nicoladimi
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mercoledì 2 settembre 2020
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il genio indiano ramanujan e la sua dea.
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Bravissimi gli attori e buon tema ma a mio avviso molto incentrato sul rapporto matematica/spiritualità anche a voler dimostrare che spesso l’ispirazione è dono di dei in cui ognuno crede e in questo caso alla Dea in cui credeva Ramanujan genio matematico indiano nato nel 1887, a cui il film fa riferimento. Comunque il film tiene è abbastanza emozionante e ben svolto.
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sellerone
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lunedì 23 luglio 2018
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il calore dei numeri
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Tocca corde dei sentimenti. Si entra in un mondo ostico come quello dei numeri, per raccontare il rapporto fra due uomini soli, uno per scelta, l'altro a causa degli eventi. Un film che racconta di menti eccezionali impegnate in operazioni matematiche che sono alla base del moderno calcolo. Il suo merito è che riesce per sommi capi a far entrare lo spettatore nelle stanze e nei luoghi dove la matematica del passato si alimentava, dove gli scienziati che ora le moderne generazioni cercano di emulare, senza mezzi e con la solo forza delle loro intuizioni ci hanno permesso di evolvere in maniera inimmaginabile per le epoche passate. Concludo dicendo che mai numeri sono stati più caldi, anche se concepiti nelle fredde stanze di una delle più prestigiose università inglesi, numeri che hanno cancellato il colore della pelle e le discriminazioni in un epoca in cui queste erano ben radicate anche nelle menti più elevate, che sono però costate enormi sacrifici umani a chi ha lottato per lasciarli in eredità alle nuove generazioni.
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gianleo67
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venerdì 20 luglio 2018
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"la più grande scoperta di hardy? e' stato ramanujan"
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La passione quasi mistica per la matematica, portano un poverissimo ed umile bramino tamil di Madrassa ad intrattenere una corrispondenza epistolare con insigni cattedratici del Trinity College di Cambridge. Solo uno di questi però sembra prenderlo sul serio, facendolo giungere in Inghilterra grazie ad una borsa di studio, incoraggiandolo nel suo percorso universitario e contrastando il diffuso ostracismo dei colleghi che si oppongono all'ammissione del genio indiano in seno al corpo docenti, non ostante i suoi indiscutibili meriti scientifici. Condensato di una vaga epica egualiataria d'inizio secolo, agiografia melodrammatica di un genio sfortunato e misticismo cabalistico a buon mercato, questo biopic simil bolllywoodiano è in realtà l'esemplare più che convenzionale di un sottogenere molto in voga nel cinema anglosassone del terzo millennio, fatto di geni tuttologi tetraplegici, esperti di criptologia dalle sospette inclinazioni sessuali e schizofrenici paranoidi redenti sulla via della medaglia Fields o della regia accademia degli ex dinamitardi svedesi.
