mai andati. L'orfanotrofio adesso è diventato una casa di riposo e loro lavorano lì. Con l'arrivo in struttura di Geltrud, responsabile del progetto eugenetico, la narrazione procede su due livelli. Lenti flashback sull'infanzia dolorosa di Anna e degli altri bambini si alternano alla nuova quotidianità ancora segnata da soprusi simili, stavolta operati da lei su Hans e gli ospiti della struttura. Soprattutto verso Gertrud.
Il focus del film è proprio sulla relazione vittima-carnefice tra Anna e Gertrud. Adesso è Gertrud a trovarsi in subalternità e Anna ne approfitta ma è evidente anche il potere che Getrud manifesta ancora dopo 14 anni su Anna.
Come in ogni altro film incentrato sulla relazione vittima-carnefice, il trauma è fondamentale per definire e comprendere ma “Dove cadono le ombre” va molto oltre.
La narrazione ferma sul trauma alimenta il mito della metamorfosi manichea della vittima in carnefice. Mito portato avanti soprattutto dal revenge movie hollywoodiano. Come se ci fosse un salto mitico e manicheo da un'essenza pura e innocente a un'essenza malvagia.
Invece questo racconto della relazione vittima-carnefice dentro il contesto dell'istituzione totale permette una visione ampia e molti più spunti.
Vittima e carnefice sono innanzitutto attori sociali. La loro relazione è scandita da pratiche, dispositivi di controllo e rituali. Nel film si vede benissimo. I corpi dei personaggi parlano da soli, nei minimi particolari coreografici. Anna è perseguitata dai traumi della sua contenzione infantile e allo stesso tempo opera dentro una struttura di contenzione della vecchiaia.
Il dramma di Anna bloccata nel suo loop tra lo spazio e il tempo è un'anticamera dell'organizzazione istituzionale e disciplinare del tempo di vita.
A metà tra cinema e teatro, anche il luogo parla da solo. L'istituzione totale è l'anello di congiunzione tra passato e presente per Anna. Un anello che si fa sempre più cupo e spettrale fino a diventare un vortice che destabilizza.
Su una scala più ampia, anello di congiunzione tra infanzia e vecchiaia.
La trappola di Anna è l'alienazione dal proprio tempo.
Il tempo di sé sacrificato sull'altare della scienza eugenetica. Il controllo biopolitico e lo sterminio eurocentrico di una minoranza passano anche attraverso l'imposizione del tempo.
La temporalità occidentale, gerarchica e disciplinare. L'età socialmente costruita è la sua cifra.
Infanzia e vecchiaia sono gli estremi di questa linea.
Se una serie di soprusi che adesso definiremmo abusi verso l'infanzia sono stati compiuti in nome di questa infanzia, allora è proprio questa categoria di infanzia ad essere problematica. Quale infanzia?
Il discorso sull'infanzia è ancora, spesso, eurocentrico ed escludente.
Ai jenisch non è stata “tolta un'infanzia”. Ai jenisch è stata imposta un'infanzia. Un'infanzia svizzera “per bene”, lontana da costumi e pratiche ritenuti devianti.
La memoria può essere un atto importante di ricerca, ricostruzione della propria storia e riappropriazione del proprio tempo, ma la ricerca di Anna è una marcia indietro frustrata e ossessiva che non conosce prospettiva. Sempre più indietro. Sempre più indietro.
Sempre più dentro la sua trappola.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a matt from nothing »
[ - ] lascia un commento a matt from nothing »
|
|
d'accordo? |
|
roberto
|
sabato 19 settembre 2020
|
capolavoro
|
|
|
|
Mi dispiace per il sig. Zappoli (che ha commentato in primis questo film), ma si vede che per lui un "pubblico di nicchia" significa un pubblico "sensibile", attributo che evidentemente gli è del tutto sconosciuto. Il film è un capolavoro! Più ampio nei significati di quanto sia riuscito a comprendere il sig. Zappoli: non è solo un film di denuncia sociale, ma anche un film sulla morte (vedi il titolo), sui rapporti anormali e normali, così come sulla vita stessa! Indubbiamente fastidioso, nel senso di "scomodo", insopportabile, a volte incomprensibile, ma rimane comunque un capolavoro. A quale "concessione" vuole mai alludere il commentatore nella sua scadente recensione? Forse a qualche "americanata"? A qualche espediente per accattivarsi il pubblico più becero? A un po' di sesso?! Meno male che la regista (grandiosa!) rifugge da tutto questo! Lasciamo dunque al signor Zappoli l'onere di recensire film più commerciali e "di cassetta"; col consiglio di risparmiarsi da qui in poi la fatica di commentare film più seri e impegnati, perché non credo sia nelle sue corde.
|
|
[+] lascia un commento a roberto »
[ - ] lascia un commento a roberto »
|
|
d'accordo? |
|
rosmersholm
|
giovedì 24 giugno 2021
|
brutto
|
|
|
|
Al netto delle "nobili" intenzioni, il film è bruttarello assai. Una sceneggiatura allusiva ed irrisolta, poggia interamente sulle solide spalle di un'attrice formidabile come la Rosellini che tuttavia non può compiere il miracolo di salvare completamente il film e le performance francamente pessime di alcuni altri interpreti.
