Gold - La grande truffa

Nella grande corsa all'oro il sogno americano mostra il lato oscuro

Ci sono star maschili che replicano la propria immagine film dopo film, altre disposte a modellare il corpo sul personaggio che stanno interpretando. Appartiene alla seconda categoria, di cui è stato campione Bob DeNiro, Matthew McConaughey, conclamato sex-symbol che si ridusse pelle e ossa in Dallas Buyers Club (vincendo un Oscar) e, ora, è ingrassato di venti chili, ha rinunciato ai capelli e ha inforcato una protesi dentale da castoro per impersonare l'(anti)eroe di Gold - La grande truffa. Anche se ampiamente riadattata, la storia del film è autentica e riguarda lo scandalo di una società canadese, la Bre-X Minerals, che scoprì un giacimento aurifero in Indonesia innescando una gigantesca manovra speculativa di Borsa. All'inizio degli anni Ottanta, Kenneth Wells lavora nella compagnia paterna di ricerche minerarie a Reno. Rimasto orfano del genitore, nel cui mito continuerà a vivere, Kenny si ritrova con le spalle al muro; tenta di risollevarsi partendo per la jungla indonesiana alla ricerca del geologo Mike Acosta, come lui affetto dalla febbre dell'oro. Pur molto diversi, i due uomini condividono fallimenti e ferite simili. Decidono quindi di associarsi in un patto firmato su un tovagliolo di carta: vada come vada, a ciascuno toccherà il 50% di quel che la sorte riserverà loro. Dopo un lungo e duro lavoro, scoprono ciò su cui nessuno avrebbe scommesso: il giacimento più ricco del mondo. Le azioni della Washoe Mining Corporation prendono il volo, ripagando Kenny e Mike di tutte le umiliazioni patite; però i soci, entrati nel giro grosso, dovranno guardarsi dalla doppia minaccia degli squali di Wall Street e del dittatore indonesiano Suharto. Il sottotitolo italiano, La grande truffa, è uno spoiler che dice troppo sulla trama del film, giocato su una rivelazione da non raccontare in anticipo. Ed è proprio questa rivelazione a far prendere alla vicenda una piega romanzesca tale da smussarne il "messaggio" potenziale. Che, fino a un certo punto, sembra un'interessante variazione sul concetto, oggi di moda, di post-truth. Agli speculatori di Borsa, veri cattivi della storia, e agli investitori non interessa infatti se l'affare dell'oro sia vero o tarocco: importa solo il miraggio di favolose ricchezze da acquistare con poca fatica e molta spregiudicatezza, secondo la più autentica vocazione del capitalismo e dei suoi adepti. Per come vanno poi le cose, invece, il film sterza in una vicenda di riscatto del protagonista che - in fondo - non si vede perché dovremmo considerare tanto più nobile dei suoi nemici. Insomma, mentre mostra la faccia oscura del sogno americano Gold finisce per confermarlo, mitizzando Wells per la coerenza con cui si sforza di diventar ricco. Di fattura molto classica, incline a dare più spazio alle parole che all'azione, il film si fa apprezzare soprattutto per le interpretazioni: non solo per quella di McConaughey, obeso bevitore e fumatore compulsivo abitato fino nelle midolla dal suo sogno di gloria, ma anche per la performance del venezuelano Edgar Ramirez, noto per il ruolo del terrorista Carlos nell'omonima miniserie televisiva. I due danno vita a un'amicizia ambigua e interessante, i cui risvolti avrebbero meritato un maggiore approfondimento.
Da La Repubblica, 4 maggio 2017


di Roberto Nepoti, 4 maggio 2017