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La passione quasi mistica per la matematica, portano un poverissimo ed umile bramino tamil di Madrassa ad intrattenere una corrispondenza epistolare con insigni cattedratici del Trinity College di Cambridge. Solo uno di questi però sembra prenderlo sul serio, facendolo giungere in Inghilterra grazie ad una borsa di studio, incoraggiandolo nel suo percorso universitario e contrastando il diffuso ostracismo dei colleghi che si oppongono all'ammissione del genio indiano in seno al corpo docenti, non ostante i suoi indiscutibili meriti scientifici. Condensato di una vaga epica egualiataria d'inizio secolo, agiografia melodrammatica di un genio sfortunato e misticismo cabalistico a buon mercato, questo biopic simil bolllywoodiano è in realtà l'esemplare più che convenzionale di un sottogenere molto in voga nel cinema anglosassone del terzo millennio, fatto di geni tuttologi tetraplegici, esperti di criptologia dalle sospette inclinazioni sessuali e schizofrenici paranoidi redenti sulla via della medaglia Fields o della regia accademia degli ex dinamitardi svedesi. Come dire la strada della scoperta (o dell'invenzione) scientifica è lastricata dalle ingiustizie sociali, dalle sfighe personali e dagli imperscrutabili segni di un fato avverso che rendono l'intrapesa umana e intellettuale adatta ad un prodotto di cassetta e destinato perfino a quella larga parte di pubblico cui parole come trigonometria e calcolo combinatorio possono produrre severi attacchi di orticaria. Niente paura, per costoro è bella e pronta la faccia virile e abbronzata di un Dev Patel madrelingua inglese, che sugge il nettare della sapienza numerologica dalle sensuali labbra dea Namagiri e che piomba nelle confortevoli dimore del Trinity College giusto in tempo per incassare ostracismo accademico, molestie xenofobe e supposte esplosive di Zeppelin crucchi. Bandito qualsiasi realismo psicologico o riflessione storica sul valore talora fortuito della scoperta scientifica, il film di Matt Brown fa la spola tra le dura lotta dello studente fuori sede ospite indesiderato degli odiati colonizzatori e le paturnie sentimentali di una mogliettina giovane e carina abbandonata tutta sola alle ripicche di una imperversante e arcigna mammà; l'invadente presenza di un insopportabile commento musicale ed un ritmo narrativo che stempera l'epica del racconto nella banalità di una storia dove eventi e personaggi rimangono perennemente sullo sfondo, finisce per togliere modente persino all'interpretazione compassata di un sempre composto Jeremy Irons; prototipo fatto e finito del matematico d'Albione, che alterna alla manifesta passione per il rigore del calcolo, le inconfessabili pulsioni che portavano in quegli anni il suo esimio collega A. E. Housman in eccitanti e perigliosi tour sessuali in giro per l'Europa. Non bastassero i modesti contenuti artistici, questo polpettone mainstream avanza l'idea furovinate che i processi cognitivi alla base del genio sinestetico di un bramino male in arnese possano affondare le loro radici in un sostrato di credenze e superstizioni da cui si pensa provengano le cose che non si capiscono; insomma dall'officiante indiano delle partizioni fatte in casa alla cattedra lucasiana di matematica dove storicamente sedeva un rappresentante del clero (come il suo fondatore) il passo è breve: un'aura romantica che sembra ammantare di misticismo un rapporto 'intimo e confidenziale con i singoli numeri naturali' o le più immediate soluzioni a valori reali della funzione Z di Riemann. Fra i produttori pure due matematici indiani. Presentato al Toronto International Film Festival 2015 ed al Tribeca Film Festival.
"La più grande scoperta di Hardy? E' stato Ramanujan" - Bertrand Russell (Berty per gli amici)
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ninoraffa
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martedì 27 giugno 2017
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la mistica delle partizioni
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Antico dilemma se la matematica sia scoperta o invenzione; se i teoremi siano costruzioni dell’intelligenza, oppure cose che stanno già lì fuori in attesa che qualcuno, magari dotato di vista più acuta, le veda. Srinivasa Ramanujan era di questo secondo avviso e quando si pretendevano da lui le dimostrazioni formali dei suoi geniali risultati, manifestava lo stesso stupore che ognuno di noi proverebbe se gli chiedessero la dimostrazione del mare o di un tramonto.
L’uomo che vide l’infinito, tratto dall’omonimo libro di R. Kanigel (1991) cavalca il fortunato filone della biografie di scienziati, più o meno romanzate, di cui forse The imitation game (2014) è il migliore esempio recente.
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Antico dilemma se la matematica sia scoperta o invenzione; se i teoremi siano costruzioni dell’intelligenza, oppure cose che stanno già lì fuori in attesa che qualcuno, magari dotato di vista più acuta, le veda. Srinivasa Ramanujan era di questo secondo avviso e quando si pretendevano da lui le dimostrazioni formali dei suoi geniali risultati, manifestava lo stesso stupore che ognuno di noi proverebbe se gli chiedessero la dimostrazione del mare o di un tramonto.