|
|
[+] lascia un commento a rosmersholm »
[ - ] lascia un commento a rosmersholm »
|
|
d'accordo? |
|
matt from nothing
|
giovedì 6 gennaio 2022
|
dove cadono le ombre, alienazione dal tempo
|
|
|
|
Anna e Hans sono cresciuti in un orfanotrofio. Come loro altri migliaia di bambini di etnia Jenisch. Allontanati dalle famiglie, sterilizzati e coinvolti in esperimenti eugenetici. Questo è stato il progetto di pulizia etnica operato in Svizzera tra il 1926 e il 1973 dalla fondazione per l'infanzia Pro-Juventute. Anna e Hans però non se ne sono mai andati. L'orfanotrofio adesso è diventato una casa di riposo e loro lavorano lì. Con l'arrivo in struttura di Geltrud, responsabile del progetto eugenetico, la narrazione procede su due livelli. Lenti flashback sull'infanzia dolorosa di Anna e degli altri bambini si alternano alla nuova quotidianità ancora segnata da soprusi simili, stavolta operati da lei su Hans e gli ospiti della struttura.
[+]
Anna e Hans sono cresciuti in un orfanotrofio. Come loro altri migliaia di bambini di etnia Jenisch. Allontanati dalle famiglie, sterilizzati e coinvolti in esperimenti eugenetici. Questo è stato il progetto di pulizia etnica operato in Svizzera tra il 1926 e il 1973 dalla fondazione per l'infanzia Pro-Juventute. Anna e Hans però non se ne sono mai andati. L'orfanotrofio adesso è diventato una casa di riposo e loro lavorano lì. Con l'arrivo in struttura di Geltrud, responsabile del progetto eugenetico, la narrazione procede su due livelli. Lenti flashback sull'infanzia dolorosa di Anna e degli altri bambini si alternano alla nuova quotidianità ancora segnata da soprusi simili, stavolta operati da lei su Hans e gli ospiti della struttura. Soprattutto verso Gertrud. Il focus del film è proprio sulla relazione vittima-carnefice tra Anna e Gertrud. Adesso è Gertrud a trovarsi in subalternità e Anna ne approfitta ma è evidente anche il potere che prima esercita ancora dopo 14 anni su Anna.
Come in ogni altro film incentrato sulla relazione vittima-carnefice, il trauma è fondamentale per definire e comprendere ma “Dove cadono le ombre” va molto oltre. La narrazione ferma sul trauma alimenta il mito della metamorfosi manichea della vittima in carnefice. Mito portato avanti soprattutto dal revenge movie hollywoodiano. Come se ci fosse un salto mitico e manicheo da un'essenza pura e innocente a un'essenza malvagia. Invece questo racconto della relazione vittima-carnefice dentro il contesto dell'istituzione totale permette una visione ampia e molti più spunti. Vittima e carnefice sono innanzitutto attori sociali. La loro relazione è scandita da pratiche, dispositivi di controllo e rituali. Nel film si vede benissimo. I corpi dei personaggi parlano da soli, nei minimi particolari coreografici. Anna è perseguitata dai traumi della sua contenzione infantile e allo stesso tempo opera dentro una struttura di contenzione della vecchiaia.
Il dramma di Anna bloccata nel suo loop tra lo spazio e il tempo è un'anticamera dell'organizzazione istituzionale e disciplinare del tempo di vita. A metà tra cinema e teatro, anche il luogo parla da solo. L'istituzione totale è l'anello di congiunzione tra passato e presente per Anna. Un anello che si fa sempre più cupo e spettrale fino a diventare un vortice che destabilizza. Su una scala più ampia, anello di congiunzione tra infanzia e vecchiaia.
La trappola di Anna è l'alienazione dal proprio tempo. Il tempo di sé sacrificato sull'altare della scienza eugenetica. Il controllo biopolitico e lo sterminio eurocentrico di una minoranza passano anche attraverso l'imposizione del tempo. La temporalità occidentale, gerarchica e disciplinare. L'età socialmente costruita è la sua cifra. Infanzia e vecchiaia sono gli estremi di questa linea. Se una serie di soprusi che adesso definiremmo abusi verso l'infanzia sono stati compiuti in nome di questa infanzia, allora è proprio questa categoria di infanzia ad essere problematica. Quale infanzia? Il discorso sull'infanzia è ancora, spesso, eurocentrico ed escludente. Ai jenisch non è stata “tolta un'infanzia”. Ai jenisch è stata imposta un'infanzia. Un'infanzia svizzera “per bene”, lontana da costumi e pratiche ritenuti devianti.
La memoria può essere un atto importante di ricerca, ricostruzione della propria storia e riappropriazione del proprio tempo, ma la ricerca di Anna è una marcia indietro frustrata e ossessiva che non conosce prospettiva. Sempre più indietro. Sempre più indietro. Sempre più dentro la sua trappola.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a matt from nothing »
[ - ] lascia un commento a matt from nothing »
|
|
d'accordo? |
|
|