L’uomo che vide l’infinito, tratto dall’omonimo libro di R. Kanigel (1991) cavalca il fortunato filone della biografie di scienziati, più o meno romanzate, di cui forse The imitation game (2014) è il migliore esempio recente. Stavolta tocca al leggendario matematico indiano Srinivasa Ramanujan (a quando Kurt Gödel?). Nato in India nel 1887 da una famiglia braminica, Ramanujan riceve una discreta istruzione senza poter comunque accedere all’università; già ragazzo manifesta le sue doti riempiendo quaderni di teoremi, molti dei quali profondi e originalissimi, alcuni magari già scoperti da secoli a sua insaputa, qualcuno pure sbagliato, tutti rigorosamente privi di dimostrazione in quanto comunicatigli direttamente, in sogno o in preghiera, dalla dea Namagiri. E’ solito ripetere che un’equazione non ha significato se non esprime un pensiero di Dio.
Intanto sbarca il lunario come contabile a Madras. Sconosciuto dilettante sepolto nella remota provincia dell’impero, nel 1913 Ramanujian imbusta alcuni dei suoi risultati divini e li spedisce ad alcuni eminenti matematici inglesi. Due cestinano alla prima occhiata, il terzo è Godfrey Hardy: eccentrico, anticonformista, ateo atteggiato a nemico personale di Dio, solito uscire nelle belle giornate con l’ombrello per prevenire i dispetti meteorologici dell’inesistente Padre Eterno. Da quelle poche pagine di carta grezza Hardy intuisce il genio dell’indiano, facendo in modo che arrivi a Cambridge come borsista. Insieme realizzeranno una delle più produttive collaborazioni della storia della matematica.
Il film di Matt Brown, col riflessivo ed elegante Jeremy Irons tanto perfetto nei panni di Hardy da quasi eclissare il protagonista, rappresenta bene l’amicizia tipicamente inglese tra i due scienziati, fatta più di silenzi che di confidenze, che solo sul finire trova un po’ di calore. Maggior rilievo avrebbero forse meritato le figure altrettanto geniali di Bertrand Russell e John Littlewood, ma nel complesso il soggetto rende con equilibrio sia lo sfondo storico, che l’ambiente accademico inglese al tempo della Grande Guerra: elitario, razzista e chiuso, ma meno di quanto ci si potrebbe aspettare. Dubbia e in parte prescindibile, invece, la ricostruzione della vita familiare di Ramanujan, con il conflitto tra moglie innamorata e madre possessiva contraria al trasferimento del figlio in Inghilterra. In realtà fu proprio la madre a superare gli scrupoli religiosi di Ramanujan riguardo al viaggio: aveva sognato il figlio in una grande sala con un gruppo di uomini europei, e poi le era apparsa Namagiri in persona ordinando che lui partisse.
Evidentemente gli dei, nonostante lui, simpatizzavano per Hardy offrendogli un improbabile collega – per sua stessa ammissione a lui superiore – insieme al quale avrebbe pubblicato alcuni dei suoi migliori lavori. Come proteggessero Ramanujan non sappiamo: il clima inglese insieme ai suoi tabù alimentari ne minarono la salute destinandolo a morte prematura. I suoi risultati continuano dopo un secolo a trovare applicazioni e sviluppi in molti campi, con buona pace di Hardy che amava considerare la matematica pura un’arte: visione di forme, come la pittura o la poesia, più vicina alla realtà profonda – e quindi alla verità e alla bellezza – di qualsiasi scienza applicata; orgoglioso di non aver fatto nulla di utile, ma di avere soltanto aumentato il sapere e di avere aiutato altri a farlo.
Scrupoloso induista, Ramanujan fu sempre posseduto dal sacro fuoco del sapere matematico che gli proveniva da Dio, in una personalissima mistica in cui i numeri sono la parola che unisce Cielo e Terra. Eppure l’inglese e l’indiano, l’ateo e il devoto, forse erano meno distanti di quanto sembrasse: l’uno aveva trovato nella matematica il suo dio, l’altro la sua matematica in Dio, e proprio nei numeri si erano incontrati. Un ultimo pensiero mentre scorrono i titoli di coda: nel caso abbia avuto ragione Ramanujan, stanno ancora insieme a discutere con Dio – ovvero a imbastire teoremi – da qualche parte.
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elgatoloco
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lunedì 19 giugno 2017
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the man... film importante
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"The Man Who Knew INfinity"di Matt Brown è un film comunque importante, rivalutando-aiutando a riscoprire un personaggio(Ramanujan)iMportante nella storia delle scienze(matematica"pura" e astronomia quantomeno), poco valorizzato anche nella storia della matematica "manualizzata"in occidente, con un taglio comunque molto"eurocentrico", molto"schierato", decisamente "occidentale"(lo stesso peraltro vale in molti altri campi del sapere, come noto). Il suo valore, dunque, è , in primis, eminentamente storico-biografico. TUtto il resto è"zeppa", volendo(la storia d'amore con la moglie, per ex.), ma è"zeppa"necessaria, indubbiamente ben confezionata, con qualche eccesso spettacolare francamente pletorico e ridondante(le musiche, la ritualità indiana troppo esibita di contro a quella britannica, tanto per essere chiari), dove emerge comunque la bravura"emblematica"del giovane interprete "emblematizzante"Dev Patel, di contro a Jeremy Irons, che rappresenta G.
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"The Man Who Knew INfinity"di Matt Brown è un film comunque importante, rivalutando-aiutando a riscoprire un personaggio(Ramanujan)iMportante nella storia delle scienze(matematica"pura" e astronomia quantomeno), poco valorizzato anche nella storia della matematica "manualizzata"in occidente, con un taglio comunque molto"eurocentrico", molto"schierato", decisamente "occidentale"(lo stesso peraltro vale in molti altri campi del sapere, come noto). Il suo valore, dunque, è , in primis, eminentamente storico-biografico. TUtto il resto è"zeppa", volendo(la storia d'amore con la moglie, per ex.), ma è"zeppa"necessaria, indubbiamente ben confezionata, con qualche eccesso spettacolare francamente pletorico e ridondante(le musiche, la ritualità indiana troppo esibita di contro a quella britannica, tanto per essere chiari), dove emerge comunque la bravura"emblematica"del giovane interprete "emblematizzante"Dev Patel, di contro a Jeremy Irons, che rappresenta G.H.Hardy, matematico-"principe"nella Gran Bretagna del tempo, dove forse avremmo voluto meglio approfondita la figura di Bertrand Russell, forse messa un po'in disparte in questo film(ma storicamente, quale era il suo peso effettivo nella vicenda, proprio a livello biografico?Non lo so e credo non lo sappiano se gli specialisti della vicenda, altrimenti rischiamo generalizzazioni molto pericolose), in un film comunque pieno di spunti, di suggestioni anche per approfondire il tema, per chi avrà il tempo per farlo/vorrà farlo... Decisamente difficile, francamente, che su ciò(sul tema in questione)si aprano improvvisamente ricerche finora mancanti o confinate in riviste ultra-specialistiche... E'il problema, peraltro, di ogni ambito scientifico, anche nelle scienze umane-sociali, anche a livello storico e letterario, dove qualche aperutra maggiore al"grande pubblico"spesso si ha, ma molto spesso anche a prezzo di grossolane semplificazioni... El Gato
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elgatoloco
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lunedì 19 giugno 2017
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the man... film importante
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"The Man Who Knew INfinity"di Matt Brown è un film comunque importante, rivalutando-aiutando a riscoprire un personaggio(Ramanujan)iMportante nella storia delle scienze(matematica"pura" e astronomia quantomeno), poco valorizzato anche nella storia della matematica "manualizzata"in occidente, con un taglio comunque molto"eurocentrico", molto"schierato", decisamente "occidentale"(lo stesso peraltro vale in molti altri campi del sapere, come noto). Il suo valore, dunque, è , in primis, eminentamente storico-biografico. TUtto il resto è"zeppa", volendo(la storia d'amore con la moglie, per ex.), ma è"zeppa"necessaria, indubbiamente ben confezionata, con qualche eccesso spettacolare francamente pletorico e ridondante(le musiche, la ritualità indiana troppo esibita di contro a quella britannica, tanto per essere chiari), dove emerge comunque la bravura"emblematica"del giovane interprete "emblematizzante"Dev Patel, di contro a Jeremy Irons, che rappresenta G.
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"The Man Who Knew INfinity"di Matt Brown è un film comunque importante, rivalutando-aiutando a riscoprire un personaggio(Ramanujan)iMportante nella storia delle scienze(matematica"pura" e astronomia quantomeno), poco valorizzato anche nella storia della matematica "manualizzata"in occidente, con un taglio comunque molto"eurocentrico", molto"schierato", decisamente "occidentale"(lo stesso peraltro vale in molti altri campi del sapere, come noto). Il suo valore, dunque, è , in primis, eminentamente storico-biografico. TUtto il resto è"zeppa", volendo(la storia d'amore con la moglie, per ex.), ma è"zeppa"necessaria, indubbiamente ben confezionata, con qualche eccesso spettacolare francamente pletorico e ridondante(le musiche, la ritualità indiana troppo esibita di contro a quella britannica, tanto per essere chiari), dove emerge comunque la bravura"emblematica"del giovane interprete "emblematizzante"Dev Patel, di contro a Jeremy Irons, che rappresenta G.H.Hardy, matematico-"principe"nella Gran Bretagna del tempo, dove forse avremmo voluto meglio approfondita la figura di Bertrand Russell, forse messa un po'in disparte in questo film(ma storicamente, quale era il suo peso effettivo nella vicenda, proprio a livello biografico?Non lo so e credo non lo sappiano se gli specialisti della vicenda, altrimenti rischiamo generalizzazioni molto pericolose), in un film comunque pieno di spunti, di suggestioni anche per approfondire il tema, per chi avrà il tempo per farlo/vorrà farlo... Decisamente difficile, francamente, che su ciò(sul tema in questione)si aprano improvvisamente ricerche finora mancanti o confinate in riviste ultra-specialistiche... E'il problema, peraltro, di ogni ambito scientifico, anche nelle scienze umane-sociali, anche a livello storico e letterario, dove qualche aperutra maggiore al"grande pubblico"spesso si ha, ma molto spesso anche a prezzo di grossolane semplificazioni... El Gato
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liuk!
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venerdì 23 dicembre 2016
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buono nonostante la trama
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Nonostante la trama non sia delle più avvincenti e la realizzazione non sia al livello di "A Beautiful Mind", questa pellicola è comunque discreta, molto british, e scorre bene.
Si può vedere senza troppe aspettative.
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riccardo tavani
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sabato 26 novembre 2016
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l'infinito dei numeri e della mente
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I nuovi grandi eroi del cinema sono gli scienziati, i fisici, i matematici. Dopo La teoria del Tutto sull’astrofisico Stephen Hawking e Imitation Game sul matematico Alain Turing, ecco un’altra vicenda scientifica, quella del matematico indiano Ramanujan, con il film L’uomo che vide l’infinito.
Questo film di Matt Brown ha la particolarità di mettere in risalto l’aspetto spirituale, divino della matematica, in contrasto con quello logico, agnostico, materialistico della scienza occidentale. L’infinito è un concetto tanto matematico – espresso dal simbolo algebrico ∞–, quanto filosofico e spirituale dell’umano.
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I nuovi grandi eroi del cinema sono gli scienziati, i fisici, i matematici. Dopo La teoria del Tutto sull’astrofisico Stephen Hawking e Imitation Game sul matematico Alain Turing, ecco un’altra vicenda scientifica, quella del matematico indiano Ramanujan, con il film L’uomo che vide l’infinito.
Questo film di Matt Brown ha la particolarità di mettere in risalto l’aspetto spirituale, divino della matematica, in contrasto con quello logico, agnostico, materialistico della scienza occidentale. L’infinito è un concetto tanto matematico – espresso dal simbolo algebrico ∞–, quanto filosofico e spirituale dell’umano. Grandi menti speculative dello stesso Occidente avevano nettamente colto tale estensione. Per la religione Dio è il Tutto che permea e dà significato a ogni singola cosa. Per il filosofo questa totalità può essere scevra da qualsiasi aspetto divino e dare ugualmente senso materiale e spirituale a ogni parte, anche infinitesimale che la compone.
Celebre il libro del fisico austriaco Fritjof Capra, Il Tao della fisica, del 1975, nel quale lo studioso mostra analogie profondissime tra la relatività e i quanti della fisica moderna e le antiche filosofie orientali dell’Induismo, del Buddhismo Mahāyāna, del taoismo e dello zen.Qui vediamo proprio l’incontro-scontro tra un matematico ateo, agnostico, materialista come l’illustre professore G. H. Hardy, del Trinity College, e lo sconosciuto ma geniale contabile indiano Ramanujan. Questi ha delle intuizioni divine che lo conducono a scrivere di getto intere pagine di formule matematiche folgoranti per la loro verità e anche bellezza. Hardy, però, vuole da lui rigorose dimostrazioni, Ramanuja le considera delle mere perdite di tempo.
Solo alla fine Hardy, e con lui l’Accademia, ossia l’Autorità scientifica costituita, è costretta ad accettare la logica divina di Ramanujan. Hardy arriva ad ammettere che le formule sono già scritte, al matematico sta il compito di svelarle. È un tema questo che già si trova nell’opera letteraria di Proust, nella sua sterminata Alla ricerca del tempo perduto. Il poeta lo scrittore non crea ma trova e svela, trascrive ciò che è già da sempre e per sempre scritto.
La stima reciproca, l’amicizia conflittuale tra Hardy e Ramanujan ci parla anche del conflitto, dello scontro tra l’Occidente egemone e le altre culture. Sebbene la cultura tecnico-scientifica sia un portato storico peculiare della nostra civiltà occidentale, questo non significa che essa continuerà ad avere necessariamente un potere esclusivo su essa. Lo scontro in atto tra Nord e Sud verte proprio sulla conquista del cuore tecno-scentifico del pianeta, ben oltre tradizioni, razze ed etnie. Ricordiamoci che un grande filosofo della scienza come Paul Fayerabend, con il suo Contro il metodo aveva – nel 1975 – già anarchicamente dissacrato la pretesa superiorità del metodo scientifico occidentale.
Dal punto di vista della forma cinematografica, il film presenta un impianto classico. Ci sarebbe da dire che questi film riguardano un’epoca pioneristica, epica della scienza moderna nello scenario bellico della prima metà del Novecento. In questo senso si potrebbe affermare che essi hanno il sapore della frontiera, in uno spazio ancora totalmente aperto, tipico del primo genere western. I nostri eroi combattono la loro battaglia scientifica – contro tutti gli assalti dei pregiudizi alla diligenza del progresso – per la conquista dell’intera comunità umana di una sua nuova tappa storica.
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gabriella
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giovedì 27 ottobre 2016
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il genio incontenibile
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Cinebiografia di un talento grezzo, un giovane indiano (Srinivasa Aiyangar Ramanujan) , nativo di Erode, ma trasferitosi in seguito a Madras, che per tutta la sua breve vita ha dovuto combattere con la miseria e il cattivo stato di salute cui era soggetto. Appassionato di matematica , sviluppa un metodo di studio insolito e intuitivo, ottenendo risultati sorprendenti, in maniera completamente autonoma, riesce a calcolare la costante di Eulero e lo studio dei numeri di Bernoulli. Nel 1912, decide di scrivere al matematico inglese Godfrey Harold Hardy, docente di Cambridge, sottoponendo alla sua attenzione i frutti del suo lavoro. Hardy intuisce la genialità del giovane e lo porta al Trinity College iniziando così una proficua collaborazione non esente però da problemi e divergenze.
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Cinebiografia di un talento grezzo, un giovane indiano (Srinivasa Aiyangar Ramanujan) , nativo di Erode, ma trasferitosi in seguito a Madras, che per tutta la sua breve vita ha dovuto combattere con la miseria e il cattivo stato di salute cui era soggetto. Appassionato di matematica , sviluppa un metodo di studio insolito e intuitivo, ottenendo risultati sorprendenti, in maniera completamente autonoma, riesce a calcolare la costante di Eulero e lo studio dei numeri di Bernoulli. Nel 1912, decide di scrivere al matematico inglese Godfrey Harold Hardy, docente di Cambridge, sottoponendo alla sua attenzione i frutti del suo lavoro. Hardy intuisce la genialità del giovane e lo porta al Trinity College iniziando così una proficua collaborazione non esente però da problemi e divergenze. Ramanujan ha difficoltà a inserirsi nello spocchioso mondo accademico inglese, ne soffre il clima freddo e, essendo vegetariano, ha problemi per la dieta. Hardy dal canto suo, è un uomo piuttosto fuori dagli schemi, non convenzionale, ma per ciò che riguarda la matematica si dimostra estremamente rigido, pretende che il ragazzo gli fornisca dettagliate spiegazioni alle sue ricerche, che riesca a dimostrare le sue teorie, e ovviamente l'altro, che non possiede un' istruzione formale, non è in grado di accontentarlo. Ma Hardy è consapevole di trovarsi di fronte a qualcosa di assolutamente straordinario, di lui scrive ( Cosa doveva essere fatto per insegnargli la matematica moderna? I limiti delle sue conoscenze sono sorprendenti come la sua profondità”.). E' la storia di un'amicizia, tra due persone talmente diverse tra loro da essere più che mai unite, c'è collaborazione, rispetto, ma soprattutto condivisione e passione per la matematica, anche se per Hardy, la purezza della matematica deriva dalla tecnica, per Ramanujan si esprime come forma divina. Da cornice al film c'è l'Inghilterra, i suoi paesaggi grigi e piovosi, dall'altra l'India con i suoi colori caldi e vivi, la possibilità di sperimentare e continuare i suoi studi per il giovane significa anche confrontarsi con l'ostilità del mondo occidentale, la guerra, ma soprattutto la grande nostalgia di casa e della giovane moglie. E' uno splendido dialogo tra due culture, dove entrambe apprendono dall'altra, ma principalmente è la storia di un'amicizia, un'equazione perfetta tra due personalità. Jeremy Irons è bravissimo nella parte di Hardy ( ultimamente i ruoli da professore non gli mancano ( " Treno di notte per LIsbona" e il recente " La corrispondenza".
Dev Patel è commovente nel ruolo del brillante matematico autodidatta, è un film per certi versi romantico, ( Hardy stesso definì l'incontro con Ramanujan , l'unico incidente romantico della sua vita), il taglio classico impreziosisce le atmosfere, la luce ben equilibrata rende austeri l'ambiente e il college inglese, i dialoghi tra i due protagonisti brillano non solo per intensità, ma per una luce che è qualcosa di più della conoscenza, è la luce di uomini non comuni.
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emanuele 1968
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venerdì 9 settembre 2016
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autobiografico
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Bello, autobiografico, relistico.
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